Vecchia ricetta del Chianti Classico

C’è un interessante piccolo trafiletto nella guida “Slow Wine 2012”, a pagina 764, che (sperando non vada incontro ai diritti d’autore), riporto in parte:

“Il disciplinare di produzione del Chianti Classico è stato modificato nel giro di pochi anni. Nel corso degli anni il celebre metodo del Barone Bettino Ricasoli di associare il Sangiovese col canaiolo, ciliegiolo, colorino, trebbiano e malvasia toscana, si è afflievolito a favore di un taglio moderno, con l’utilizzo di vitigni internazionali, indotto da un mercato che richiedeva vini più consistenti. Attualmente il disciplinare non prevede l’utilizzo di uve a bacca bianca nel vino. Crediamo che la territorialità di un vino si possa affermare ed esprimere al di là del corredio varietale. E’ nelle mani del viticoltore che si esalta il luogo di origine attraverso un’agricoltura rispettosa e sensibile verso la tradizione di un territorio”. E si citano alcuni vini di Castellinuzza e Piuca, Podere Erbolo, Reggine e Caparsa, “vini che trovano spazio nell’ambito delle IGT o dei vini da tavola, snaturati quindi sul fronte appellativo.”

Che dire di meglio? Chi ha orecchi per intendere, intenda.

28 pensieri riguardo “Vecchia ricetta del Chianti Classico”

  1. Citi "Podere Erbolo", proprietà di mio amico Filippo Cintolesi.Realisticamente introdurre di nuovo le la possibilità di uve bianche nel Chianti Classico significherebbe mettere mano al disciplinare e farlo approvare in sede europea, una cosa davvero difficile,visto anche la marginalità della questione, ma in sostanza non risolverebbe nemmeno la questione. Infatti le vigne del Podere Erbolo non sono iscritte all’Albo dei vigneti del Chianti Classico…ma nel caso ci fosse una denominazione di ricaduta,probemi non sussisterebbero visto che abbraccierebbe tutte le vigne del territorio: territorio ancora prima di un disciplinare. Non male.

  2. Ma sulla territorialità Sangiovese+canaiolo+ciliegiolo+colorino+ malvasia rossa
    insomma sangiovese + uva rossa del territorio già salverebbe un espressione territoriale importante.
    Sono principalmente Merlot, Cabernet, Petit Verdot etc a sopraffare la finezza e orginalità del territorio espressa nel sangiovese.
    Francamente il 15% di Trebbiano del Barone che era 15% in vigna e diventava spesso oltre il 20-25% nel vino anche quello era un offesa al sangiovese!

    Scusate ma sono innamorato del sangiovese ;o)

  3. Antoine,
    sono d’accordo con te.
    I vitigni internazionali, anche se in piccole percentuali, "appiattiscono" il sangiovese, nel senso che il territorio o la microzona, poi vanno a farsi benedire….ed è facile confondere un sangiovese delle mie parti con uno delle vostre.
    A me qualche tempo fa è capitato di bere un Ch. Cl. (non farò il nome nemmeno sotto tortura!) dove sembrava che il sangiovese si fossero dimenticati di metterlo al momento dei tagli decisivi pre-imbottigliamento.
    Sembrava più un taglio bordolese che un Ch. Cl.!!!
    Da voi canaiolo, colorino e malvasia nera; dalle mie parti ancellotta e uva longanesi….questi sono i vitigni tradizionali che non influiscono sul carattere del Sangiovese.
    Altrimenti, e lo ripeto, che cos’ha di "Classico" un chianti con il Merlot o il Syrah o compagnia cantante? E che cosa c’è di Romagnolo in un Sangiovese con gli stessi vitigni internazionali?
    Oh, poi mica dire che i vini che ne escono non sono buoni, eh! Tutt’altro! E’ solo che se uno li vuole usare dovrebbe fare un IGT (come faccio io) ed evitare di metterli nelle DOC tradizionali…
    Giusto?

    Ciao.

