La Gran Selezione?: Una boiata.

Il Vino Chianti Classico, oltre alla confusione col Vino Chianti, ha la classificazione “Annata”, “Riserva” e “Gran Selezione”: vallo a spiegare al consumatore… spesso occorre delle mezz’ore per spiegare le differenze: i clienti fanno si col capo per non passar da scemi, facendo finta di capire. Se poi si comincia a tentar di spiegare gli Igt con tutte le loro classificazioni si rischia di farli fuggire a gambe levate…

Invece di semplificare, riconoscendo semplicemente i vini prodotti nel Chianti Classico nei singoli distretti comunali (zone ben distinte) si è preferito riconoscere le qualità nel senso di azione umana ed enologica (Gran Selezione), sacrificando così il territorio nella sua varietà (il riconoscimento zonale).

Le menzioni comunali e sottocomunali incrementerebbero la comunicazione e la valorizzazione dei territori e dei comuni anche quelli ritenuti a torto “inferiori”: ritengo una boiata affermare che, ad es., S.Casciano o Barberino non producono vini di grande valore, ci sono fior fiore di aziende ovunque!; inoltre le menzioni comunali incentiverebbero l’aggregazione di produttori, fenomeno estremamente positivo (l’ultima aggregazione è a Lamole, ma anche a Radda si è a un buon punto).
Tra l’altro con la creazione delle menzioni, potrebbero innestarsi circoli virtuosi per la creazione e valorizzazione di distretti bio, modello Panzano: I distretti bio sono e saranno sempre più importanti nel mercato di qualità, tralasciando qui i benefici ambientali, ma sempre che la denominazione Chianti Classico voglia andare davvero verso alte vette!

 

7 pensieri riguardo “La Gran Selezione?: Una boiata.”

  1. Caro Paolo, concordo in pieno con la tua analisi. Aggiungo solo un commento sul circolo virtuoso che si creerebbe nel mercato del CC sfuso con una categoria “comunale”; il prezzo si differenzierebbe dando più valore all’origine e incentivando la qualità. La Granselezione invece non ha alcun impatto sul mercato dello sfuso (non è cedibile) ed è discriminatoria contro il viticultore in quanto chi può usarla è solo l’imbottigliatore che ha vigneti in proprietà o in affitto, mentre il viticultore no, a meno che non vinifichi e imbottigli da sé. Di fatto la novità più significativa della “rivoluzione del chianti classico” è di creare una categoria (in teoria superiore) che esclude il viticultore in quanto tale.

  2. Le Menzioni Comunali implementate senza le dovute precauzioni potrebbero rivelarsi una delle cazzate di più grosse fatte dal Consorzio del Chianti Classico nella sua pur breve storia, diciamo si piazzerebbe al secondo posto subito dopo quella in cui la menzione "Chianti" è stata concessa a mezza Toscana e appena prima di quella in cui si decise di fare causa alla Gallo winery. Quindi sarebbe abbastanza alta in classifica, quello della "Gran Selezione" si trova molto più giù, tanto per intendersi…

    Vedo che il Coli che si sta stropicciando già le mani,(e non solo lui….), al solo pensiero di poter disporre di un portafoglio di tutte le "menzioni comunali". Pensate, fra un po’, si potrà trovare al hard discount di turno Chianti Classico, Panzano a €3,99. Che meraviglia !! Tutto confezionato e con il bel gallo nuovo frutto di restyling ! F-A-N-T-A-S-T-I-C-O- ! Che bello!

    I poveri coglioni di viticoltori produttori, dei comuni minori, soprattutto quelli con i marchi aziendali semisconosciuti,che già utilizzavano etichette e galli indistinguibili dai vini dei commercianti, ora dovranno affrontarli anche senza la possibilità di scegliersi ad hoc la menzione comunale"più appetibile"del momento e ringraziano sentitamente anche a nome delle generazioni che seguiranno.

  3. Cristiano, concordo sulla necessità di precauzioni per evitare che il potenziale di questa ipotetica innovazione venga sprecato. Non capisco questa preoccupazione sui cosiddetti comuni minori, e non capisco quali sarebbero minori. Penso che la valorizzazione delle sottozone, comuni o frazioni, riducendo le quantità disponibili solo all’uva o vino della sottozona DI PER SE’ farebbe lievitare i prezzi del vino sfuso, differenziandolo dal CC “base”. Nulla toglie che si possa anche stabilire altri paletti leggermente più restrittivi per l’accesso alla categoria, per assicurare uno standard migliore anche se la cosa va discussa e valutata bene. Il rischio di un CC Comunale all’hard discount descrive bene la situazione attuale, a cui l’evoluzione che si propone con le sottozone aiuterebbe a porre rimedio, anche se non ci sono pillole magiche. Ma soprattutto si legherebbe il vino della nostra zona ad un territorio specifico; oggi il territorio del CC condivide il nome con il non-territorio del Chianti, domani il CC esisterebbe come somma di territori definiti, comuni o frazioni.

  4. Ma perché gli imbottigliatori devono avere disponibilità di acquistare tutte le denominazioni comunali ? Mi parrebbe, senza un’opportuno contrappeso, davvero una posizione eccessivamente loro favorevole, molto più favorevole di quella dei produttori, deterrebbero effettivamente in questo modo "le chiavi della denominazione". E perché mai dovrebbero avere questo privilegio ? Solo per consentire ai produttori/imbottigliatori ottenere l’approvazione delle menzioni comunali? Personalmente non credo che il gioco valga la candela. E’ una proposta che sicuramente dividerebbe proprio i produttori /imbottigliatori, gli imbottigliatori no: avrebbero solo da guadagnarci.
    Senza "opportuni contrappesi", (nel caso non si fosse capito…) non la ritengo una proposta ragionevole.

  5. Poi Roberto come già detto in altra sede, tutto il Chianti Classico è prodotto sul territorio quindi tutto potenzialmente potrebbe portare una menzione comunale.

    Dici" Nulla toglie che si possa anche stabilire altri paletti leggermente più restrittivi per l’accesso alla categoria, per assicurare uno standard migliore anche se la cosa va discussa e valutata bene".

    Credo che qui si rischia di fare un errore concettuale di fondo. I vini, potenzialmente tutti, dovrebbero potersi fregiare della menzione comunale, non per delle caratteristiche analitiche superiori (ma poi quali ?), ma perchè esprimono, indipendendentemente dalla resa/ha, alcol, estratto, ecc…, le caratteristiche intrinseche del territorio d’origine.

    Per farti un esempio prendiamo i vini di Montevertine che sono sicuro che conoscerai. Il "Pian del Ciampolo"", vino meno ambizioso delll’azienda esprime forse meno il territorio del top "Pergole Torte" ? No, entrambi esprimono pienamente il territorio in maniera compiuta e non si capisce perchè si dovrebbe evitare che i vini meno ambiziosi siano esclusi dalle "menzioni comunali". Spesso anzi, sono proprio i vini più ambiziosi, (non nel caso del Pergole Torte,) ad esprimere MENO il territorio d’origine per una sorta di "ansia da prestazione" del produttore che magari eccede per esempio con il legno nuovo e con le estrazioni un po’ sopra le righe in vinificazione o altro ancora.

    E’ anche per questo che la Gran Selezione è una boiata pazzesca. Voglio proprio vedere che "paletti qualitativi" andranno a stabilire per poter accedere a quella categoria ! La qualità vera, dei territori d’elezione, è qualcosa di assolutamente inafferabile analiticamente !

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