Mi raccomando

Una vigna diserbata
Una vigna diserbata

Mi raccomando, fate il vino con l’osmosi inversa e poi premiateli, fate il vino col glifosate e poi premiateli, fate il vino come un qualunque business e poi premiateli, fate il vino con gli additivi e poi premiateli.

Magari punite chi pratica il buon senso, che quello è morto cadavere. La cultura e le tradizioni e l’ambientalismo ci fanno un baffo.
Grandine o siccità o alluvioni in agricoltura, è meglio vivere e operare nella nostra amata agroindustria, mi raccomando. Le calamità e la cultura non devono incidere sul mercato globale, tanto si trova tutto a buon mercato ed è meglio tenere ignoranti tutti. La forza lavoro non manca, gli schiavi ricattabili li troviamo sempre, dunque non seguite i pazzi predicatori dei vini naturali. Anche loro un giorno si convertiranno oppure venderanno a noi. State tranquilli, abbiamo dalla nostra parte la politica, i telegiornali e i poveri.

Il vino di stagione

Per mangiare e vivere bene occorre  consumare il cibo di stagione. Ogni stagione, ogni annata, segna con le influenze climatiche e non solo, gli indirizzi che favoriscono più un determinato cibo che un’altro.
Il compito dell’uomo, del contadino, è (o è stato!) proprio quello di riuscire a cercar di prendere il meglio dell’annata per assecondare ciò che l’annata esprime.
Anche il vino non è immune da questa caratteristica: ogni anno la vite reagendo diversamente, porta il vignaiolo ad assecondare le differenze. Dunque il vignaiolo difficilmente riesce a standardizzare la quantità e il numero delle bottiglie prodotte (a meno che non ricorra al mercato), oppure la qualità, oppure è costretto a saltare alcune annate, oppure produce vini che si riesce a fare solo in determinate condizioni e annate. In poche parole le produzioni sono scostanti.
Purtroppo mi rendo conto che tutto questo fa fatica ad essere compreso, sopratutto in Italia. I mercati vogliono il solito numero di bottiglie, la solita qualità e sopratutto lo stesso prezzo. Insomma non si riconoscono i tempi e i modi della Natura. Mi dicono in proposito che in Francia usualmente cambia il prezzo secondo le differenze, mentre in Italia questo non è tollerato. Forse perchè si riconosce lì il valore del vino artigianale rispetto a quello industriale e quì no? Non saprei, ma probabilmente è perchè pochi sanno spiegare tutto questo.
Per quanto mi riguarda, l’annata 2014 l’ho interpretata producendo 500 litri di Sangiovese con metodo Champenoise (uscita prevista 2017/18) e producendo 5000 litri di Rosato, produzioni che non credo riuscirò a ripetere facilmente. Oppure l’annata 2010, quando a causa della peronospora larvata ho perso il 75% di produzione riuscendo però a produrre un Chianti Classico Caparsino Riserva eccellente

I circuiti economici e politici del vino

Sono sempre stato indipendente nel pensiero, nel lavoro e nel mercato. Mi rendo conto però che esistono veri e propri circuiti economici che si sovrappongono a quelli politici, circuiti di destra, di sinistra, di centro, religioso, dove gli affari appunto ruotano paralleli alla politica. Chi cerca di vendere il vino, oppure ha bisogno di finanziarsi, oppure ha bisogno di assistenza, solitamente si rivolge sempre alle stesse persone che nei territori in qualche modo gestiscono anche la politica. Mi salta in mente il sistema Siena, oppure Lega Nord al Nord, come esempio.

Lecito, naturalmente. E anche democratico.

Però qualcuno può perdere la testa infilandosi e sbandierando ideologie politiche che nulla hanno a che vedere col vino, per rimanere nel vortice economico e politico del proprio circuito.

 

E’ possibile far vino con scarsi mezzi?

Questa domanda me la sono posta tante volte. Ho chiesto pareri tra i miei amici produttori. La conclusione è che si, è possibile fare vino anche con scarsi mezzi, ma poi senza risorse ingenti è impossibile venderlo. Come a dire: se il costo del far vino potrebbe essere anche piccolo, il costo del mercato è enorme.