  4. E’ quest’ultimo paragrafo che vorrei sottolineare: non tutti i vini fatti con gli autoctoni sono buoni. Appunto.

  5. Aehm….il mio intento era quello di dire che nonostante tutto, non è che i vini fatti con uve internazionali (oggigiorno crocifisse) siano poco buoni, anzi….ad esempio nel mio caso il Cabernet Sauvignon 2007 è probabilmente il miglior vino che ho mai fatto (a proposito, l’hai bevuto?)….così come hai detto tu, non è detto che i vini fatti solo con uve autoctone siano buoni….basti pensare ai vini base Trebbiano….per quanto possano essere buoni, sarebbe come andare a correre il gran premio a Imola con una 500….o a correre al Mugello con un Ciao…..

  6. I vini prodotti con uve alloctone possono essere eccezionali, come quelli prodotti con uve autoctone. La questione delle mescolanze delle due è altra cosa, poichè si pretende di definere vini territoriali, tradizionali o quant’altro, vini che solo pochi anni fa molti territori non conoscevano e i vini non erano mai stati prodotti. Mi si può dire: il tempo avanza, i cambiamenti anche. Certamente, ma qualche distinzione bisogna sottolinearla.

  7. …forse nascerà presto ”il rosso del chianti classico”.. un DOC anche con uve bianche nel disciplinare..questo circola adesso..in ambienti ”dei disciplinatori”..lo considero,personalmente,una specie di” contentino”o una ”benevolenza” ..di chi comanda..e forse ,se lo faranno,sarà un modo x scusarsi a tanta leggerezza

  8. Ho ritrovato un vecchio quaderno di appunti di quando lavoravo in cantina durante la vendemmia 1996 a S.Fabiano Calcinaia (Castellina in Chianti) con le gradazioni babo, temperature dei carrelli di uva man mano che venivano lavorati. Sembra incredibile, anche in considerazione dell’annata che non era considerata affatto male, osservare i valori medi del Sangiovese,racccolto fine settembre tutti intorno a 16,50-17,00 (babo) e temperature di raccolta intorno ai 20-21°C con le acidità oltre gli 8gr/l mentre i Merlot e Cabernet invece gradavano 19-20 babo. Oggi sono valori che sembrano impossibili, visto le gradazioni sempre crescenti degli ultimi dieci anni, ma che invece fanno capire PERCHE’ fu ritenuto necessario fare uso dei famigerati vitigni alloctoni: una specie di assicurazione contro le difficoltà climatiche che talvolta rendeva quasi impossibile fare vini dignitosi con il solo Sangiovese.
    E’ facile dimenticarsi questi fatti specialmente oggi che abbiamo un clima completamente diverso.

  9. Le denominazioni dovrebbero rappresentare storia e territorio. Se le denominazioni rappresentano invece uno strumento per il mercato, questo è autolesionista. Quindi, le denominazioni dovrebbero essere regolate da produttori che intendono promuovere, nel mercato, la storia del suolo e delle tipicità uniche e irripetibili di quei territori. Questa è una buona ragione per reintrodurre la possibilità, per i produttori a cui piace e spiegano perchè, dell’uso della Malvasia Bianca e del Trebbiano nei vini Chianti Classico.

  10. ..e invece ..guarda che la notizia del” rosso del chianti classico” con uva bianca autoctona (e sicuramente non non solo quella) è un…anteprima .. detta da uno che presenzia molto ”nella stanza dei bottoni delle denominazioni italiane”..mi ripeto ..se l’attuano è il ”contentino”…l’uva bianca nel chianti classico docg …sempre ”i potenti della stanza dei bottoni” non la vogliono considerare..o reintrodurla ..

  11. ..la notizia è confidenziale..adesso non più ..è allo studio farlo ed attuarlo me l’ha detto ”chi è dentro la stanza dei bottoni delle denominazioni”…in separata sede ti posso fare il nome di chi l’ha detto…..comunque è giusto farla x diversicare ”il nosto esubero” che non può chiamarsi igt come quello delle pianure grossetane o fiorentine o aretine o pisane…però,se l’attuano,…ri-ri-ripeto ..non risolviamo”la mancanza”

  12. Mario condivido lo scetticismo, ma il problema non è tanto di fare vini alternativi, vendere un IGT Toscano o un "superIGT" Classico cambierà poco a mio avviso, pianura o non pianura è una guerra fra poveri e sui centesimi, il problema è fare una politica di promozione per un prodotto CC che si riconosca.
    Ho visto le statistiche delle marcature del Chianti, fino ad ora, marcature in [u]aumento[/u] del 19% per il 2011… che sia solo il prezzo??? Io ho qualche dubbio. Non seguo la promozione del Chianti, ma un analisi sarebbe interessante.

