Gli umili giovani

  Tornando dalla due giorni del Lido di Camaiore “Terre di Toscana”, la riflessione corre su quelle piccole personcine in divisa, quindicenni, della seconda classe  della scuola alberghiera di Viareggio che continuamente, assiduamente  e con passione svuotavano le sputachiere ai tavoli dei produttori. Poi, portavano il pane, facevano piccole pulizie, portavano l’acqua. Sei ragazzini e ragazzine, scrupolosamente professionali, si davano daffare tra appassionati, giornalisti e operatori molto più anziani di loro per lo più nell’indifferenza generale. Tutto ruotava naturalmente intorno ai vini, alle storie, ai vignaioli, alle aziende, ai territori, ma senza di loro queste attenzioni non potevano esserci. Con grande piacere li ho subito notati e devo dire che la mia mente è andata su riflessioni del tipo: “allora c’è speranza”, “ci sono ancora giovani italiani che fin da ragazzi si sbattono”, “il futuro è nelle loro mani”…

 

L’inganno italiano del DAA telematico

La conclusione è questa: i Piccoli Produttori di vino sono stati ingannati per favorire i Grandi Produttori.

Lo Stato Italiano ha dato la possibilità di continuare a emettere bolla di accompagnnamento cartacea, ma ciò non è possibile. Tutte le dogane europee, in particolar modo i Paesi che applicano accisa come Francia, Finlandia, Svezia, ecc. pretendono il DAA telematico. Per emetterlo occorre dotarsi di una serie di adempimenti particolarmente onerosi, oppure servirsi di una Ditta che, con il proprio deposito fiscale, può produrre il DAA.

Esempi come una piccola enoteca, un piccolo ristorante europeo che vuol acquistare direttamente, in azienda, non lo può più fare secondo le procedure fin qui seguite poichè occorre passare da un magazzino fiscale. Costo del”operazione Euro 150,00 (compreso le bestemmie). Oppure, un piccolo importatore che non si rivolge a un autotrasportatore con magazzino fiscale, capace di emettere il DAA, non può ricevere il vino a meno che il piccolo produttore stesso non si rivolge alla Ditta predisposta a 150 euro (compreso le bestemmie).

Dunque la possibilità che lo stato Italiano ha dato secondo le norme comunitarie (direttiva 2008/118 art. 40) e la norma italiana (D.Lgs 504/95 art. 37) è carta straccia. La CEE ha stabilito che tutte le spedizioni devono essere eseguite elettronicamente mentre l’Italia, solo l’Italia, dice di no. Ma tutti ridono. Abbiamo una spada di Damocle.

Quindi, è come dire che l’Italia si salva la faccia nei confronti dei Piccoli, ma in realtà fa il gioco dei Grandi: se ci avessero detto, OK, tutti i grandi e piccoli devono emettere DAA, ci avremmo messo l’anima in pace, e ci saremmo messi d’impegno (come è successo in Francia). Ma in questo modo già alcuni importatori rinunciano ad acquistare dai Piccoli. Chi trae vantaggio da questa situazione?

 

Le dogane europee non fanno passare il vino dei piccoli produttori

Aggiornamento del precedente Post.

Dopo molte telefonate in dogana, uffici vari, sembra proprio che i piccoli produttori di vino, che sono esentati a presentare documento amministrativo di accompagnamento (DAA) elettronico per esportare nei Paesi EU, non sono presi in considerazione. I loro vini stanno tornando indietro PERCHE’ si vuol favorire solo la grande distribuzione che può emettere il DAA Money mouth.

In Dogana italiana mi hanno suggerito di protestare….Cry

intanto il vino che ho spedito in Finlandia (150 bottiglie) pare che debba tornare indietro, ingiustamente secondo le norme, ma in pratica è così.

Come si fa a prendersela con l’EU? Yell

Spedire in EU per i piccoli produttori

L’altro ieri ho spedito centocinquanta bottiglie al mio importatore finlandese. Dopo un giorno, mi scrive allarmato che occorre compilare il DAA elettronico e che ci vuole il numero accisa e se conosco qualche produttore che ce l’ha. Cavolo! Faccio un giro di telefonate, trovo un produttore che ha dovuto rivolgersi a Mail Boxes, un altro non sapeva che fare, il ragioniere mi dice che i piccoli produttori non possono avere il numero accisa; telefono al mio amico daniele Ciampi (www.monterinaldi.it) che gentilmernte mi da il suo numero accisa. Giro il numero all’importatore, ma il giorno dopo sostiene che la Dogana finlandese vuole che io compilo il DAA. Allora mi dico: Cavolo!

Telefono a Carlotta Gori del Consorzio Chianti Classico e finalmente mi gira la legge che esonera i piccoli produttori dal DAA elettronico e che basta la bolla di accompagnamento cartacea. Sospirone di sollievo. Quando il Consorzio è efficiente, occorre dirlo!

Giro il tutto al’importatore che mi risponde: “I will send the documents to the customs but they are stupid…”

In ogni caso, se a qualche piccolo produttore capita una storia infinita, fatemi un cenno che vi giro la documentazione CEE 118.2008 di esonero!

