Cambiamenti Climatici: cosa sta cambiando in viticoltura e vinificazione

Le opinioni sui provvedimenti per la lotta contro i cambiamenti climatici in viti-vino-coltura sono numerosi.

I miei consigli in proposito:
– ritorno a impianti con un numero di ceppi per ettaro inferiore rispetto a quanto recentemente suggerito da molti agronomi. Questo permette alle viti di avere un portamento più alto con conseguente ombreggiamento dei suoli, una maggior disposizione idrica e meno concorrenza idrica tra viti.
– Ritorno a cloni tardivi. Questo permetterà di vendemmiare nei tempi più equilibrati recuperando maturità che si perde anticipando le vendemmie.
– Ritorno a sistemi di potature che assicurino produzioni un poco più alte per ceppo, in modo da limitare la concentrazione
– Interventi agronomici che migliorino il trattenimento nei suoli dell’umidità e degli eventuali temporali, come basso inerbimento e piccole lavorazioni sulla fila.

Altre considerazioni:
Non credo che l’irrigazione possa risolvere adeguatamente il problema, in quanto se mal effettuata può addirittura, in viticoltura, produrre effetti negativi sulla qualità dell’uva. La pianta infatti “sente” una disarmonia tra condizioni atmosferiche e disponibilità idrica indotta artificialmente. Naturalmente questa considerazione si riferisce non tanto a produzioni intensive, ma ai territori di qualità dove il territorio, appunto, fa la differenza.

Il ricorso in cantina di correzioni come la reidratazione o l’aggiunta massiccia di acidi per ovviare a uve disidratate, ricche di zuccheri, povere di acidità e alti PH può essere valida nelle produzioni intensive ma non, di nuovo, ai territori di qualità.

Infine nel caso specifico del territorio del Chianti Classico, auspico la possibilità di reintrodurre una piccola percentuale di uve bianche come il Trebbiano e la Malvasia, come del resto prevedeva Betino Ricasoli l’inventore di questo vino, per recuperare in modo naturale freschezza e bevibilità.

La geografia dei migliori vigneti è cambiata

Potremo risalire al 2003, annata particolarmente calda con temperature di 43 gradi per un paio di mesi e oltre, l’inizio evidente del processo in corso. Da allora sempre più frequenti annate si succedono con ondate di calore, ma soprattutto l’innalzamento della temperatura media ha modificato la geografia delle migliori vigne.
Qui in Chianti fino alla fine del millennio le migliori esposizioni erano nelle zone sud, dove il sangiovese si esprimeva meglio in quanto vitigno tardivo, per cui le maturazioni erano ottimali. Ritengo anche che la zona di Montalcino, a Sud di Siena, zona molto più calda del Chianti sia stata baciata da quel clima che permetteva di esprimere annate memorabili in finezza, eleganza e equilibrio. Non dico che oggi in quella zona non ci siano vini anche oggi altrettanto fini, ma dico che sicuramente gli interventi in cantina sono molto più necessari rispetto al passato a causa dei cambiamenti climatici.
Dunque la geografia delle migliori vigne è cambiata radicalmente, come anche la visione delle conduzioni agronomiche, come la resa per vite che, quando troppo scarsa, produce vini molto alcolici e con concentrazioni che valevano negli anni duemila ma che oggi fanno fatica a imporsi.
Quando si voleva fare vini concentrati e opulenti nelle zone più fresche era un’impresa, oggi che si vuol fare vini eterei, fini e freschi è più semplice in quei vigneti.
Forse qualcuno si arrabbierà per quel che dico, ma chi non si è accorto che le grandi calure penalizzano una parte considerevole del vigneto Italia e che la geografia dei migliori vigneti è cambiata?

