“Vita contadina e diritti economico-sociali: noia e riflessioni in un villaggio agricolo”.

Ricevo e pubblico volentieri:
“Un testo che descrive la vita contadina delle origini e rappresenta la tenace resistenza del contadino contemporaneo di fronte ad un sistema politico e economico in continuo mutamento.”


“Vita contadina e diritti economico-sociali: noia e riflessioni in un villaggio agricolo”. Si intitola così la prima opera del Dottor Paolo Junior Mancini, edita dalla casa editrice spezzina “Il Filo di Arianna”.
L’opera nasce come un romanzo ambientato in un villaggio agricolo del Sud Italia avente come protagonisti i contadini dediti al duro lavoro dei campi agricoli. Essa descrive e valorizza la vita agreste delle origini ponendo l’attenzione sulle tecniche tradizionali con i quali i nostri avi coltivavano la terra per poi trasformarsi in un saggio andando ad analizzare come e perché l’agricoltura italiana sia oggi in crisi ed esaminando qual è stata la reazione dei contadini di fronte ad un sistema politico ed economico costantemente in evoluzione.
La questione rurale sta scaldando i cuori degli agricoltori italiani in protesta sul territorio nazionale e non è mai stata così attuale. Si tratta di un argomento che ha affascinato il giurista Mancini tanto da spingerlo a dedicarsi ad un testo riguardante la vita dei lavoratori della terra.
Il libro è in vendita sul territorio nazionale ma è anche disponibile online su Amazon. Ulteriori siti internet ove è possibile acquistarlo sono: Mondadori Store, Feltrinelli, Libraccio, eBay, Ibs.it, Unilibro, Libreria Universitaria, oltre al sito internet della casa editrice Il Filo di Arianna (https://www.ilfilodiariannaedizioni.eu).


Riflessione, prima di Slow Wine Fair

da oltre quarant’anni sento dire che il mondo del vino è in trasformazione e che occorre cambiare le tattiche di vendita, occorre svoltare e affidarsi a quello o quell’altro esperto in materia.

Per quanto mi riguarda, sono stato tra i primi a investire in comunicazione telematica e accoglienza (I Wine Experience a pagamento vanno forte!), e devo dire che i risultati positivi sono abbastanza evidenti. E’ chiaro che i prezzi dei vini sono conseguenza dei costi di produzione, dei costi degli investimenti, dei costi di gestione, e dei costi di marketing (fiere ed eventi nazionali e internazionali, concorsi sempre più pressanti, costosi e numerosi malauguratamente…. ).

Forse però qualcuno si dimentica che il vino è frutto dell’agricoltura nei territori e che la “qualità” si fa in vigna, lavorando sodo anche in situazioni estreme, mentre una folla di opinionisti e operatori di marketing si affannano a ritagliarsi un’attività remunerativa. Queste persone cominciano ad avere troppa rilevanza e assorbono troppe risorse, oltre a creare una certa confusione a causa delle markette. Forse qualcuno non capisce che è più importante investire in manodopera e il loro benessere, sul ricambio generazionale, sul territorio e su tutta la linea di produzione, piuttosto che nel marketing generalista. A mio parere, i profitti migliori  avvengono quando si organizzano eventi mirati, pratici, reali, con gli operatori, con i turisti, con chi deve convincere a comprare e non (troppo) generalisti dove ci sono sempre le solite facce e i soliti ubriaconi, che non portano a casa  nulla o poco di reale.

In Italia abbiamo 50.00 produttori di vino e quasi 1000 vitigni, significa che ogni pezzo d’Italia ha quei vini li, con quei cibi lì, con quelle persone lì, con quelle storie lì, con quei paesaggi lì, e questa è una risorsa e un valore aggiunto infinito. Non vorrei che passasse l’idea che le aziende sono troppo piccole per affrontare la globalizzazione e che non sono competitive. La realtà invece è che il merito delle piccole realtà è la grande flessibilità, la grande diversificazione, la grande valorizzazione dei territori che sono unici in Italia. La vitivinicoltura è l’ultima agricoltura non completamente in mano all’agroindustria, e questo deve rimanere così, altrimenti la concorrenza globale schiaccerà le produzioni di nicchia che fanno grande l’Italia in questo settore.