 

Se son semi nasceranno nel Consorzio Chianti Classico

 

Grazie ad una cena, grazie ad enfasi mediatiche locali che sono andate di là dalle intenzioni, grazie alle rimostranze d’alcuni produttori nei confronti dei partecipanti alla famosa cena da Burde ritenendola inopportuna, Il Presidente e il Direttore del Consorzio Chianti Classico hanno convocato oggi 28 Febbraio i produttori partecipanti. Erano presenti Cristiano Castagno (Ispoli), Paolo Socci (Lamole), Natascia (La Cappella), Michele Braganti (Monteraponi) e Paolo Cianferoni (Caparsa) (altri produttori si sono dissociati dalla questione in quanto non disposti ad esporsi o sembra che non sapevano nulla…).

Da parte nostra qualche errore di comunicazione è stato certamente commesso, ma la cena e gli errori ci hanno dato l’occasione di riflessioni e non solo chicchiere da bar. Tutto questo è sfociato (per il momento) in questo incontro che è stato prezioso per esporre alcuni punti critici dal nostro punto di vista di piccoli produttori (non tutti naturalmente! …anche perchè è difficile definire “piccolo”…).

Punto uno: l’inadeguata comunicazione dalla base, i Soci, verso il CdA e la comunicazione dal CdA verso i Soci (ricordo che il Consorzio conta oltre tre 600 soci di cui 350 imbottigliatori). Questo è un aspetto fondamentale, in quanto nei tempi d’internet, la comunicazione veloce e partecipativa e la trasparenza sono condizioni essenziali per avere una larga fiducia degli associati. La proposta è quella di organizzare un Forum (Bacheca telematica) dove soci, consiglieri ma anche tutto il mondo d’appassionati possono esprimere le proprie opinioni su tutti i fronti “caldi” dando così la possibilità di dar voce anche a coloro che per motivi di tempo o per scarsa opinione del peso delle proprie idee non partecipano alle assemblee o alle periodiche riunioni sociali.

Sarebbe il primo Consorzio di vino in Italia a dotarsi di un Forum in rete!

Punto secondo: una differenziazione dei costi per gli eventi organizzati dal Consorzio secondo due o tre fasce di produzione dell’imbottigliato, permetterebbe una razionalizzazione delle partecipazioni a tali eventi. Ora, un vignaiolo che per esempio produce 10/30.000 bottiglie l’anno paga quanto chi produce 100/500.000 e oltre bottiglie, con evidenti differenti impatti nell’economia aziendale.

Punto tre: maggior attenzione per la promozione impostata sull’incoming d’opinion makers e importatori piuttosto che missioni estere. Il territorio del Chianti Classico permette agevolmente questo tipo d’impostazione.

Punto quattro: l’invasione degli ungulati sta creando numerose situazioni insostenibili. Il Consorzio da alcuni anni sta tentando una Class Action per gli indennizzi, che per ora non hanno avuto grossi risultati partecipativi per molti motivi. Noi abbiamo proposto di affrontare il problema dal punto di vista della prevenzione, ad esempio premere affinchè si snellisca uniformemente le burocrazie sul territorio per le difese contro questa calamità (Gaiole dice una cosa, Radda un’altra ad esempio): i recinti purtroppo sono l’unico mezzo per limitare i danni, brutti a vedersi, ma efficaci e sicuramente rimovibili con una discreta facilità.

Ci sono stati altri numerosi pensieri espressi, ma mi fermo qui per il momento. C’è già tanta carne sul fuoco… qualcuno ha il coraggio di dire qualcosa ? 🙂

 

Internet e i vignaioli

  Internet, questo mezzo di comunicazione, sta rivoluzionando la vita dei vignaioli? Qualche anno fa le aziende si affidavano a un ufficio stampa, tuttora le grandi aziende usano prevalentemente questo mezzo. Di solito però chi gestisce l’ufficio non può dare notizie con il calore, con la passione di un vignaiolo. Anzi, la “patinatura” dei comunicati è ora considerata una minestra già assaggiata troppe volte e noiosa. Sempre più mi accorgo che i giornalisti prima di scrivere cercano in internet gli argomenti.

Il vignaiolo, attraverso una attiva partecipazione nei due sensi, consumatore-produttore e produttore-consumatore, sta lentamente democratizzando un sistema finora monopolizzato creando una certa confusione e sorpresa, sopratutto da chi gestisce le cose da molto e a volte troppo tempo.

C’è però un rischio in tutto questo, che la cosa diventi una sorta di schiavismo, di dipendenza. Il vignaiolo schiavo di intenet, dove il tempo vola, dove si dimenticano i rapporti umani, l’ansia delle “amicizie” e dove si può addiritture rovinare un rapporto d’amore…

 

L’agricoltura non è centrale, oggi.

