W l’Enoclub

Ieri ho partecipato ad uno dei numerosi eventi che organizza il Club: degustazioni della mitica annata 1985 di vini a Sangiovese, vini rari, in un ambiente incredibile a Firenze, dalla cui finestra brillavano le acque quiete dell’Arno e dove pietanze si alternavano alle degustazioni. Flaccianello, Cepparello, Montevertine, Sodacco di Montevertine, Carnato di Montevertine, Caparsino (il mio…), Villa Rosa, Sodi d S. Niccoò, Bellavista di Ama, S. Lorenzo di Ama, La Casuccia di Ama e Vin Santo Capezzana. Quindici persone più o meno esperte, “Nelle Nuvole” sicuramente al centro di molte attenzioni, e due produttori, io e Martino Manetti. Tante considerazioni, alcuni vini veramente Top, altri intriganti, altri ancora scontati. Il centro delle chiacchiere è stato però la considerazione che le parole non bastano a descrivere il “cuore” dei vini e spesso tutto è il contrario di tutto. Non esistono verità assolute. Non esiste una qualità assoluta, esistono però momenti storici i quali in molti modi influenzano il modo di fare e di apprezzare il vino. Oggi, tutti, intendiamo il vino in un modo, solo un paio di anni fa in un altro. Quindi il vino sempre specchio del comune vivere e sentire. Il Vino, la Natura, elargitori di serenità.

 

Le Wine Industries

Secondo Assoenologi, quest’anno la produzione media prodotta è circa il 15% in meno della media. A seguito di ciò la valutazione dei vini all’ingrosso è aumentata dal 10% al 35%. Per dire la verità non mi risulta, ancora. Loro, loro, le Wines Industries, sono preoccupate perchè se aumenta il valore del vino diminuiscono i ricavi e i bilanci, sostengono, ne risentono negativamente; e se ne lamentano.

Secondo me loro, loro, non riescono a vedere al di la del proprio naso. L’agricoltura, la produzione agricola, non è assimilabile a un semplice prodotto di fabbrica, dove a tavolino si possono calcolare investimenti, ammortamenti, costi, ricavi, ecc., l’agricoltura non è un settore dove 1+1 fa 2.

Per questo motivo credo che se il prezzo del vino aumenta, finalmente, è un bene per tutti. Per prima cosa, perchè i tempi sono maturi per aumentare diffusamente la qualità; per secondo, perchè non si può continuare a impiccare i piccoli produttori costretti a vendere negli ultimi tre anni sottocosto rischiando di far cadere il ramo su cui le stesse Wines Industries sono sedute; per terzo la reciproca convenienza. La convenienza a pagare almeno i costi di produzione vuol dire aiutare chi lavora sul territorio, specchio di un vino, una denominazione, molto vantaggioso per chi non ha grosse relazioni col territorio. Contemporaneamente, per un piccolo produttore/imbottigliatore riuscire a vendere dignitosamente quelle partite meno pregiate (non scadenti, intendiamoci!), significa riuscire a mettere sul mercato vini di alta qualità che virtuosamente promuovono quel tipo di vino o denominazione che usa la stessa “Wine Industrie” (e d’altra parte i prezzi al dettaglio sono la discriminante fra le due categorie nel mercato). Aggiungo che sono convinto che occorrerà distinguere i due casi, visivamente, con semplici colpi d’occhio nella capsula o in altro modo evidente, come per esempio nella denominazione Chianti Classico, dove si trovano sullo scaffale bottiglie da 5 euro fino a 40 euro. Questo per far comprendere intuitivamente le utili differenze…

Per cui dico: l’aumento dei prezzi del vino “atto a divenire”, se esiste, è solo una benedizione, per tutti.

Il vino Chianti Classico in panne: é vecchio?

Il mercato del vino Chianti Classico ancora arranca: i prezzi del vino atto a divenire e dell’uva sono ai minimi storici. Politiche commerciali dei pochi grandi imbottigliatori, diminuzione dei consumi, una politica generale che non favorisce certo i vino Toscani, speculazioni, giacenze alte, stanno mettendo in ginocchio molti produttori di uva e di vino.