Probabilmente il racconto sul vino deve cambiare, sottolineando come il vino può essere un alimento che favorisce felicità e salubrità, poiché oltre alla molecola alcool ci sono tantissime molecole che influenzano la mente e il corpo (sì in quantità omeopatica, ma reali ed esistenti a differenza di tutte le altre bevande alcooliche) e che il vino è e deve rappresentare lo specchio dei territori. Dunque se all’origine abbiamo un’agricoltura non intensiva, biologica e culturalmente legata ai territori, se proponiamo il buono, pulito e giusto (alla Slow Food), la crisi non ci sarà o sarà solo per chi opera senza amore.

Il mondo del vino autoreferenziale

Il vino è ormai diventato un prodotto di moda, come la moda. Nato semplicemente come alimento e gioia del vivere, oggi rappresenta spesso uno Status, un modo di esssere.


Il marchio, il design, il packaging, l’etichetta e lo “Storytelling” sono la base per vendere la bottiglia di vino, molto oltre del vino in sè. In pratica si segue e si investe più nel marketing che non nella vigna, perchè tanto è più importante l’apparire che il contenuto. Inoltre, le produzioni intensive e industriali che nulla hanno a che fare con la qualità e la salubrità, sono i metodi per la maggior parte dei vini prodotti.

Il valore degli operai, dei veri vignaioli, insomma di chi si relazione in qualsiasi condizione estrema con l’essere vivente “vitis-vinifera” è spesso sottovalutato, sottostimato e spesso sottopagato.


Negli eleganti eventi, nelle riviste patinate e nelle fiere, sono tutti in giacca e cravatta, sorriddenti e attraenti, con le scarpe lucide e in cerca di lucro o bevute di lusso tra giudizi e prediche e punteggi, dimenticando l’origine di tutto, di chi deve lavorare sotto i 43 gradi all’ombra, al gelo, al fango o con le viti sempre bagnate (come questa annata 2023).

Il vino -Bio (Naturale) Vs l’IA (Intelligenza Artificiale)

In questi giorni c’è il dibattito sui rischi che l’intelligenza Artificiale può o potrà condizionare l’umano agire.
L’IA è l’antipodo di chi vive e cerca di produrre cibo in modo “naturale”, bio o bio-dinamico.

Chi lavora per sviluppare l’IA o chi la usa, non ha alcuna connessione con la Natura. Chi lavora in agricoltura in modo naturale, cerca di assecondare la Natura.
La prima è una visione tecnica o tecnicistica della vita e delle relazioni tra le vite che popolano il Pianeta, la seconda ha una visione più esoterica, poetica, dove l’amore è il sentimento animale e vegetale che caratterizza la vita sul Pianeta.


Questa breve personale riflessione mi fa concludere che l’umanità più occidentale sta percorrendo un percorso dove le macchine potranno sostituire in tante funzioni la vita dell’uomo con molti rischi.
Spero però che in contrapposizione rimarranno umani che operino con l’amore e il rispetto tra gli esseri viventi. Dunque mi auguro che tra l’agire umano le produzioni di cibi “naturali” (e di vino), espressioni dei sentimenti più che dei numeri, conduca l’umanità ad una maggior felicità.

Il mio obbiettivo? Vigne di oltre cento anni

Nonostante abbia un’età abbastanza avanzata, la mia mente come la mente di molti agricoltori vitivinicoli è costantemente proiettata verso il futuro. Ragioniamo sempre in termini di tempo molto lunghi. Quel che facciamo oggi potremo ritrovarlo dopo decenni.

Questa sorta di outlook significa che noi pensiamo come se la nostra vita sia infinita, pensiamo come se tutto proseguirà secondo i piani. Naturalmente è come una malattia professionale, ma meno dannosa.

Il mio obbiettivo è che le vigne che ho piantato, cresciuto e mantenute come si manterrebbe un giardino arrivino centenarie ai posteri.

I motivi vanno al di là dell’affetto, in quanto non potrò constatare se questo desiderio si avveri.

