Annata 2023: illeciti in agguato

Come ormai sembra, questa difficile annata vitivinicola sarà caratterizzata da una sostanziale perdita di produzione.

Mi vengono all’orecchio di acquisti di uva e vino per compensare le perdite. Io spero che riguardi sopratutto i vini a IGT, poichè se riguardassero i vini a Docg sarebbe un disastro. Questo perchè la Docg è in pratica l’unica categoria di vini dove c’è la Garanzia di provenienza delle uve e del vino. Nel Chianti Classico i trasferimenti di vino possono effettuarsi solo dopo l’idoneità di Valoritalia e questo è senz’altro un ottimo strumento per limitare eventuali frodi. Da notare però che fino al 31 dicembre di ogni campagna vendemmiale questa norma non è applicata. Per quanto riguarda i trasferimenti delle uve, non esiste praticamente alcun controllo. Aggiungo che nel Chianti Classico dove opero la strada della zonazione è avviata (Vedi ad esempio l’Atlante del Chianti Classico di Alesandro Masnaghetti) e che questo territorio meriti un prestigio che potrebbe davvero avvicinarlo ai vini più blasonati del Mondo. Purtroppo molti produttori e imbottigliatori sono rimasti a visioni mercantili tipici della Toscana, per cui in annate come questa la tentazione di operazioni poco lecite potrebbero davvero impedire quella trasparenza di produzione che solo i grandi vini e territori possono (probabilmente…) vantare.

Oltrettutto gli osservatori, i giornalisti ed esperti di vino non sono fessi, e un eventuale scandalo tra qualche tempo potrebbe davvero danneggiare il prestigio dei vini a Docg.

Ho letto con piacere che una possibile soluzione potrebbe essere quella di poter aumentare il taglio d’annata 2023 con vini prodotti in annate precedenti. Nel Chianti Classico ad esempio abbiamo attualmente la possibilità del taglio d’annata del 17,5% che se aumentato in quest’occasione al 30% o più, potrebbe essere una soluzione per armonizzare questa difficile situazione.

Meglio un vino di territorio

Meglio un vino di territorio che un vino industriale.

Veronelli forse scriverebbe così invece di usare il termine di contadino. Particolarmente appropriato oggi, dopo il gran rumore del vino Chianti Classico venduto da LIDL a euro 3,99. Oggi come non mai occorre differenziarsi sul mercato che, ancora forse non per molto, oltre agli industriali è fatto anche da artigiani che lavorano e si spaccano la schiena nei territori e che rappresentano il presidio “vero” dell’ambiente e espressione dei territori, nel bene e nel male.

La denominazione vino Chianti Classico esce un poco imbarazzata da quanto circola in rete. Giustamente. L’attuale piramide pseudo-qualitativa dove all’apice c’è la Gran Menzione, e poi la Riserve e poi il vino base, si scontra con la realtà dove la confusione regna e che questa piramide ha accentuato. Dove dominano i colpi della potenza e unità dei grandi imbottigliatori che a volte sono anche produttori. Sono loro che attraverso le banche decidono i prezzi e il mercato della maggior parte del vino. E sono gli artigiani che spesso subiscono il mercato, grazie alla frammentazione e alla difficile visione unitaria: la voce dei vignaioloi, dei piccoli produttori rimane sempre indietro.

Quindi non demonizzo il ruolo degli industriali, anzi. Non denigriamo chi, industrialmente, offre vini a basso costo. Questi vini, frutto di vendite di vino sfuso al ribasso e da imprenditoria molto sviluppata, possono senz’altro soddisfare consumatori che cercano un minimo di qualità a prezzi bassi. Ad ognuno il proprio ruolo.

