Ottima espressione, colta qua e là, per descrivere alcuni miei vini Chianti Classico. L’eccesso, che ha contraddistinto alcune annate dei miei vini ha origine da diverse ragioni che non giudico, ma che cercherò di spiegare.
Spiegare i vini e il proprio operato in trasparenza è sempre utile. Ognuno potrà dare giudizi, ma l’importante non è nascondersi o aver paura o non saper accettare le critiche quali che siano. Mai peccare di presunzione, a mio avviso.
Provo quindi a spiegare qualcosa:
– L’origine. La natura del Sangiovese piantato nelle vigne negli anni 60 era molto rustico. Ho continuato a coltivare quelle vigne fino al 1999, anno in cui ho cominciato gradualmente le estirpazioni reimpiantando cloni selezionati (Chianti Classico 2000) e che ormai hanno sostituito tutti i vecchi impianti. All’epoca quei cloni così rustici avevano un senso in quanto il Sangiovese nel Chianti si poteva vinificare insieme a due vitigni a bacca bianca: il Trebbiano e la Malvasia che “diluivano” quei tannini così spesso oltremodo presenti nell’uva di Sangiovese.
– La macerazione, che avveniva con pompe troppo veloci, estraendo a volte in eccesso.
– le condizioni orografiche e climatiche di Caparsa, situata in zona Nord-Est di Radda in Chianti che impedivano maturazioni perfette in annate particolari, aiutate dai cinghiali che di notte “sceglievano” le uve migliori (oggi le vigne sono protette da recinzioni e recinzioni elettriche). Negli ultimi anni la zona, condizionata dai cambiamenti climatici e in particolare dall’aumento della temperatura media, si è ormai allineata su standard di maturazione fonologica radicalmente più elevata che nel passato.
– I quattrini, che hanno condizionato alcune scelte. Ho sempre usato risorse provenienti dalla mia attività di contadino e non ho mai avuto entrate o appoggi esterni. Dunque, senza mai fare il passo più lungo della gamba (tipico della cultura contadina… l’opposto della cultura della finanza).
– I Periodi Storici. I fusti piccoli hanno condizionato per almeno un decennio i vini del Chianti ed anche me. “Seccavano” oltremodo i vini. Per fortuna le barriques sono in fortissima decadenza nel Chianti ed anche io, oggi, ormai uso solo botti di grande capacità (a Caparsa da 10 o 18 Hl per la maturazione del Sangiovese).
– La mia indole, che solo negli ultimi anni si stà parzialmente ammorbidendo.
– Il percorso dell’esperienza, cioè il cammino che una persona vive nell’intreccio delle relazioni affettive e delle esperienze, che si riflettono particolarmente nelle capacità lavorative sopratutto dei vignaioli e più in generale di tutti gli uomini.
In conclusione… io ci metto tutto il mio cuore e se qualcuno mi critica… è il benvenuto!
Caro Paolo, ricorderai certamente come io lodi il tuo vino, frutto delle migliorie che hai così ben descitto, con lessico non tecnico: “non esagerato”. In effetti c’è stato un periodo in cui non solo a te veniva troppo tannico, ma il mercato lo richiedeva proprio così, innescando una rincorsa a chi uccideva di più il gusto fruttato. Le mie parole enfatizzano proprio l’esagerazione (anche del secco nei bianchi), che fortunatamente è passata di moda, restituendo indulgente lascivia alla degustazione, svalutando ogni stoica sopportazione…
Hai centrato Paolo. In agricoltura i passaggi sono piuttosto lenti, ed occorre accettarlo. A meno che non si forzi la mano.