Mi ricordo quando ero giovane e molto interessato alla fotografia, si diceva che era possibile fare belle foto anche con la polaroid: inquadratura, istinto, tempestività nel cogliere l’immagine potevano dare risultati eccellenti, mentre chi possiede la macchina fotografica superdotata e superaccessoriata senza talento era sprecata. In effetti questa tesi si può certamente riportare sulla produzione dei vini. L’originalità e il talento possono far fare grandi vini senza troppi soldi.

Il passo successivo è però in effetti più difficile e delicato: come vendere. E’ certo che chi investe centinaia di migliaia di euro o anche di più in marketing e comunicazione può davvero vendere molto ma con un serio rischio: I costi del marketing sono così elevati che spesso si ha più perdite che vantaggi.

E allora? Allora credo che forse una speranza tra i giovani che vogliono iniziare o che vogliono continuare a portare avanti l’attività del far vino senza dover spendere troppo c’è. Fare un buon prodotto con passione, spiegarlo il meglio possibile in una rete che piano piano si allarga e senza lasciarsi incastrare da facili abbocchi e miraggi e andare avanti per la propria strada, con fiducia. Probabilmente ci vorrà vent’anni per riuscire a vendere l’amato liquido con più serenità, ma questo momento di incertezza e di recessione può rappresentare davvero un’opportunità.

Mi ricordo un grande imprenditore, Gusmano Manetti, che mi disse una volta: finchè il prodotto è buono e fatto bene ha un valore e si venderà sempre. Saggezza.

Tante perplessità

In Toscana le quotazioni dei vini atti a divenire sono circa: Brunello 1000 Euro/Hl; Morellino di Scansano 200/250 Euro/Hl; Chianti 110 Euro /Hl; Nobile di Montepulciano 300 Euro/Hl e via discorrendo… fanalino di coda il vino Chianti Classico con quotazioni per l’annata 2010 che si aggirano su circa 110 Euro/Hl, come il vino Chianti, il 2009 non lo vuole nessuno (ce n’è a fiumi), le annate più vecchie lo stesso, mentre per il solo 2008 circa 150 Euro/Hl. (Ricordo ancora una volta che i costi di produzionme si aggirano mediamente su 300 Euro/Hl).

Alcuni piccoli produttori esaperati, mi fermano anche per strada per sapere il perchè di una situazione così critica per il nostro vino Chianti Classico. Non so ben rispondere, suppongo che ci siano accordi tra i pochi grandi imbottigliatori, o ragioni misteriose di mercato, o cause che dipendono dalle giacenze troppo alte. Il Consorzio Chianti Classico è uno scontato bersaglio di critiche e i malumori si stanno sempre più riversando verso questo organismo. In effetti qualcuno potrebbe anche rischiare violenza, data la situazione.

Io penso che in effetti una parte di responsabilità ce l’hanno tutti. Nel nostro amato Chianti non si riesce a far sistema, ognuno contro tutti, grandi contro piccoli, piccoli contro grandi, aziende contro altre aziende. Insomma questa situazione si riflette anche nel Consorzio, che nel bene e nel male, fotografa questa situazione. Non si capisce infatti come non sia possibile stabilire di comune accordo prezzi minimi (e massimi) in modo da avere una STABILITA’ importante per lavorare, tutti. So che un Consorzio di vino del Nord lo ha fatto. Perchè qui in Chianti si continua a dire che non è possibile?

Il vino Chianti Classico in panne: é vecchio?

Il mercato del vino Chianti Classico ancora arranca: i prezzi del vino atto a divenire e dell’uva sono ai minimi storici. Politiche commerciali dei pochi grandi imbottigliatori, diminuzione dei consumi, una politica generale che non favorisce certo i vino Toscani, speculazioni, giacenze alte, stanno mettendo in ginocchio molti produttori di uva e di vino.

