I prezzi dei vini: un consiglio

In Italia e in tutto il mondo i prezzi dell’energia e delle materie prime oltre ai numerosi aumenti causati dall’inflazione, stanno arrivando al consumatore finale.

Siamo dunque in un momento di instabilità dei prezzi che mi auguro finisca al più presto, ma che oggi potrebbe rivelarsi un’opportunità.


E’ noto infatti che la maggior parte dei listini dei produttori nel corso del 2023 siano aumentati. Questi aumenti non sono stati rilevati sopratutto nei siti di vendita on-line: chi ha acquistato vino negli anni, diciamo così del Covid, vende oggi a prezzi in linea con quegli anni.
Dunque con un po di abilità potrebbe essere possibile acquistare vini a prezzi davvero convenienti.
😉

Assicurazione sulla grandine da rivedere

L’Assicurazione sulla grandine, dal punto di vista del vignaiolo, era un valido strumento per diminuire i rischi economici per questa calamità.

Molti anni fa la perizia era affidata a tecnici che in modo spesso generoso, riconoscevano il danno REALE, cioè la perdita di reddito, ma sopratutto la perdita di quella parte di cuore che ogni coltivatore mette nel suo lavoro.

Il 50% del costo della polizza è poi sostenuto da finanziamenti statali alle compagnie di assicurazione. Facile capire che moltissimi vignaioli e imprese vitivinicole si assicuravano.

Ma non oggi: perchè?

Perchè la maggior parte dei vignaioli non produce solo uve da vendere, ma imbottiglia una parte o tutta la produzione, il che significa che i valori delle uve riconosciuti per rifondare il danno si basano su stime mercuriali dell’uva che è molto bassa, anche se alcuni punti di percentuale sono riconosciuti come perdita di qualità, in confronto ai valori aggiunti di chi imbottiglia.

Morale della favola, non conviene stipulare l’assicurazione, perchè le perizie sono ormai diventate solo tecniche ma anche perchè si tratta di un giro di soldi tra consorzi, assicurazioni e anni di attesa per ricevere l’indennizzo. Inoltre la perdita di quantità dovrà essere, chiaramente, riportata sulle denunce di produzione.

La tentazione di non stipulare assicurazione sulla grandine potrebbe poi essere giustificata da un rimpiazzo fraudolento dell’uva o del vino comperato senza tracciatura, sicuramente molto vantaggioso poichè assicura costi ridotti per la piena produzione.

La mia proposta è semplice: Assicurazioni sulla grandine che prendino in considerazione i valori medi del vino imbottigliato dell’operatore danneggiato e non solo dell’uva.

Ma non credo che alle compagnie assicurative piaccia una simile proposta.

2020: potrebbe essere un’annata memorabile

Non solo poiché si ricorderà nella Storia come l’anno del Coronavirus, ma anche per l’annata vitivinicola.

Durante il Lockdown gli agricoltori, avendo tutto il tempo per dedicarsi all’assistenza delle vigne, hanno impiegato tutte le energie per l’assistenza alle vigne, come mai hanno fatto.  Uscire per andare in vigna era possibile, altro non si poteva fare.

L’annata poi, qui in terra di Chianti, è ad oggi soleggiata e a tratti piovosa: le viti hanno tutto il possibile, sole e acqua, senza mai un accenno di stress. La peronospora non è mai stata “cattiva”, solo l’oidio ha dato qualche piccolo problema.

Inoltre le escursioni termiche tra notte e giorno sono sempre, ad oggi, enormi. Questo è il dato certo su cui si basa la mia previsione e allego per dimostrarlo la tabella seguente che raccoglie alcuni dati della centralina meteo di Caparsa:

Notare il giorno 14 Luglio 2020: tra la notte e il giorno ben 22° C. di differenza! Ma anche gli altri giorni non scherzano.

Forse sto azzardando troppo, le previsioni di questo periodo possono poi essere smentite da un disastroso Settembre e Ottobre, però però dai se fossi a un tavolo di poker, azzarderei la mano…

Io, Coltivatore Diretto, Vignaiolo di Radda in Chianti, questo penso, oggi.

Il Tempo scorre e i tralci della vigna si allungano rapidamente in questo periodo primaverile, fresco, del 2020.

Il Coronavirus ha lasciato segni profondi che costringono a continui slalom tra cambiamenti ancora da scoprire. Parole nuove come Webinar o fatturazioni di eventi cancellati o il crollo delle vendite tradizionali stanno, insieme a mille altri motivi scombussolando i piani di imbottigliamento, le programmazioni degli eventi e tutto ciò che riguarda questo mondo (del vino).

