Si parla di cambiare il mondo, si parla del bio e del bio dinamico come sistema pulito e come stimolo a cambiamenti virtuosi per l’ambiente e l’economia verde.
E allora mi domando come il potente Vinitaly possa essere tramite di questi concetti, con Il suo Vivit (vigne vignaioli terroir), ma sopratutto chi con la partecipazione avvalla un sistema che si basa solo sul profitto, lecito per carità, ma sopratutto un sistema contrario a tutte le logiche del naturale: il traffico, i parcheggi, la grandezza abnorme della fiera dove migliaia di aziende si affollano per cercare di emergere dal magma, dove regna il valore dell’apparire, la poca sostanza, dove si ostenta giacca e cravatta e ragazze più o meno provocanti esibite a volte come statuine, insomma un’immagine che rappresenta in pieno gli ultimi venti anni dell’Italia. Vivit, un mondo a parte qualcuno potrebbe dire, ma per me un recinto che fa guadagnare chi vive di discorsi. Chi predica km 0, chi predica la naturalità o qualsiasi altro termine simile, siamo sicuri che la fiera di Verona sia il luogo adatto per questi argomenti? Non sarebbe meglio per diffondere i concetti di naturalità scegliere i luoghi dove si lavora, in vigna e in cantina, o eventi locali, di Paese, o manifestazioni più piccole, rassicuranti, meno inquietanti?
Non vorrei che qualcuno si offendesse per questo post, spero solo che si apra un dibattito pacifico.
Ciao Paolo, tocchi un punto complicato, senza entrare nello specifico di vivit e delle condizioni richieste per partecipare, che sembrano già fare abbastanza parlare…
Chi fa vino biologico è comunque sul mercato e deve vivere, dunque vendere per cui confrontarsi con i templi del mercato.
L’attività agricola se non è hobbistica, si deve scontrare comunque con il mercato.
Certo ci sono produzioni che possono essere vendute a km 0 e farti vivere, penso agli ortaggi forse in qualche misura certi formaggi, SE VIVI abbastanza VICINO ad una grande città… se no la ricerca di mercato è necessaria anche per queste produzioni.
Ma il vino sperare di campare vendendo tutto a casa e ricevere tutti i clienti in vigna, per fare redditto ad una famiglia è un sogno un po utopico. Certo si può scegliere le cattedrali come Vinitaly o le chiesette, ma non me la sento di dare bastonate a chi va nelle grosse manifestazioni.
Quello non impedisce di coltivare anche eventi più simpatici.
Grazie Antoine del parere. Sapevo che la questione è delicata e certamente la grande fiera non deve diventare un capo espiatorio. Dobbiamo tutti confrontarci col mercato ma credo che la grande fiera cominci ad essere vecchia e stanca e quindi cerca nel mondo del bio sbocchi e argomenti innovativi che in quel contesto comincia a crearmi qualche dubbio.
Ma i dubbi su Vinitaly, li ho anchio, in particolare per il tipo di mercato che ho (abbiamo?)
I dubbi su come comunicare i miei ideali, politici, etici, culturali ho anche questi ;o)
I dubbi sulle certificazioni etiche, non ne ho, trovo siano una stronzata enorme, vergognosa, schiffosa!
Resto convinto che i controlli sul bio, sono una buona cosa invece, che però certificano solo un lavoro ambientale e non una qualità di prodotto, e vanno sostenuti per quello che sono.