  13. …sì interessante questo aumento di marcature…..ma temo che rappresentino principalmente un aumento di ”marcature industriali”..è ”la politica globale dei consorzi” : marcare marcare e ancora marcare..! (speriamo che qualcuno mi smentisca!)

  14. sicuramente saranno indusitriali ma nel CC non c’è un aumento di 20% industriale….
    Se va bene al mio vicino va meglio anche a me, se va male al mio vicino è probabile che avrò più difficoltà…

  15. …..ma non sarà che hai ”un vicino …industriale”? (”un colui che immette” 1milione di pezzi e passa .. in gdo) 🙂

  16. C’è l’ho, ma se c’è una cosa alla quale credo nella filiera vino, è la necessità di lavorare insieme sul territorio, e so per esperienza (Ass.Viticoltori di Castellina in Chianti) che non è mai vinta….
    Ma davvero se tuo vicino vende meglio, venderai meglio anche te, se il tuo vicino è famoso aiuterà anche te….
    La storia locale sembra che costringa a mettersi in contrasto per principio su tutto, e non trovare punti di convergenza, o compromessi soddisfacenti, "o fai come dico io o sei uno stronzo".
    E rimango dell’avviso che uno dei problemi della nostra denominazione è il "non uso" delle possibilità democratiche quando ci sono le assemblee…

  17. Io e Noi. Individualmente siamo tutti collegati in un "insieme". Se riesce a passare la questione che ogni vignaiolo è un "uno", ma sempre parte di un sistema, se si riesce a far passare che occorre confrontarsi senza denigrare i vignaioli accanto o l’industriale vicino, se si riesce a far sistema, il vino potrà tornare ad una situazione sostenibile. Se fallisce questo, ognuno per conto suo, allora saranno dolori.

  18. Hai perfettamente raggione Paolo, io insisto sul sentirsi parte del gruppo (mi bruccia) ma nel gruppo metto anche l’industriali, perchè sentirsi "uno" credo non sia difficile per nessuno…
    Una visione di insieme vignaioli ed industriali va costruita insieme lo sforzo va fatto da[u] tutte due le parti[/u] per "capire" e "valorizzare" l’apporto di tutti e due le componeneti, sulla denominazione e il suo mercato. Magari anche con le proposte di galetti diversi, ma senza idea di contraposizione ma piutosto di sinergia. Per schematizzare credo che i "grossi" hanno bisogno dei piccoli per mantenere su un immagine, i "piccoli" hanno bisogno dei "grossi" per aprire certi mercati e smaltire certi vini.

  19. …x assurdo e tanto x sognare ..ma se ci fossero solo piccoli e medi produttori nel CC..e magari un po’ meno vigne o comunque” un limite d’impianto aziendale”che rispetti una percentuale max di superficie coltivabile aziendale cosa accadrebbe ? il territorio ne trarrebbe vantaggio..e sarebbe a misura d’uomo, si lavorerebbe tutti meno ..il vino non basterebbe e forse x la solita legge di mercato ..costerebbe di più…e quello”da smaltire ” ..sarebbe meno e consumato presto…..lo dico tanto per sognare..non vi preoccupate ..(preoccupiamoci magari come smaltire tutto questo vino da vigne che ci hanno”incentivato a piantare”!!)

  20. hai ragione..”nessun fucile puntato”… solo cattive idee di amministratori di soldi pubblici ,portate avanti da ” loro emissari che mettevano l’esca” x ”agricoltori e pseudo agricoltori accecati dal luccichio”…( tra i tanti..c’ero anche io! )

  21. ….ricordo però con grade soddisfazione che ancor oggi mi sento orgoglioso ,pur nella irrisoria importanza..che ”ho piantato largo”…ho un sesto d’impianto ”vecchia maniera”..poco” intensivo”…che soddisfazione..essermi ribellato a quella forzatura dettata dalla moda.. e dal brontolio” degli emissari” a me piace ”spazio nel vigneto.”..specie quando colgo l’uva. .

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