Vino libero, Vino occupato

Ieri sono andato all’IKEA ed ho scoperto L’Associazione Vino Libero. E davvero sono rimasto imbambolato a leggere e rileggere il manifesto che troneggia sul dispenser di vino a bicchiere. La prima cosa che ho pensato è che, io produttore BIO, mi sia perso qualcosa. La seconda è che, leggendo la tabella comparativa tra i vini convenzionali , vini bio e vini liberi, il Biologico sia una presa di culo. Nella tabella comparativa si legge chiaramente che il vino convenzionale può contenere fino a 150 mg/l di solforosa, quelli bio fino a 100 mg/l e quelli liberi fino a 90 mg/l (questo leggendo la prima linea, poi ci sono altri quattro linee di esempi, ma sempre sullo stesso tono). In pratica si distrugge l’immagine del vino (e non solo) Bio.

La terza cosa che ho pensato è che sono proprio bischero: pago fior fiore di soldi per essere controllato per avere la certificazione BIO, senza contare la burocrazia necessaria, per poi essere superato a sinistra da una semplice comunicazione pubblicitaria (con la domanda che sorge spontanea: chi controlla il vino libero?).

Allora, siccome ad esempio io non arrivo mai con i miei vini a 60/65 mg/l di solforosa, perchè non lanciare l’Associazione vino felice dove stabiliamo che la solforosa non raggiunge i 60 mg/l ?

Sorpasso a destra con scappellatura a sinistra….

…e se Caparsa sparisse?

Sarebbe una sconfitta. Ma sicuramente qualcuno gioirebbe, vedrebbe aumentare i propri spazi, meno concorrenza, un piccolo produttore rompicoglioni in meno.

Trentatre anni fa io e la mia compagna Gianna facemmo una scelta verso la Terra, che a parere di molti era sbagliata, poiché l’agricoltura e il vino non permettevano redditì soddisfacenti. Ma eravamo felici poiché i bisogni erano minori, il territorio del Chianti era più sobrio, i contatti umani erano semplici e sempre pieni di nuove esperienze, sopratutto con gli stranieri che cominciavano a venire nel Chianti. L’agriturismo nasceva in quegli anni e ci assicurava un reddito complementare alla produzione di vino, per continuare quella scelta di vita e di passione. Il vino si vendeva, non si vendeva, ma non era fonte di grande stress se non si vendeva. Oggi occorre comunicare sempre più e meglio, occorre passare un tempo infinito in ufficio, si passano ore davanti al computer e poi di corsa in vigna per fare il più velocemente possibile i lavori, e poi si rincorre la qualità e il mercato, e poi c’è la burocrazia da affrontare sempre più asfissiante, e poi le tasse e le scadenze, e poi gli innumerevoli eventi vinosi che portano via tempo, risorse e salute, e poi le permanenze turistiche ormai ridottissime che fanno forse felici gli albergatori, ma non certo i piccoli agricoltori, e poi le troppe regole sul lavoro… insomma una continua rincorsa per continuare a fare e vivere quel sogno che iniziammo tanto tempo fa. Ecco: il tempo, di tempo, oggi, c’è né sempre meno per la quantità di operazioni che occorre fare nel più breve tempo possibile.

Ma non crediate che ceda, resisterò con Gianna, come resisteranno quelli come me che hanno seminato tanto in questi decenni. Ormai siamo abituati a stringere i denti.

Le differenze sono nei vini, oppure no?

Pare che lo sforzo di argomentazione per convincere i possibili acquirenti del vino siano molto fantasiosi, per tutti.

A parte l’ultima trovata del Consorzio Chianti Classico il quale nella pubblicità mostra solo le gambe di una ragazza (Sic!), molti produttori usano e tentano o hanno tentato strade e argomenti tra i più svariati, alcuni legittimi e seri, alcuni strani o dettate da mode passeggere. Provo ad elencarne qualcuno: densità extra-large nei vigneti, vigneti bassi, vigneti tondi, cloni super-autoctoni, cloni antichi, vini veri, vini bio-dinamici e bio-logici, vini artigianali, naturali, vini non filtrati, vini col brettanomiceto, musica nei vigneti, musica in cantina, maturazioni in barriques, legno in un modo, legno in un altro, in botte grande, o solo in vasche di cemento, in forma ovale, oppure anfore, macerazioni super-extra lunghe, solo con l’uso delle mani, vini col sedimento, uve iper-selezionate, tappi di sughero super-extra lunghi, bottiglie super-extra pesanti, rivestimenti di pergamena delle bottiglie, diamanti sulle bottiglie… insomma una miriade si argomentazioni per cercare di differenziarsi.

Ma alla fine è il vino che deve fare la differenza… oppure no?