Il vignaiolo è un precario?

Il vignaiolo è colui che spesso mescola la vita familiare col lavoro, colui che non riesce a distinguere il denaro per il lavoro con il denaro per la famiglia.

C’è sempre la paura di sbagliare, di commetere errori, di non riuscire a continuare. Certezze non ci sono: una grandinata, una gelata, un imprevisto può compromettere un anno e più di lavoro. Certezze sul reddito nemmeno, i prezzi possono essere remunerativi, ma più spesso scendono sotto livelli inimmaginabili. Quando si va a letto i pensieri, le preoccupazioni, sono quindi le stesse di un precario, sempre sul filo dell’incertezza.

Tutto questo proviene da una condizione d’animo personale, oppure da un’insicurezza generale dei nostri tempi e della nostra politica?

7 pensieri riguardo “Il vignaiolo è un precario?”

  1. Grazie Andrea. Ma al di là del personale, la mia domanda è: esiste un problema generale di malumore e insicurezza nell’attuale momento storico, o pensi che invece "mediamente" le persone sono più felici e fiduciose, non sò, diciamo di trenta anni fa?

  2. Fai domande grosse Paolo… io credo che sia più pesante oggi, ma non legato al nostro mestiere, abbiamo un mestiere che ha un "tasso" di libertà invidiabile dai precari, un po come gli artigiani, ma con la storia del tempo in più… c’è chi la vive male e chi bene, il caratere?
    Ma il pesante non so descriverlo, non è legato all’età, penso a persone anziane che ho conoscituo quando avevo 15 anni ne avevano 80 ed avevano scorazzato mezza europa a piedi dalla Russia, alla Spagna a cercare lavori precari come operai agricoli (anche qualche svizzero doveva farlo all’epoca…;o) ) senza paura delle frontiere, e dei divieti…. poi quanti coetanei negli anni 60-70 partivano per andare in Afghanistan, in India, in Africa, attraversando tutto il medio oriente, l’Iran senza pensieri sulla violenza di stato o di religione, senza preocupazioni se non burocratiche sulle frontiere, "tutto il mondo [u]era[/u] paese" l’unica difficoltà poteva essere la propria disposizione ad accetare la differenza. Oggi chi ci pensa mai di prendere una "citroen 2 cavalli" ed andare in afghanistan??? Non giudico i perchè, ma abbiamo vissuto un periodo d’oro della libertà facile. Si stava peggio o meglio? Certo non compravi tanta roba che oggi se non le hai sei frustrato, ma la testa era più leggera, non ti sentivi oppresso da odii e tensioni che oggi permeano tutta la sociètà, odii che anche se ti sono estranei ti condizionano….
    Certo ogni tanto si dorme male…. ma di giorno sei costretto a fare quello che è di staggione , in vigna al sole o al freddo, e rimandi i problemi alla prossima notte ;o)

  3. Vero che anni fa la mente era più libera, più diretta, e anche meno burocratizzata. Piu che siamo andati avanti e più che la burocratizzazione sociale è aumentata a dismisura, provocando gravi allergie alle menti… 🙂

  4. Per collegarsi all’attualità, i fatti del nord africa che un po si allargano, nel medio oriente, sono comunque un grande soffio di speranze che agisce sul sentimento di opressione. per me per 2 mottivi; il primo è che quando qualcosa si muove nella sociètà è sempre positivo, il secondo è che vien fuori e spero anche piano piano nella coscienza generale, che i popoli che definiamo nel nostro "stress" [i]musulmani [/i] nel senso di opressione non sono per niente questo, sono come noi un misto di tutte le tendenze, dove la componente religiosa (quella che ci angoscia) non è nemeno maggioritaria, non più di qui… e quello è appunto un altro spiraglio di speranze.

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