Ma esiste anche una ragione ambientale. Sapete quanta energia, emissioni di Co2 occorre per sostituire un vigneto obsoleto e costruirne uno nuovo? un’esagerazione. Poter investire annualmente nella cura degli impianti, nella manutenzione annuale ricambiando le viti malate o danneggiate o morte a causa dei trattori e così via, permetterebbe un allungamento smisurato della vita di un vigneto. Certo si tratta di vigneti dove la parola Slow è al centro della concezione, dove le viti non devono essere super sfruttate, dove una visione (anche visionaria, si!) di coltivazione per nulla intensiva sia al centro del progetto.

Ecco, questo sarebbe quanto di più posso desiderare se potessi vedere da lassù in cielo

Cambiamenti Climatici: cosa sta cambiando in viticoltura e vinificazione

Le opinioni sui provvedimenti per la lotta contro i cambiamenti climatici in viti-vino-coltura sono numerosi.

I miei consigli in proposito:
– ritorno a impianti con un numero di ceppi per ettaro inferiore rispetto a quanto recentemente suggerito da molti agronomi. Questo permette alle viti di avere un portamento più alto con conseguente ombreggiamento dei suoli, una maggior disposizione idrica e meno concorrenza idrica tra viti.
– Ritorno a cloni tardivi. Questo permetterà di vendemmiare nei tempi più equilibrati recuperando maturità che si perde anticipando le vendemmie.
– Ritorno a sistemi di potature che assicurino produzioni un poco più alte per ceppo, in modo da limitare la concentrazione
– Interventi agronomici che migliorino il trattenimento nei suoli dell’umidità e degli eventuali temporali, come basso inerbimento e piccole lavorazioni sulla fila.

Altre considerazioni:
Non credo che l’irrigazione possa risolvere adeguatamente il problema, in quanto se mal effettuata può addirittura, in viticoltura, produrre effetti negativi sulla qualità dell’uva. La pianta infatti “sente” una disarmonia tra condizioni atmosferiche e disponibilità idrica indotta artificialmente. Naturalmente questa considerazione si riferisce non tanto a produzioni intensive, ma ai territori di qualità dove il territorio, appunto, fa la differenza.

Il ricorso in cantina di correzioni come la reidratazione o l’aggiunta massiccia di acidi per ovviare a uve disidratate, ricche di zuccheri, povere di acidità e alti PH può essere valida nelle produzioni intensive ma non, di nuovo, ai territori di qualità.

Infine nel caso specifico del territorio del Chianti Classico, auspico la possibilità di reintrodurre una piccola percentuale di uve bianche come il Trebbiano e la Malvasia, come del resto prevedeva Betino Ricasoli l’inventore di questo vino, per recuperare in modo naturale freschezza e bevibilità.

I prezzi dei vini: un consiglio

In Italia e in tutto il mondo i prezzi dell’energia e delle materie prime oltre ai numerosi aumenti causati dall’inflazione, stanno arrivando al consumatore finale.

Siamo dunque in un momento di instabilità dei prezzi che mi auguro finisca al più presto, ma che oggi potrebbe rivelarsi un’opportunità.


E’ noto infatti che la maggior parte dei listini dei produttori nel corso del 2023 siano aumentati. Questi aumenti non sono stati rilevati sopratutto nei siti di vendita on-line: chi ha acquistato vino negli anni, diciamo così del Covid, vende oggi a prezzi in linea con quegli anni.
Dunque con un po di abilità potrebbe essere possibile acquistare vini a prezzi davvero convenienti.
😉

La concorrenza tra i Concorsi di Vino

Il mondo del vino è pieno di concorsi nazionali e internazionali, che con prezzi più o meno alti per la partecipazione, si garantiscono la loro esistenza.

Un semplice calcolo: se un concorso riceve 1000 adesioni a 300 euro per vino, l’organizzazione potrà disporre di 300,000 euro (supponendo la partecipazione di un solo vino ad azienda!).

Medaglie d’Oro, d’Argento o di Bronzo sotto forma di bollini e di diplomi, sono gli ambiti premi che ogni produttore cerca, per convincere i mercati all’acquisto dei propri vini.