 

L’agricoltura non è più considerata una questione strategica. Ormai culturalmente. Si pensa che sarà sempre possibile importare con la forza o con i quattrini il cibo. Si pensa che l’indirizzo industriale sia vincente. Si pensa che l’indirizzo Hi-Tech sia vincente. Perdere i piccoli produttori in Italia e nel mondo, quelli che fanno le noci, quelli che fanno le castagne, quelli che fanno il grano, l’erba medica, l’orzo, il vino, il latte, il grano, non interessa a nessuno. Tanto sta roba basta andare al supermercato a comperarla. Si pensa che l’industria agricola può sostituire le conoscenze individuali, territoriali e culturali tramandate di generazione in generazione.

Non sono d’accordo.

Mi rifiuto di pensare che il progresso non si basi anche su un’agricoltura diffusa piccola, sostenibile, anche microscopica a volte, ma sempre ricca di valori di conoscenza da proteggere gelosamente, valori su cui si fondano e si reggono le collettività.

E’ per questo che l’unità di tutti i piccoli agricoltori è e sarà decisiva per uno sviluppo più armonioso dell’Italia e di tutte le nazioni del mondo, al di là delle influenze politiche e religiose.

I piccoli potranno, se uniti, indirizzare le politiche agricole. Altrimenti, Addio.

 

 

 

Una giornata alla Collection Chianti Classico

Una festa del vino, ieri trascorsa alla Stazione Leopolda a Firenze. La divisione per territorio tra i banchi dei produttori è stata universalmente riconosciuta molto interessante, anche se sul catalogo generale l’elenco era alfabetico così che c’era una discreta difficoltà se si voleva fare un percorso zonale. Il percorso  è comunque iniziato (ricordiamoci i meriti di Masnaghetti, con le sue mappe di vini Enogea!) e speriamo che velocemente anche a livello legislativo la zonazione diventi operativa. Questo favorirà le eccellenze dei piccoli produttori vignaioli, ma favorirà a caduta anche chi “assembla” i territori.

Mi pare di dire, dopo numerosi assaggi, che il Chianti Classico stia superando di molto la qualità in confronto ai prezzi, collocandosi su una fascia di mercato che dovrebbe ampliarsi notevolmente tra chi si rivolge sopratutto al prezzo e chi guarda l’alta qualità.

Argomento del giorno è stato un pò la cena del giorno prima da Burde di alcuni piccoli produttori del Chianti Classico, me compreso naturalmente, in compagnia di enoappassionati e qualche (pregiato devo dire) giornalista, presentata dalla stampa come cena provocatoriamente alternativa a quella del Consorzio. Un po di enfasi giornalistica ha sicuramente provocato un po di malumore, ma la semplice argomentazione di una cena dove insieme si sono ritrovatai comuni appasionati con alcuni piccoli produttori e per di più  economica (gli appassionati hanno pagato anche per i produttori la giusta cifra di 35 euro, considerando che c’erano vini fantastici e qui cito solo Montevertine…), hanno rasserenato gli animi.

Vorrei spiegare qui che noi vignaioli abbiamo tante cose da comunicare, da raccontare, da esternare e quindi il bisogno di attenzioni, piccole attenzioni, è forse una esigenza generalmente sottovalutata da chi è abituato a lavorare razionalmente a tavolino, a differenza di chi, oltre al tavolino, ci mette il cuore. Come ci mette il cuore l’eno-appassionato.

 

I dissidenti

Questa sera ci sarà una cena presso la trattoria da Burde di circa tredici produttori del Chianti Classico, alternativa alla cena organizzata dal Consorzio Chianti Classico presso La Stazione Leopolda dove oggi è iniziata l’iniziativa che proseguirà domani con l’apertura al pubblico “interessato” (bisogna accreditarsi).

La cena, con numerosi giornalisti anche stranieri oltre che semplici appassionati (ad ora oltre 130 persone), nasce spontanea poichè questo gruppo di produttori si ritrovano spesso a dissentire sulle politiche del Consorzio. Il Consorzio prevalentemente decide a favore delle grandi industrie vinicole, in quanto maggiormente rappresentati nel CdA con il loro peso finanziario. Non sto qui ad entrare in dettagli, ma basta pensare che, nel caso della Chianti Classico Collection, solo dopo forti insistenze abbiamo ottenuto la differenzazione dei territori anzichè l’elenco alfabetico delle aziende presenti. Oppure, il costo di partecipazione per questo e altri eventi: uguale per chi è piccolo e chi è grande. Un po come la burocrazia dove le stesse sante regole sono applicate sia per chi produce poche migliaia di bottiglie sia chi invece produce milioni di bottiglie. Queste le aziende partecipanti:
Michele Braganti MONTERAPONI + Paolo Cianferoni CAPARSA + Roberto Bianchi VAL DELLE CORTI + Martino Manetti MONTEVERTINE + Giovanna Morganti LE BONCIE + Luca Martini di Cigala SAN GIUSTO A RENTENNANO + Filippo Cintolesi PODERE ERBOLO + Susanna Grassi I FABBRI + Paolo Socci FATTORIA DI LAMOLE + Sean O’Callaghan RIECINE + Natasha Rossini PODERE LA CAPPELLA + CASTELLINUZZA E PIUCA, di Lamole + ISPOLI Cristiano Castagno