Vino e finanza: boh!

Ho letto un interessante articolo apparso su Repubblica  sulle scommesse finanziarie sul vino (non so perchè ma quando si parla di scommesse mi viene in mente sempre il gioco del poker, dove si vince ma sopratutto si perde).

Per dire la verità non sono un esperto, anzi probabilmente non ho capito molto, ma forse la sostanza è questa:

C’è una corrente di pensiero nel mondo finanziario che comincia a scommettere nelle quotazioni dei fondi di investimento nel vino, come gli impianti e le reti di vendita, completamente staccata dalla produzione e dalle vigne. Si pensa in pratica che si può fare soldi con le azioni che investono in questo tipo di attività.

Nello stesso articolo si sottolinea come i nostri produttori siano agli antipodi rispetto ai produttori americani, sud africani o cinesi: siamo tanti, piccoli, legati alla vigna, alla terra, seguiamo logiche di rendita poco moderne e immobilizziamo grossi capitali.

E’ come dire che molti di noi produttori italiani non sappiamo fare finanza per cui, in parole povere, siamo “troppo contadini”, e i contadini è risaputo tendono a conservare, come le formiche non come le cicale.

A mio parere ci si dimentica però che “finanza” è spesso sinonimo di speculazione o di ricchezze che si basano sulla carta, tanta carta riservata a pochi completamente slegata dalle vere realtà produttive: è spesso un cancro del mondo contemporaneo.

Dunque, a mio avviso la fortuna del vino italiano può dipendere proprio dal fatto che siamo diversi da tutto il mondo: conserviamo ancora (non so per quanto) il senso della terra, del buon vino e del buon cibo. Che qualcuno ne renda merito.

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