A proposito di questo fenomeno, per curiosità, riporto una proposta proprio oggi ricevuta per un Concorso Internazionale (A****** Wines Awards 2023), dove si invoglia alla partecipazione con il pagamento solo dopo il risultato. In buona sostanza non è richiesto pagamento se non ci fossero come minimo medaglie d’Oro o d’Argento.
La concorrenza dei Concorsi si fa agguerrita…

Trattoristi cercasi

Non so se la situazione è simile in ogni dove, certo è che a Radda in Chianti mancano i trattoristi. ma non solo loro. Addirittura c’è chi “ruba” gli operai agli altri, per mancanza di manodopera. Certo che vivere a Radda in Chianti non è facile: bello il posto in vacanza, ma caro arrapanato e senza servizi di alcun genere per chi ci vive.

Occorre un’auto di propietà, perchè per spostarsi i bus non esistono (qualche rara corsa per Firenze o Siena), gli affitti delle case sono alti a causa dell’offerta verso gli stranieri che assicurano prezzi più alti, senza parlare dei negozi di alimentari, anche la Coop, con prezzi molto superiori alla media delle città.


Inoltre i Raddesi non fanno figlioli, l’immigrazione da Paesi extra europei si è da tempo fermata, addirittura molti extracomunitari residenti hanno lasciato Radda per raggiungere luoghi con più servizi, come la Germania. La popolazione locale sta progressivamente diminuendo; a fronte di diverse aperture di ristoranti e accoglienze turistiche, anche loro, hanno difficoltà di reperimento di manodopera sia perchè il lavoro è stagionale, sia per i motivi sopra accennati.


La formazione dei trattoristi è inoltre difficoltosa, perchè l’incombenza e i rischi sono del datore di lavoro ma sopratutto perchè chi ci prova non ha “orecchio” col motore, non ha nessuna preparazione della fisica (intendo un minimo di conoscenza scolastica di massa, baricentro, pendenze, contropendenze, gravità, valutazione delle tempistiche, ecc) e della meccanica (oltretutto i nuovi trattori 4.0 sono ormai irriparabili senza essere ingegneri informatici…). In pratica non c’è più nessuno che “nasce” sul trattore e gli arrosti e i danni ai trattori e alle macchine relative sono numerosissimi (l’unico meccanico di Radda Dicet), ma anche arrosti e danni nei vigneti…. e con questo chiudo l’esternazione perchè altrimenti sono troppo brontolone.

La geografia dei migliori vigneti è cambiata

Potremo risalire al 2003, annata particolarmente calda con temperature di 43 gradi per un paio di mesi e oltre, l’inizio evidente del processo in corso. Da allora sempre più frequenti annate si succedono con ondate di calore, ma soprattutto l’innalzamento della temperatura media ha modificato la geografia delle migliori vigne.
Qui in Chianti fino alla fine del millennio le migliori esposizioni erano nelle zone sud, dove il sangiovese si esprimeva meglio in quanto vitigno tardivo, per cui le maturazioni erano ottimali. Ritengo anche che la zona di Montalcino, a Sud di Siena, zona molto più calda del Chianti sia stata baciata da quel clima che permetteva di esprimere annate memorabili in finezza, eleganza e equilibrio. Non dico che oggi in quella zona non ci siano vini anche oggi altrettanto fini, ma dico che sicuramente gli interventi in cantina sono molto più necessari rispetto al passato a causa dei cambiamenti climatici.
Dunque la geografia delle migliori vigne è cambiata radicalmente, come anche la visione delle conduzioni agronomiche, come la resa per vite che, quando troppo scarsa, produce vini molto alcolici e con concentrazioni che valevano negli anni duemila ma che oggi fanno fatica a imporsi.
Quando si voleva fare vini concentrati e opulenti nelle zone più fresche era un’impresa, oggi che si vuol fare vini eterei, fini e freschi è più semplice in quei vigneti.
Forse qualcuno si arrabbierà per quel che dico, ma chi non si è accorto che le grandi calure penalizzano una parte considerevole del vigneto Italia e che la geografia dei migliori vigneti è cambiata?