Chiaramente le preoccupazioni sono molte, ma ogni periodo ha in fondo le sue…. per cui non mi preoccupo poi così tanto (scusate il gioco di parole). Il fatto è che navigo a vista ma siamo tutti sulla stessa barca e questo è di conforto.

L’unica cosa da fare è proseguire con l’impegno di produzione di qualità: quando il prodotto è buono prima o poi si vende sempre, quando il vino è scadente le difficoltà sono tante. Cerco di stare alla finestra e osservare attentamente ciò che accade senza far passi più lunghi della gamba. La demoralizzazione va scacciata in tutti i modi, nonostante ogni tanto faccia capolino. Fare quindi molta attenzione a non fare passi falsi potrebbe significare la sopravvivenza, ma non sarà facile.

Una spiegazione al possibile aumento del 100% di tasse sul vino in USA

L’amministrazione Trump ha previsto di incrementare fino al 100% le tasse su molti prodotti dell’UE, tra le quali il vino.
Sicuramente avrebbe ripercussioni drammatiche notevoli sia in EU sia in USA, ma sopratutto l’Italia con i suoi meravigliosi prodotti agricoli ne sarebbe pesantemente colpita.
Ho ricevuto da un mio importatore in america la seguente spiegazione, che potete tradurre facilmente, che illustra una possibile spiegazione naturalmente tutta da dimostrare, ma che indica come la preoccupazione stia crescendo.
Io continuo a sperare che l’Italia non subisca tale “rappresaglia” ma molti interlocutori la pensano diversamente.

“I want to call your attention to the possibility of stock manipulation and/or insider trading on the part of the Whitehouse and/or President Trump. This is all related to the proposed increase to 100% Tariffs on EU products and the longstanding (2004) WTO dispute between Boeing and Airbus.

It should be noted here that the sole beneficiary of these tariffs (should they be effective) would be Boeing and its shareholders. More on that later.

I’ve been surprised frankly that the proposed tariffs have not gotten more attention from mainstream media and cable news. Should they be enacted, it will put tens of thousands of US workers out of work and bankrupt thousands of US and EU businesses. That would mean the EU will likely fall into a real recession and either trigger or exacerbate the long overdue US recession.

Backing up a step, in case this issue has not yet caught your attention, the proposed tariffs effect a broad category of products, the majority of which have a common thread of being high value-added, agriculturally based products. Wine, Cheese, Prosciutto, Salami, Whiskey, Wool either as fabric or finished clothing etc, etc . You get the picture. Additionally I think that Trump’s base cares little about such things and he knows that.

The % of GDP that these sorts of things represent in the EU is some multiple of what they do here in the US. Most of the producers are small to medium sized family businesses without large capital reserves. The loss of a primary export market in the US (which a 100% tariff will definitely kill) will send many of these companies over the cliff. The EU has not enjoyed the same slow and steady growth since the 2008 financial crises that we have and such a rash of bankruptcies would certainly be the straw that breaks the camel’s back.

In the US, many to most importers of EU goods will also go bankrupt. (like me!) Also many of the marketing chain partners downstream like distributors and retailers will too.

Back to Boeing and how this connects;

In December 2016 President elect Trump issues several Tweets attacking both Boeing and Lockheed Martin. Boeing, over Air Force One pricing principally and Lockheed over the F 35 fighter jet. Setting a general tone of going after profits at defense contractors. Stock prices of defense contractors tumble (including Boeing and Lockheed) as a result.

In Feb of 2017 Trump visits the new Boeing plant in SC that is building the new 787-10 (Dreamliner) and praises it and Boeing profusely. Boeing shares SOAR. I mean the old adage is buy low and sell high right? If one man and his tweets can first depress a stock and then make it soar, the situation is ripe for exploitation. I would love to know who bought Boeing between 12/12/16 and 2/17/17. Trump, his family or friends? I don’t know how to check that out. Your investigators do.