Ma occorre trasparenza nella confusione attuale dell’offerta del vino Chianti Classico. A parte la confusione tra Chianti e Chianti Classico, si può senz’altro affermare che oggi la valorizzazione dei vini passa attraverso il territorio. Visitare le cantine, conoscere i luoghi, le persone e i vignaioli è quanto di meglio il mondo del vino offre in Italia. Allo stesso tempo per la sopravvivenza dell’artigiano del vino, che produce e presidia i territori, confondersi con queste grandi realtà imprenditoriali è deprimente e drammatico. Non si può paragonare i costi di produzione e distribuzione tra chi produce poche migliaia di bottiglie e chi ne imbottiglia milioni. Quindi crea scandalo veder vendere alla distribuzione vini a prezzi così bassi che a un piccolo artigiano, appunto, viene un groppo alla gola.

Io ritengo che lo spazio ci sia per tutti. Per questo motivo è urgente e mi riferisco alla mia denominazione di riferimento Chianti Classico, ma anche in generale per altre realtà vitivinicole italiane, il riconoscimento della diversificazione visibile in etichetta tra produttore/imbottigliatore di località e semplice imbottigliatore. Dunque la differenza deve essere netta e riconoscibile al consumatore. Nel territorio del Chianti Classico questa operazione sarebbe veramente facile, cominciando con le Menzioni Comunali, embrione della zonazione, che già esiste di fatto grazie a Alessandro Masnaghetti con la sua mappa.

La differenza dei territori, la differenza nei territori, la differenza dei produttori. La differenza tra un vino di commerciante e di territorio. Questo è il futuro.

Già in Francia, in Borgiogna, tutto questo è netto: la bottiglia del “negociant” è visibilmente riconoscibile dal produttore/imbottigliatore e curiosamente spesso il negociant offre vini migliori! Sarà dunque il mercato a decidere cosa acquistare, con chiarezza. Una bellezza.

Oggi il mondo reale gira velocemente, le politiche sono sempre in ritardo; nel caso del Consorzio vino Chianti Classico le decisioni sono sempre lente. Io spero solo che i comunicatori, i giornalisti aiutino la realizzazione di questo progetto e costringano in qualche modo a far prendere velocemente decisioni in merito.

Alessandro Masnaghetti è più avanti di tutti

L’immagine che ho di Alessandro Masnaghetti, editore di Enogea, giornalista di vino, recentemente incontrato a Radda in Chianti è quella di un uomo con lo zaino sulle spalle che si allontana per le scale, rifiutando tutte le offerte di invito di qualsiasi natura rivoltagli.

E’ indipendente. L’indipendenza assoluta. Ma quel che più ammiro di lui è la lungimiranza. In questo mondo di vino fatto di troppe chiacchiere, lui agisce concretamente. Con le sue mappe delle zone dove si produce vino è più avanti di tutti. Le zonazioni dei territori come Valpolicella e Amarone, Barolo, Barbaresco, Bolgheri, Castiglione Falletto, La Morra, Roddi, Cherasco, Monforte D’Alba, Serralunga D’Alba, Verduno, Grinzane Cavour, Diano D’Alba, Valtellina, Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Panzano in Chianti, Radda in Chianti, Romagna Sangiovese, Alto Adige Mazzon, Dogliani, Clavesana, Farigliano, Barbaresco, Neive, Treiso, con le relative App e molte tradotte in inglese, rappresenta quel che di innovativo c’è in Italia sul vino. Solo recentemente infatti si parla dei territori vocati e dei grandi vini che ivi si producono, per la gioia di appassionati e “wine enthusiast” o semplici curiosi. Masnaghetti con le sue cartine indica le similitudini, le particolarità e le originalità e ognuno può fare la propria esperienza senza più bisogno di voti e giudizi spesso influenzati da mille fattori.

Queste considerazioni mi sono venute in mente quando recentemente Alessandro Masnaghetti a Radda ci ha mostrato la sua nuova cartina: quella del Chianti Classico. La zonazione del territorio del Chianti Classico è dunque fatta. Se ne parla da diverso tempo… il Consorzio è in ritardo naturalmente su questo aspetto, tutto intento a promuovere la Gran Selezione… ma stavolta ci siamo.

