Le dimensioni delle aziende vinicole

Esiste una campagna denigratoria contro i piccoli produttori. Chi produce sotto i due milioni di bottiglie viene considerato quasi un pezzente. Oggi poi qualcuno dice anche che la media della qualità dei piccoli è bassa, anzi scarsa….

Che dire? Non dire nulla, oppure ribattere che i piccoli, sopratutto quando riesciono a fare sistema, sono economicamente più flessibili, che possono aggredire il mercato da più punti, in modo più soft certo rispetto a chi si permette di investire milioni di euro, ma con quella bella qualità delle “differenze”, che secondo me è vincente? E poi che dire sulla qualità? Certo che alcuni piccoli producono male, a volte per lo strozzinaggio di chi compra all’ingrosso, a volte per incuria, a volte per presunzione, ma molti piccoli produttori (tantisssimi!) producono una qualità di eccellenza; i grandi produttori? Magari 1/10 di qualità e 9/10 di scarsa qualità. E allora come la mettiamo? Smettiamo di dire ca**ate e cominciamo a saper apprezzare i piccoli e i grandi.

Un commento su “Le dimensioni delle aziende vinicole”

  1. C’è chi dice che le dimensioni non contano, ma in qualche modo credo che sia vero nella misura in cui le aziende vitivinicole sono in qualche modo la realizzazione di un di una visione, di un sogno o comunque di un progetto. E’ chiaro che più questa azienda è grande e più è probabile che essenzialmente il fine diventa, probabilmente almeno, i soldi. Tutto lecito, è chiaro, ma se in qualche modo il vino rappresenta la realizzazione concreta di un sogno, allora ecco che le aziende piccole probabilmente hanno più possibilità di riuscire a convincere. E’ probabile che la visione di un piccolo produttore possa essere seguita poi in ogni fase della lavorazione da un’unica persona, prodigandosi in cura dei particolari grazie ad una visione a 360° che inevitabilmente non può esserci nelle aziende grandi senza delegare azioni a persone terze, ma anche qui non è poi detta l’ultima parola. Sono convinto però che la piccolissima azienda vitivinicola che ha la possibilità di compiere l’intera filiera produttiva, in barba alle chiacchiere degli economisti, abbia la possibilità di fare un’economia di scala all’incontrario per così dire, cioè riesce ad accentrare su un’unica figura professionale diverse figure economiche: bracciante, trattorista, cantiniere, enologo, amministratore, ottimizzando la resa in termini di unità lavoro per produzione vendibile e questa è una prerogativa che consente, come hai ben puntualizzato, una flessibilità notevole. Fin quando non…muore….:-)

    Il discorso dei prezzi e della qualità invece è un’altro paio di maniche, molto difficile da inquadrare esenzialmente perchè difficile è definire "qualità"e anche quella dei "prezzi" visto che richiederebbe una disamina dei costi,della percezione presunta di qualità da parte dei consumatori e di quanto sono disposti a pagarla e tutta una serie di considerazioni troppo lunga da poterci entrare in questa sede.Ciao.

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