Mi domando se la percezione dell’immagine di questo vino sia quella giusta. Senza mettere in discussione la qualità che secondo me è mediamente molto alta, mi pare che un aspetto da esaminare per capire questo fenomeno è la percezione che un consumatore medio ha sul vino Chianti Classico. Associare l’immagine di questo vino sempre a Castelli, magnifici Borghi, Ville, Nobiltà, grandi occasioni, può far perdere quel guizzo di vitalità, gioventù, gioia, che un buon bicchiere di vino Chianti Classico con un panino al salame o al lampredotto può dare? I giovani, che sono il futuro del consumo di questo vino, sono stati mai valorizzati in pieno nella comunicazione?

L’indagine che vorrei fare con questo post è: pensate che l’immagine del vino Chianti Classico sia troppo “vecchia”?

 

 

Speculazione nel vino Chianti Classico

In questi giorni il valore reale del vino Chianti, ha superato il valore del vino Chianti Classico. Le quotazioni del vino Chianti si aggirano su 90/100 Euro x Hl, mentre le quotazioni del vino Chianti Classico si aggirano su 70/80 Euro X Hl. (Ricordo che per produrre 1 Hl di Chianti Classico occorre circa 3 Euro X Hl.)

E’ la prima volta che succede, storicamente il vino Chianti ha un valore di circa la metà del vino Chianti Classico. Dunque, i Signori del vino hanno definitivamente spostato le attenzioni sul Chianti. Le ragioni di questa strategia, senza peli sulla lingua sui potrebbe parlare di accordo, possono essere molteplici. A mio parere principalemente c’è interesse che i vigneti “Chianti” siano rinnovati, in quanto generalmente obsoleti, mentre ormai non c’è più interesse per i vigneti a Chianti Classico ormai quasi completamente rinnovati negli ultimi dieci anni. Probabilmente i produttori attirati da un valore così relativamente alto del vino Chianti, rinnoveranno massicciamente i vigneti salvo poi tornare a valutazioni abbondantemente sotto i costi di produzione quando l’operazione di rinnovo sarà completata, come nel caso del Chianti Classico.

Una regola di mercato dirà qualcuno, una speculazione dico io.

 

Questione di prezzo

Quando si offre un euro a bottiglia di vino, quando il prezzo del vino sfuso non vale nulla, quando i prezzi di marketing, di burocrazia e di ricarico rappresentano oltre l’80/90% del costo finale, quando in una situazione così il produttore tenta di sopravvivere questi è destinato a soccombere.

Tanti discorsi naturalistici, di vigna, di personalità del vignaiolo… ma poi se la speculazione ha il sopravvento, che fare per resistere? Sciopero. Sciopero. Sciopero. Bisognerebbe non produrre, fermarsi un po e riflettere, insieme, cosa fare.

 

Noi Impresa o Io Famiglia?

Nel mondo del vino, esistono due tipi di impresa: individuale come la mia, con una contabilità semplificata, in economia, e Imprese societarie, con contabilità ordinaria e bilanci. E’ opinione diffusa che le imprese piccole e a conduzione “contadina”, non potranno reggere individualmente l’impatto della situazione di crisi economica. L’unica strada possibile è l’unione di molteplici microeconomie in imprese di grandi dimensioni, capaci di confrontarsi competitivamente con la finanza e il credito erogato dalle banche.

Io sarò romantico, indietro con i tempi, ma credo che le economie delle imprese familiari sono più realiste e affidabili delle grandi imprese. Io non sono un economista, lo era mio padre, ma nel mio piccolo mi sembra anche che l’aggregazione in caso di fallimento, può distruggere in un sol colpo molte persone. Questa non è l’opinione della maggioranza in quanto si dice ad esempio che i crediti sono erogati con tassi più agevolati per chi fa girare il sistema con numeri grandi, oppure che la produzione, separata dalle vendite e dal marketing, rende di più in confronto a chi deve occuparsi di tutto.

Mi piacerebbe se qualcuno commentasse questo post per avere più opinioni in proposito.