Credo che presenterà alcuni aspetti di questa nuova cartina durante il seminario che si terrà a Radda in Chianti il 31 Maggio durante “Radda nel Bicchiere”, nalla speranza che qualche rappresentante del Consorzio Vino Chianti Classico partecipi…

 

Radda nel Bicchiere e zonazione

Come ogni anno, arriva l’evento nel Paese del Chianti Classico tra i più affascinanti. Radda in Chianti infatti con il suo territorio riconoscibile, unico, selvaggio, ma sopratutto grazie ai tanti piccoli produttori che si contraddistinguono per l’impegno e l’originalità del proprio vino è diventata icona del Chianti Classico e del Sangiovese.

A testimonianza del fatto che Radda in Chianti ha nel territorio il punto di forza, (ricordo l’utile cartina di Enogea di Masnaghetti dove già si intravede una zonazione delle vigne di questo territorio), quest’anno saranno presenti alcune aziende della Borgogna che già questa operazione l’hanno fatta da sempre. La Borgogna, dove i singoli filari sono coltivati maniacalmente, dove il valore fondiario di piccolissimi appezzamenti sono tra i più alti del mondo, dove i vini prodotti sono tra i più prestigiosi del Mondo; devo quindi ammettere di essere particolarmente contento che anche il mio vino Doccio a Matteo Riserva 2004 sia stato scelto per un confronto con i vini della Borgogna in una degustazione da Raoul Salama (La Revue du Vin de France). Probabilmente il territorio di Radda sarà l’apripista per una zonazione che il Consorzio Chianti Classico dovrà prima o poi cominciare.

Il programma è qui, dal 2 e 3 Giugno 2012. W Il Sangiovese, W Radda!

 

Una giornata alla Collection Chianti Classico

Una festa del vino, ieri trascorsa alla Stazione Leopolda a Firenze. La divisione per territorio tra i banchi dei produttori è stata universalmente riconosciuta molto interessante, anche se sul catalogo generale l’elenco era alfabetico così che c’era una discreta difficoltà se si voleva fare un percorso zonale. Il percorso  è comunque iniziato (ricordiamoci i meriti di Masnaghetti, con le sue mappe di vini Enogea!) e speriamo che velocemente anche a livello legislativo la zonazione diventi operativa. Questo favorirà le eccellenze dei piccoli produttori vignaioli, ma favorirà a caduta anche chi “assembla” i territori.

Mi pare di dire, dopo numerosi assaggi, che il Chianti Classico stia superando di molto la qualità in confronto ai prezzi, collocandosi su una fascia di mercato che dovrebbe ampliarsi notevolmente tra chi si rivolge sopratutto al prezzo e chi guarda l’alta qualità.

Argomento del giorno è stato un pò la cena del giorno prima da Burde di alcuni piccoli produttori del Chianti Classico, me compreso naturalmente, in compagnia di enoappassionati e qualche (pregiato devo dire) giornalista, presentata dalla stampa come cena provocatoriamente alternativa a quella del Consorzio. Un po di enfasi giornalistica ha sicuramente provocato un po di malumore, ma la semplice argomentazione di una cena dove insieme si sono ritrovatai comuni appasionati con alcuni piccoli produttori e per di più  economica (gli appassionati hanno pagato anche per i produttori la giusta cifra di 35 euro, considerando che c’erano vini fantastici e qui cito solo Montevertine…), hanno rasserenato gli animi.

Vorrei spiegare qui che noi vignaioli abbiamo tante cose da comunicare, da raccontare, da esternare e quindi il bisogno di attenzioni, piccole attenzioni, è forse una esigenza generalmente sottovalutata da chi è abituato a lavorare razionalmente a tavolino, a differenza di chi, oltre al tavolino, ci mette il cuore. Come ci mette il cuore l’eno-appassionato.