Fast fwd to late 2018 and the first of two crashes in the 737 MAX debacle. There are some 300+ planes sold but grounded and another 400 finished at the plant but not salable until some fix can be divined and implemented if that’s possible. This represents $90.3 Billion in unsalable merchandise and suddenly Boeing stock isn’t looking that great. Suddenly thereafter (coincidentally???) the 15 year old dispute between Boeing and Airbus takes high priority in the Trump administration and in October they issue 25% tariffs on some EU products almost immediately. Announced Oct 9th and enacted Oct 18th. Noteworthy is that goods already in shipment on the 9th (by ships) were caught unexpectedly by the new tariffs at the port when they arrived. It seems rather rushed to me. Then after less than 2 months without the first round of tariffs moving the needle any in talks about what is already a 15 year old dispute, the USTR announces that they are considering expanding the list of products and increasing the rate to 100%.

Again Boeing would be the sole beneficiary of the pressure these tariffs create in the EU. Why would this 15 year old issue so suddenly become a front burner, super urgent issue for the administration if not for Trump, his family and or friends having bought up Boeing shares between 12/12/16 and 2/17/17? I can’t think of any other plausible explanation.”

Internet e vino, che palle!

Qualcuno mi chiede perché negli ultimi tempi ho rallentato le esternazioni in questo spazio su internet. Ebbene, in tempi abbastanza lontani, il 2010, scrivevo abbastanza spesso perché la sfera internet mi sembrava davvero un fenomeno abbastanza “vergine”, pulito, occasione di comunicazione diretta senza intermediari, preziosa per molti versi per un piccolo coltivatore come me.
Ebbene a parte l’età che avanza inesorabilmente, ultimamente la pazienza, la capacità di concentrazione e il tempo fisico per questo tipo di comunicazione (e lettura) si stanno riducendo per l’estremo affollamento di notizie, di scrittori, di quasi-giornalisti, tutti esperti, insomma una sfera incredibile di attori che mi disorientano, mi impauriscono e a volte mi sconfortano per le tante parole sul vino buttate lì, spesso al vento.
L’uso del tempo. Occorre davvero molto, molto tempo per scrivere con un minimo di buon senso, ma anche leggere con un minimo di qualità nel mare di internet. Dieci anni orsono avevo due, tre siti di riferimento, dove mi sembrava che chi interveniva non costruiva muri, ma cercava di capire. Oggi troppi interventi sono ispirati da ideologie precostituite, muri contro muri, i dibattiti costruttivi si perdono.
Insomma sto vivendo un periodo dove la poesia di internet è ai minimi storici.
E allora ecco che preferisco dedicare più tempo alle mie vigne, alla mia cantina, alla mia famiglia… e molto meno a questo spazio.

Guida ai Giornalisti del Vino d’Italia 2020

Alcuni anni fa ebbi l’idea di realizzare questa guida, purtroppo mai realizzata per mancanza di tempo.

Ma urge un nuovo impegno in proposito.

I giornalisti, insieme ai blogger e i Sommelier, sono sempre più numerosi. Una folla incredibile che aumenta sempre più, forse perché in questo settore circolano più soldi di altri.

Ormai le guide si sono moltiplicate come pesci, ci sono quelle cartacee e/o online, poi ci sono i magazine, i concorsi enologici, gli eventi sul vino e ci sono moltissime richieste di forniture di articoli o post su internet a pagamento che quotidianamente giungono negli uffici dei produttori. Un caos che non è facile gestire. Certo è che una cernita, una selezione è necessaria per non disperdere al vento le energie dei produttori, che rischiano di affogare in questo mondo così competitivo.

E’ per questo che l’idea di realizzare e pubblicare una guida dedicata a tutti gli attori di comunicazione sarebbe davvero utile e necessaria. Si potrebbe anche fare un’operazione alla rovescia: premiare i migliori con riconoscimenti alla stregua dei produttori di vino.

Ricordo che quando lanciai l’idea alcune aziende mi chiamarono pronte all’acquisto, credendo che la guida esistesse davvero.

Quindi, chi se la sente di iniziare questa iniziativa?

Il vino è lusso? La damigiana certamente no.

Qualche giorno fa mi è capitato che qualcuno al banchino di assaggio mi abbia detto che il vino è diventato un lusso, come a dire “io il tuo vino non me lo posso permettere”.

Per certi versi è vero: il vino lo si fa in vigna per produrlo e naturalmente i costi sono notevoli anche per la ricerca della qualità, per la logistica, per il confezionamento, per la pubblicità, per la distribuzione e qualcos’altro. Si, questo è vino di lusso dove una bottiglia può costare oltre 10/15/30 euro.  (Certamente quando si superano i 100,00 euro allora è una pazzia.)

