Lo spunto mi viene dal recente caso degli aromi taroccati del Souvignon nella regione Friuli Venzia Giulia, dove pare che qualche produttore si sia infilato nei guai utilizzando prodotti non consentiti (qualcuno afferma innovativi), non dannosi per l’uomo, ma non consentiti dal disciplinare. Mi ricorda molto il caso di alcuni anni fa del Brunello dove alcuni utilizzavano alcune uve non consentite nel disciplinare perchè, alla fine, era lo stesso mercato che richiedeva ciò.
Premesso che io penso, per principio, che modificare artificialmente la naturalezza del vino non sia buona cosa, ma comprendendo come il mercato condizioni certe scelte; premesso che non comprendo affatto coloro che esaltano forzature degustative che nulla hanno a che vedere con l’essenza del vino, cioè dell’alimento, ritengo che noi Italiani siamo un poco coglioni.
Il buon senso infatti dice che essendo le Doc composte da produttori che perseguitano gli stessi interessi, le eventuali problematiche debbano essere per lo meno rivolte al direttore della Doc per poi decidere eventuali azioni. Il senso di squadra deve prevalere, l’ordine sparso non porta a nulla, anzi porta solo a incomprensioni e distorsioni mediatiche che fanno la fortuna di pochi ma creano la disgrazia di tanti.
Nel caso Souvignon come in quello del Brunello, mi sorprende molto come gli stessi esperti degustatori, o per lo meno coloro che si ritengono tali, che poi sono coloro che orientano il mercato, si faccino abbindolare nella rincorsa al gusto dell’ “‘o famo strano”.
Se si volesse fare paragoni con gli esseri umani, io preferisco una donna vestita al mercato e che nuda mi dia emozioni, che una donna vestita da uno stilista ma che nuda di emozioni ne da davvero poche. Sembra però che il mondo giri nel senso opposto. Chi mi vuol capire capisca.