Dopo i lanci delle guide ai migliori vini d’Italia 2013, dopo aver letto valide argomentazioni che ogni guida cerca di comunicare per attrarre le attenzioni, una vaga tristezza mi ha preso. Sono contento dei molti amici premiati, anche io nella Guida “Slow Wine 2013”, ma il sentimento di tristezza nei confronti di alcune guide non mi abbandona. Sarà che oggi ho tentato di leggere la guida di Veronelli senza aver trovato nulla di interessante, sarà capire di essere coinvolto in un vortice economico-promozionale-enoico, sarà la noia della ripetitività, sará che bisogna spendere risorse sempre più grandi per ottenere i risultati, sarà che invecchio, sò solo che preferisco starmene tra i miei filari, starmene col mio vino in cantina che fermenta, cercando di avere la mente sgombra piuttosto che leggere ovvietà e andar di qua, di là, e poi a primavera inviare campioni a destra e a manca… In fondo per cosa? Per inseguire il successo (o più semplicemente la sopravvivenza) ma poi davvero tutto questo correre dà felicità oppure no? Le guide danno sicuramente soddisfazione quando premiano naturalmente, ma non rischiano di diventare un qualcosa di complesso, inutilmente enfatico e a volte ansioso traguardo sopratutto per noi piccoli produttori? E la semplicità dell’essenza del vino, non viene in parte intaccata da un eccesso di guide? Non so più che pensare, non ho idee chiare in questo momento… Sento solo un insostenibile senso di tristezza al riguardo.