Ma attenzione: in generale il vino in Italia non è un lusso. Esiste ancora il vino sfuso, quello che una volta veniva venduto in damigiane da 54 litri! Molti se ne sono dimenticati. Una volta le famiglie andavano per fattorie, compravano una decina di damigiane (la quantità necessaria per un anno), lo si infiascava e i costi erano ridotti. Come lo sono ancora tutt’oggi se si continuasse a farlo. Io per esempio vendo il vino sfuso (diciamo il vino quotidiano) a euro 3,00 il litro. Questo significa che costa molto poco in confronto ad esempio a un pacchetto di sigarette.

Oggi però i comportamenti sono cambiati: in  molti si sono abituati alla comodità. Guardiamo il caso del caffè: fino a qualche anno fa esisteva solo il caffè moka, oggi le capsule di caffè la fanno da padrone per la facilità d’uso e perché assomiglia al caffè del bar ma i costi sono altissimi, come e più la differenza tra vino in damigiana e imbottigliato.

Insomma, il vino non è obbligatoriamente un lusso.

Il Bio- sotto attacco

Ho sempre creduto che il cibo bio-dinamico o bio-logico fossero una forma alternativa alle produzioni dominate dalla scienza, un “dogma” troppo spesso motivato da interessi economici, seppur fondamentale e utile.

Nel mio campo tanti fattori stanno ostacolando l’idea bio-, che è soltanto un’idea in effetti. Ultimamente, ci sono difficoltà crescenti di produrre cibo in modo bio tradizionale e culturale causate dai cambiamenti climatici.

Inoltre ci sono difficoltà di produrre prodotti “simili” a quelli convenzionali, (dato che sono questi ultimi quelli che condizionano i gusti e le scelte alimentari). Ci sono difficoltà di comunicare le imperfezioni organolettiche e/o fisiche, spesso appunto intrinseche nelle produzioni bio-. Ci sono difficoltà a far capire che i prodotti antiparassitari di contatto usati  in vigna non hanno impatti devastanti come i prodotti di sintesi.

E per continuare a far esempi nel mio campo: la quercetina  e il brettanomyceto sono problemi che, fino a una decina di anni fa non esistevano in questo mondo ma che oggi sono sempre più “pesanti”. (Ma anche in vigna!: il Mal del L’Esca, vendemmie sempre più precoci, PH innaturali o alcol esagerati).

In conclusione, si parla oggi di produrre cibo senza terra, e sicuramente sarà possibile, ma mi suona come una rassicurazione per chi in futuro prossimo
non potrà permettersi cibo prodotto con la terra. 

Gesù è morto: che significa qualità?

Immagine free presa da Internet

Cosa significa qualità?

E’ inutile che mi vengano a dire che qualità nei vini, o nel cibo in generale, significa più speziatura, oppure più finezza, oppure varie cazzate, oppure Gesù morto, oppure quelle ragioni commerciali che fanno la differenza a scapito della salubrità.

La salubrità di un vino, del cibo, che spesso è espressione di un territorio con tradizioni millenarie in Italia se ben interpretate, di cultura,  espressioni locali sane, magari semplici, significa per me e spero non solo, espressione di un modo di vedere la vita e il mondo che contrasta con le culture dominanti. Culture dominanti dove il farmaco, il fitofarmaco di sintesi, protocolli applicati ad ogni situazione risolvono le sintomatologie, temporaneamente, ma che alla lunga creano contraddizioni in termini di difesa immunitaria, per tutti.

La difesa immunitaria è la base di qualsiasi organismo vivente. Difesa immunitaria significa che lo stile di vita, la felicità del momento, la reazione, magari dettata  da condizioni ambientali estreme, è alla base di ogni organismo vivente nella difesa dello sforzo comune della vita di preservarsi.

Difesa immunitaria, che significa nel nostro tempo lotta al deficit immunitario  derivante da abusi di farmaci o fitofarmaci (nel mio caso specifico come produttore di vino), oppure da condizioni igieniche precarie o stili divisa estremi, oppure da stress psicologici derivanti dai modelli sociali, sono la base della comprensione della “psicologica” della vita.

Se il business farmacologico (fitofarmologico nel mio caso specifico come produttore di vino) può migliorare da un lato alcune situazioni difficili, può peggiorare le situazioni della vita quando l’uso indiscriminato risulta eccessivo per l’ambiente in cui la vita vive.

L’immunodepressione è la malattia del nostro tempo. L’immunodepressione si può combattere solo con culture sgombre da TROPPI interessi economici che spesso dettano leggi proprie, ma svincolate dal bene collettivo.

Amen.