E’ tutto un gran mer…cato

grandineacaparsa

E’ tutto un marketing.  Al Giro d’Italia di domenica 15 maggio qui a Radda in Chianti ho visto carovane di camion carichi di pubblicità da smontare e rimontare ogni giorno, ho visto persone speranzose, solo quello poi, che una televisione si soffermasse sulla propria insegna. Nel mio mondo del vino le Guide dei vini offrono continuamente proposte pubblicitarie per il (loro) marketing, altre persone “addette ai lavori” pretendono che dedichi il mio tempo a loro, io che mi sembra di non aver più tempo per me, per la mia famiglia, per il mio lavoro che mi piace fare ossia in vigna e cantina.

Marketing, marketing e poi marketing. Sui siti in Internet è una continua pubblicità, devi stare attento a cliccare perché altrimenti ti appare la pubblicità dell’auto, della banca o del cazzo ritto. Come una folla con i depliant in mano che ti rincorre dietro, e te che cerchi si sguizzar via, di scappare cercando una via di fuga introvabile.

I social anche, devi avere mille accortezze per non farti entrare in dinamiche perverse dove sempre è la pubblicità che cerca di sopraffarti.

Insomma, quell’articolo  su Huffington Post “Il girono in cui ho smesso di dire sbrigati” è solo una parte di quanto c’è a giro. E nessuno, io compreso, ne è immune. La Natura con la recente grandinata forse mi sta sussurrando: chi te lo fa fare di correre così? Ma … Come rallentare?

Le differenze sono nei vini, oppure no?

Pare che lo sforzo di argomentazione per convincere i possibili acquirenti del vino siano molto fantasiosi, per tutti.

A parte l’ultima trovata del Consorzio Chianti Classico il quale nella pubblicità mostra solo le gambe di una ragazza (Sic!), molti produttori usano e tentano o hanno tentato strade e argomenti tra i più svariati, alcuni legittimi e seri, alcuni strani o dettate da mode passeggere. Provo ad elencarne qualcuno: densità extra-large nei vigneti, vigneti bassi, vigneti tondi, cloni super-autoctoni, cloni antichi, vini veri, vini bio-dinamici e bio-logici, vini artigianali, naturali, vini non filtrati, vini col brettanomiceto, musica nei vigneti, musica in cantina, maturazioni in barriques, legno in un modo, legno in un altro, in botte grande, o solo in vasche di cemento, in forma ovale, oppure anfore, macerazioni super-extra lunghe, solo con l’uso delle mani, vini col sedimento, uve iper-selezionate, tappi di sughero super-extra lunghi, bottiglie super-extra pesanti, rivestimenti di pergamena delle bottiglie, diamanti sulle bottiglie… insomma una miriade si argomentazioni per cercare di differenziarsi.

Ma alla fine è il vino che deve fare la differenza… oppure no?

 

I guru del vino consigliano

Gli esperti ci dicono che occorre smettere di investire in beni strumentali, vigna, cantina, ecc. e di occuparsi del commerciale.

Vale a dire: non serve più fare gli agricoltori, occorre attrezzarsi e cambiare, lasciare la famiglia, il lavoro sul trattore, in cantina, comprare una valigetta e andare in giro in Italia e nel mondo, a vendere il vino.

Non serve più investire molto nella produzione di qualità, occorre impegnarsi nella vendita. Quando si parla che in una bottiglia di vino il consumatore paga solo circa il 15% il valore del prodotto, mentre il resto, l’85% va in marketing, quest’ultima percentuale deve ulteriormente aumentare.

Non so che dire, mi sembra tutto un casino, è come se gli agricoltori diventassero solo estetisti del paesaggio, da fotografare per una cartolina da inviare chissà dove.