Mi domando se la percezione dell’immagine di questo vino sia quella giusta. Senza mettere in discussione la qualità che secondo me è mediamente molto alta, mi pare che un aspetto da esaminare per capire questo fenomeno è la percezione che un consumatore medio ha sul vino Chianti Classico. Associare l’immagine di questo vino sempre a Castelli, magnifici Borghi, Ville, Nobiltà, grandi occasioni, può far perdere quel guizzo di vitalità, gioventù, gioia, che un buon bicchiere di vino Chianti Classico con un panino al salame o al lampredotto può dare? I giovani, che sono il futuro del consumo di questo vino, sono stati mai valorizzati in pieno nella comunicazione?

L’indagine che vorrei fare con questo post è: pensate che l’immagine del vino Chianti Classico sia troppo “vecchia”?

 

 

I Vini del Cuore di Slow Food

Slow Wine sono i vini del cuore di Slow Food, vale a dire vini che provengono da piccole realtà, piccoli vignaioli, dove il cuore e le storie sono la cornice, la luce, i colori della bottiglia di vino, vino differente, vino vero, vino in cui si incarnano stili di vita e pensiero.

Tutto questo sembra un miraggio, ma in effetti anche in rete, dopo la pubblicazione dei premiati del Gambero Rosso dell’Espresso e dello stesso Slow Food, i vini vinoni, i vini top, un po da tutti presi sottotono, si respira un barlume di speranza per questa nuova indicazione.

E’ vero, anche il mio “Doccio a Matteo” Riserva 2007 ha avuto questa segnalazione e quindi non dovrei dire queste cose in quanto direttamente interessato, ma chi mi conosce  sa bene come da moltissimi anni ripeto che il vino non è solo una bevanda fine a se stessa, ma cibo, materia che si esprime attraverso le persone che ci lavorano per produrlo, facilmente visibili con un giro in moto, a piedi, nei territori (e qui ricordo le cartine di Enogea del Masnaghetti, per farlo….); si, ci sono anche le grandi realtà, industrializzate, globalizzate, specializzate, ma per favore cominciamo a fare le differenze.

L’Italia possiede delle realtà di eccellenza, purtroppo spesso vanificate dalla dominanza industrializzata, specializzata e globalizzata, supportata politicamente, mediaticamente, sistematicamente. Ma il futuro dell’Italia dipenderà molto dagli insegnamenti alle nuove generazioni di chi, come formiche, lavorano, sudano e lottano quotidianamente.

 

Vino e Acqua

Quest’anno il vino e l’acqua saranno due elementi connessi intimamente. A causa delle eccezionali condizioni climatiche la maggior parte dei grappoli d’uva si sono appassiti. I mosti sono ricchissimi di zuccheri, le acidità sono alte, l’acido tartarico è in concentrazioni abnormi così come l’acido malico.

Il sistema usato fin dall’antichità in questi casi è l’aggiunta di acqua.

La buccia d’uva è l’elemento cardine con cui produrre il vino. Gli stessi contadini, una volta pressata l’uva, aggiungevano acqua con cui si faceva il “famoso” acquerello. I sofisticatori aggiungevano all’acqua acido tartarico, zucchero, e lo facevano diventare vino. Da qui la misura antisofisticazione: un tot. di vinacce consegnate obbligatoriamente alle distillerie, un tot. di vino ottenibile. Resa ufficiale mediata: 70%. In alcune annate la resa può essere superiore, nelle annate piovose dove la buccia dell’uva è sottile; in annate eccezionali come quest’anno dove il “peso” delle bucce è enorme, le rese si aggireranno sul 60/55 %. Niente di più facile che aggiungere acqua per aumentare la produzione per lo meno a quantità accettabili. Favoriti in questo da alte concentrazioni di zuccheri e acidità.

