Igt Toscana: un altro carrozzone in arrivo?

L’indicazione Geografica Tipica è una categoria di ricaduta per tutti quei vini che superano le limitazioni delle Doc e Docg, ma anche è un serbatoio che comprende anche molti Super Tuscans e vini che non hanno nessun riconoscimento a Denominazione di Origine. Questa denominazione è dunque molto importante.

Alcuni anni fa i controlli erano praticamente assenti, per cui in Toscana abbiamo passato un lungo periodo in cui si imbottigliava tre volte il quantitativo prodotto rivendicato (!).

Recentemente il TCA (Toscana Certificazoni Alimentari), ha cominciato a controllare e a farsi pagare dai produttori il controllo. Non ho notizie riguardo alla attuale corrispondenza tra produzione e commercializzazione.

Da poco tempo è però notizia che il Consorzio Vino Chianti ha deliberato unilateralmente una modifica del proprio statuto sociale inserendo l’IGT Toscana tra le indicazioni che si prefigge di tutelare. Per ottenere questo deve avere l’adesione del 35% delle aziende e del 51% della produzione Igt imbottigliata.

Questa iniziativa sta creando molti disappunti, come facile capire. Infatti pare che da tanto tempo si parlava di creare un nuovo Consorzio di Tutela per i vini IGT.

Ieri ho incontrato Michele Braganti che recentemente ha tolto la DOCG Chianti Classico per il suo vino Baron’Ugo e iniziare il percorso a IGT, per eliminare tutta una serie di compromessi e complicazioni. Proprio qui a Radda la massima espressione dei vini IGT ce l’ha Montevertine che da sempre, pur potendo entrare nella DOCG Chianti Classico ha sempre usato l’Igt per vini come Pergole Torte o Montevertine.

Insomma ne vedremo delle belle.

La mia prima considerazione è quella racchiusa nel titolo di questo post

Vecchia ricetta del Chianti Classico

C’è un interessante piccolo trafiletto nella guida “Slow Wine 2012”, a pagina 764, che (sperando non vada incontro ai diritti d’autore), riporto in parte:

“Il disciplinare di produzione del Chianti Classico è stato modificato nel giro di pochi anni. Nel corso degli anni il celebre metodo del Barone Bettino Ricasoli di associare il Sangiovese col canaiolo, ciliegiolo, colorino, trebbiano e malvasia toscana, si è afflievolito a favore di un taglio moderno, con l’utilizzo di vitigni internazionali, indotto da un mercato che richiedeva vini più consistenti. Attualmente il disciplinare non prevede l’utilizzo di uve a bacca bianca nel vino. Crediamo che la territorialità di un vino si possa affermare ed esprimere al di là del corredio varietale. E’ nelle mani del viticoltore che si esalta il luogo di origine attraverso un’agricoltura rispettosa e sensibile verso la tradizione di un territorio”. E si citano alcuni vini di Castellinuzza e Piuca, Podere Erbolo, Reggine e Caparsa, “vini che trovano spazio nell’ambito delle IGT o dei vini da tavola, snaturati quindi sul fronte appellativo.”

Che dire di meglio? Chi ha orecchi per intendere, intenda.

Una risposta

Dopo il post sulla questione trasparenza sui vini IGT, dove mi domandavo chi avesse interesse affinchè tali vini non siano controllati, contribuendo così a logiche di alterazione del mercato anche dei vini a Docg (in particolare del vino Chianti Classico), una parziale risposta giunge dalla rivista 3 bicchieri nr. 96 di ieri 30 maggio.

Si sostiene che sopratutto le Coop (Fedagri, Lega Coop, Agci) e addirittura i sindacati di categoria (Coldiretti) si oppongono a controlli seri per questioni di costi burocratici. Sono il primo a battagliare contro i costi burocratici, ma sinceramente non capisco come si possa accettare che in Toscana, per esempio, viene dichiarato un terzo di quanto effettivamente viene commercializzato. Se qualcuno si nasconde dietro alla burocrazia per poter fare quello che vuole, penalizzando gli onesti e quei vignaioli che operano sul territorio, solo per una politica subdola in nome di un mercato e di una necessità, vuol dire che non capisce, permettetemi l’espressione, un tubo. Oggi la massima trasparenza è condizione necessaria per affrontare le sfide dei mercati, ma sopratutto dei consumatori. E’ necessaria una nuova visione lungimirante e non una visione miope in nome di un passato che non c’è più.

 

Come è possibile?

Tornando dall’Assemblea dei soci del Consorzio Chianti Classico, rimuginavo alla conferma del Direttore Dott. Liberatore alla mia domanda: “E’ vero che in Toscana si commercializza due volte e mezzo la quantità di vino Igt dichiarta nelle denunce di produzione?”.

Questa conferma mi rende triste e angosciato. Come è mai possibile? Chi ha interesse affinchè non ci sia alcun controllo di questo tipo di vino? Quali sono i metodi per vendere quasi tre volte un vino igt toscana, evidentemente non prodotto in Toscana? Perchè i furbi la fanno sempre franca? perchè gli onesti la prendono sempre nel c**o?

Si, perchè questo marasma degli igt influenza anche l’economia del vino Chianti Classico, che è controllato. Le quotazioni del vino controllato saranno influenzate da questo fenomeno, o no?

Ma insomma, qualcuno sa dirmi come sia possibile questo scandalo?

 

Chianti Classico Collection 2010 – 11,12 Febbraio 2011: ma che ci azzeccano gli IGT??

Oggi è arrivata la circolare per la partecipazione all’evento.

La cosa che più colpisce è questa novità: sarà possibile presentare un vino IGT per ogni azienda partecipante. Colpisce perchè il Consorzio dovrebbe sostenere il vino Chianti Classico e non certo altri vini, magari a base Merlot e Cabernet. Intendiamoci, non ho nulla contro questi vini, ma una seria politica del Consorzio a favore del vino Chianti Classico dovrebbe escludere queste tipologie, anche per non creare confusioni e rischi al ribasso. Tra l’altro il Consorzio Chianti Classico, oltre al Consorzio di Montepulciano, Brunello e Vernaccia sarebbe l’unico ad ammettere vini di altra tipologia nelle anteprime…

Come al solito il CDA cala le decisioni “dall’alto”, anzichè prendere decisioni dopo almeno una consultazione dal “basso”.