L’agricoltura in Italia è considerata meno della merda. Nessun progetto, nessuna programmazione, tutto è affidato al caso. La burocrazia soffoca gli agricoltori. Tante chicchiere, quelle si, ma solo chiacchiere per il vento. In Italia non serve produrre, gli alimenti arrivano per gran parte da altre Nazioni, c’è più profitto, è sicuro il prezzo minimo di acquisto e il prezzo massimo vendibile senza sporcarsi le mani. L’agricoltura italiana è un hobby. L’agroindustria è “foraggiata” delle industrie farmaceutiche…
Caro Paolo, hai pienamente ragione. Ho però un moto di ottimismo. Credo che le cose stiano cambiando, dal basso. E noi daremo una mano per cambiarle, dal basso. Per noi intendo produttori etici e concreti come te + consumatori appassionati come tanti nostri amici.
Davide, sono parole molto confortanti le tue. La questione della crisi dell’agricoltura però, al di là di alcune eccezioni, è fondamentale in una società complessa come la nostra. I nostri politici ma anche i nostri giornalisti, non affrontano i problemi agricoli: li scansano.
La confindustria, i loro problemi economici, la Marcegaglia, sono sempre in primo piano nelle agende dei partiti e nelle televisioni, loro sono importanti…; l’agricoltura è vista come un qualcosa di marginale, di folkloristico, non fa notizia nè fa avere voti.
Io penso invece che l’agricoltura deve ritornare ad avere una sua dignità per il futuro degli Italiani. Produrre i pomodori, l’insalata, la frutta, le melanzane, l’uva, il miele, ecc. deve ritornare nell’immaginario collettivo un valore e una risorsa indispensabile in una nazione moderna.
In Giappone, Paese industrializzato come aspira l’Italia, i contadini non solo sono protetti, ma hanno una alta considerazione da parte di tutti, popolo e politici. Ma anche in Austria, in Germania, ovunque. In Italia no.
ciao paolo,
credo che da parte di molti contadini in italia ci sia consapevolezza, il vero problema è che non si riesce a mettere insieme le forze.
non concordo su quel che dici che l’agricoltura è considerata meno d…ella merda, al contrario. da almeno un secolo è in atto un processo di incatenamento dei contadini e mi sembra che la cosa sia riuscita quasi in pieno. mentre prima il contadino era padrone dei propri mezzi di sussistenza e dei propri saperi, oggi dipende dagli "scienziati", dall’industria chimica e dall’industria meccanica. sopravvivono quei contadini che non sono più contadini ma imprenditori agricoli che producono nel rispetto delle regole dell’industria alimentare, che lavorano per essa. gli altri, quelli che vogliono mantenere un rapporto differente con la terra e con le persone devono procedere con bastoni tra le ruote.
ti invito a leggere un pezzo scritto da andrea zanfei su sorgentedelvino.it, mi sembra che le sue riflessioni siano molto interessanti, non saprei dirle meglio…
http://www.sorgentedelvino.it/articoli/il-marchio-che-non-c-e—-riflessioni-sulle.htm
a presto,
barbara
Barbara, il tuo contributo è davvero interessante. La proposta di Andrea Zanfei anche. Penso che la diffusione di queste opinioni sull’agricoltura devono essere divulgate in tutti i modi possibili per cominciare ad avere risultati. L’opinione pubblica può fare la differenza.
🙂