Niente di scandaloso… meglio l’acqua o i mosti che provengono da luoghi lontani? E poi, l’acquerello, siamo sicuri che sia “cattivo”?

Bah!, speriamo di non vaneggiare, stasera, in questo post…

La mia Vigna di 46 anni

Oggi è iniziato il lavoro di selezione massale del Sangiovese (e dellla Malvasia Bianca e del Trebbiano) nella mia vigna di 46 anni. Questa vigna era già impiantata quando mio padre acquistò Caparsa (1965) e fu innestata da innestini professionisti di quell’epoca, uno dei quali mi ricordo il nonno di Riccardo Porciatti, attuale conduttore di Casa Porciatti, alimentari di prodotti tipici a Radda in Chianti. In quell’epoca era uso piantare il piede resistente alla fillossera, da portainnesti americani per lo più provenienti dal Sud Italia (come la Sicilia), e poi innestare con cloni selezionati  quà e là tra le viti delle colline limitrofe di Radda in Chianti, tra i vari contadini che coltivavano la vite.

Tra l’altro aggiungerei che questi cloni sicuramente risentono dell’influenza del periodo etrusco, testimoniato dall’area archeologica di un insediamento etrusco ellenistico del Monte alla Croce, poche centinaia di metri da Caparsa. La produzione di vino nel villaggio è testimoniata in maniera significativa dal rinvenimento di acini d’uva combusti esposti al Museo Archeologico del Chianti Senese, e delle tracce di un torchio vinario.

La procedura della selezione, iniziata oggi, mi porterà tra una decina d’anni alla produzione di vino di Sangiovese antico in circa un ettaro e mezzo di nuovo vigneto. I passaggi saranno i seguenti: oggi prima selezione delle migliori viti, tra una ventina di giorni ulteriore selezione per eliminare quelle viti che potrebbero avere accumulo di virosi o malattie in genere, verificando il viraggio della pigmentazione delle foglie. Successivamente si procederà all’innesto su portainnesti idonei e, tra alcuni anni, all’impianto di un primo filare. Dopo qualche anno verificheremo le migliori qualità di quel singolo filare e finalmente potremo piantare la vigna. Tempi necessari: tra gli otto e i dieci anni. Tanto? no, in agricoltura i tempi sono questi.

Quindi la mia vigna, ancora in produzione, da me rinfittita una quindicina di anni fa, conserva ancora una storicità secolare che proviene dai luoghi circostanti. E’ l’unico esempio rimasto tra le colline di Volpaia, S. Maria Novella, Albola, Radda e Monteraponi in quanto tutte le vigne intorno sono state reimpiantate con vitigni selezionati recentemente da luoghi diversi e lontani. Nella vigna insieme al Sangiovese c’è anche il Trebbiano e la Malvasia Bianca Lunga del Chianti Classico, vitigni una volta usati tradizionalmente per fare il vino Chianti Classico. Oggi le viti a bacca bianca sono indirizzate alla produzione di Vin Santo Doc del Chianti Classico o a Igt Bianco Toscano, in quanto è vietato usare le uve bianche nel vino Chianti Classico, ma quest’anno produrrò il vero e antico Chianti Classico con le uve bianche e il Sangiovese, che non potrò dunque denominare come Chianti Classico, ma come Igt Toscano, alla faccia di chi vuol produrre Chianti Classico con i vitigni bordolesi. Una rivoluzione, se comunicata bene.

Storia della Vendita Diretta a Radda in Chianti

Uno dei “segreti” per cui sono riuscito a percorrere oltre trent’anni di attività vitivinicola è stata l’intuizione di aprire un punto vendita nel mio paese di Radda in Chianti. Questo mi ha permesso in qualche modo di essere svincolato da logiche di mercato a volte spietate.

Ho iniziato, insieme ad altri 9 piccoli produttori riuniti in una cooperativa con: Val Delle Corti (Giorgio Bianchi, presidente, all’epoca Sindaco del Comune di Radda), Poggerino (la principessa, che allora si occupava dell’azienda), Vignavecchia (con il Dott. Beccari Edoardo), Pruneto (sempre con il mitico Riccardo Lanza che per lunghi anni è anche stato presidente, succedendo a Giorgio Bianchi) Crognole, Le Petrene, Capaccia, Podere Terreno e Vergelli, nel 1985. Ci si alternava alla vendita e fu una delle primissime vendite del vino Chianti Classico in tutta la zona del Chianti Classico. In quegli anni, tutti erano entusiasti e le riunioni per decidere ogni azione si succedevano. Nel corso degli anni, l’amministrazione elefantiaca della cooperativa risultò troppo onerosa da far gestire da un commercialista, per cui passò a mio fratello Simone, che la mantenne per altri due anni. Alla fine la cooperativa chiuse, molte aziende si allontanarono per iniziare percorsi individuali, e così rimanemmo per due anni solo due aziende: Caparsa e Crognole. Dal ’94 in poi Caparsa è rimasta sola a condurre il punto vendita.

Anni d’oro tra il ’98 e il 2001, poi un calo continuo anche per la nascita di numerose rivendite di vino a Radda, fino al numero attuale: oltre 17 punti vendita di vino!

Nonostante questo, il contatto diretto con le persone è stato sempre la costante delle mie vendite, e anche oggi posso dire di conoscere oltre l’80% dei miei clienti.

Da quest’anno la vendita diretta è gestita da mio figlio Federico, alternandosi nei turni con una signora Raddese: Lina; verace, schietta e diretta come la maggior parte dei Raddesi.

Ogni giorno in Via Roma 17, dalle 10:30 alle 13:15 e dalle 14:30 alle 19:15 si può degustare tutti i vini e le annate disponibili e naturalmente, se piacciono, anche acquistare…

Non c’è certezza

Quest’annata viticola ci dimostra ancora una volta come non ci sono certezze. Quando si tuona contro luoghi presumibilmente non vocati alla produzione di qualità, quest’anno è stato contraddetto. Quest’anno le migliori produzioni di vino proverranno certamente da vigne in luoghi bassi, umidi e esposti a Nord. E questo si è verificato non solo una volta nel corso degli ultimi otto anni, ma direi certamente nel 2003, 2007 e 2011.

Quando si tuona contro la possibilità di usare qualche punto di percentuale di uve bianche, come l’antica ricetta di Bettino Ricasoli recita per fare il vino Chianti Classico, quest’anno ha sbagliato. Aver potuto vinificare il Sangiovese con un pochino di Malavasia Bianca, avrebbe potuto dare un tocco di eleganza a un uva di  Sangiovese che alcuni anni fa sarebbe parsa arrivare dalla Puglia o dalla Sicilia non certo dai Monti del Chianti.

Quindi, permettetemi di riportare un passo di Luigi Pirandello dal suo “Uno, Nessuno, Centomila”:

“La facoltà di illuderci che la realtà d’oggi sia la sola vera, se da un canto ci sostiene, dall’altro ci precipita in un vuoto senza fine, perchè la realtà d’oggi è destinata a scoprire l’illusione domani.”

Colpi di Sole

 

 Questo Agosto, dalla metà di Agosto, ci stà riservando una calura con punte di oltre 40 gradi centigradi. L’ambiente, i boschi, le vigne, stanno subendo un grande stress. La cosa più appariscente sono i boschi che improvvisamente si sono tinti di marrone: molti alberi non ce la fanno, ingialliscono le foglie, le stanno perdendo. Non si era mai visto un fenomeno così. Probabilmente Giugno e Luglio freschi, avevano abituato le piante troppo bene ed ora ne subiscono le conseguenze. Per quanto riguarda la vite e l’uva, sento già che qualcuno ha iniziato a vendemmiare i vitigni francesi, ma mi domando con quale qualità. Per il Sangiovese ancora non voglio pronunciarmi, poichè Settembre è il mese decisivo, come sempre. Certo è che se dura così, potremo avere un’annata imprevedibile.