Radda come Montalcino di 30 anni fa

Lungi da me fare contrapposizioni o confronti astrusi è certo però, per me, che i cambiamenti climatici stiano dando una mano ai vini prodotti nelle zone più interne e fresche del territorio Chianti, in particolare a Radda in Chianti. A Radda si vendemmiava a ottobre inoltrato e nonostante questo non ovunque si raggiungevano gradazioni di alcool di 12,5° e sempre nei vigneti esposti a sud, le zone più calde e quindi con maturazioni ottimali.
Dagli inizi degli anni 2000 assistiamo a una maturazione precoce del Sangiovese e le maturazioni avvengono molto anticipatamente rispetto al passato, tanto che e la vendemmia inizia a settembre ormai sempre più regolarmente con gradazioni che superano i 13,5° superando a volte i 15°.
Questo fatto suggerisce che le condizioni climatiche in zone notoriamente più calde, come Montalcino dove il sangiovese maturava con equilibri fantastici che hanno reso famoso il Brunello di Montalcino, oggi favoriscono eccessi di alcool rispetto agli equilibri del passato. Mentre zone fresche come Radda ne beneficiano. E’ come se a Radda si facessero oggi i vini di 30 e oltre anni fa a Montalcino.
Queste mie considerazioni non devono essere intese come dire che i vini di Radda sono più buoni di quelli di Montalcino, ma devono essere intese come denuncia ai Cambiamenti Climatici, che stanno scompigliando il mondo che conosco, quello del vino

Pensierino della Notte

Riflessione di questa sera, dopo aver bevuto un paio di bicchieri di Caparsino Riserva 2010 (quando si parla di effetti psicotropici del vino….) sui cambiamenti climatici.

Bella la Natura, ma è crudele sia per motivi intrinsechi sia per cause umane. Se si analizza un arco temporale molto lungo le catastrofi naturali sono sempre avvenute e dopo sono avvenute le rinascite: vulcani o meteoriti o cambiamenti climatici fanno della Natura nel Tempo una forza in cui la vita cerca ad ogni costo di sopravvivere.
Noi umani stiamo commettendo tanti errori: con le nostre mani stiamo riuscendo in un arco di tempo molto breve a creare una condizione difficile per la nostra stessa sopravvivenza. E se un giorno la razza umana si dovesse estinguere, la Natura troverebbe le soluzioni alternative, magari in un tempo lungo, ma il tempo è relativo.
A mio avviso l’unico modo per gli umani di riuscire a sopravvivere a lungo in questa era dove i cambiamenti climatici sono a nostro sfavore sarà quello di compensare con soluzioni efficaci ciò che è stato distrutto o meglio, alterato. Saremo in grado di cambiare se si riuscisse a trovare le soluzioni compensative, come un cervello che se carente su alcuni funzioni altre parti compensano l’handicap.
Un grido di speranza?

La madre di tutte le battaglie: la lotta ai cambiamenti climatici

La Cia, Confederazione agricoltori Italiani ha fatto ieri un caraggioso titolo per il suo giornale: “La Toscana a secco” http://www.ciatoscana.eu/home/estate-a-secco/ (La foto è ripresa da facebook)

La mia riflessione riguarda tutta quella popolazione, più povera, che non si rende conto del dramma dei cambiamenti climatici che condiziona pesantemente le produzioni agricole, soprattutto artigianali.

L’abitudine di acquistare i generi alimentari al supermercato senza quel sano rapporto diretto con i produttori di cibo, ha provocato uno scollamento con la realtà. La realtà  supera di molto la fantasia e le industrie agroalimentari cavalcano il fenomeno dei cambiamenti climatici facendo apparire che tutto sia sempre uguale e a portata di mano.

Un recente articolo apparso su intravino.com che riguarda la produzione e la trasformazione della pigna di agave per la produzione di tequila, fotografa la situazione internazionale di un singolo prodotto agricolo ma che può essere replicata per qualsiasi altro prodotto alimentare http://www.intravino.com/primo-piano/tequila-e-sai-cosa-bevi-o-forse-no-intravino-indaga/

Oggi l’industria (e il capitale che rappresenta) produce in qualsiasi modo quello che la natura non riesce più a produrre: il cibo, spesso spacciato per espressioni tradizionali delle culture popolari.

Le masse si adeguano, oggi quasi inconsapevolmente, poiché non hanno i soldi per permettersi la qualità  e/o per la difficoltà  di reperire le produzioni tradizionali e culturali causa scarsità  di produzione.

I cambiamenti climatici possono rappresentare una vera e propria occasione per le industrie agroalimentari e il capitale di dominare i piccoli artigiani di cibo che non riescono più a produrre nel modo che sempre hanno conosciuto (vedi le ragioni delle recenti nuove politiche poco ambientaliste di Trump negli USA).

Le domande che mi faccio sono: i cambiamenti climatici sono dunque una ghiotta occasione per l’industria? La lotta ai cambiamenti climatici sono la madre di tutte le battaglie dei Millennials?

Credo che si, il futuro del Pianeta Terra dipenderà  dalle scelte future delle popolazioni più povere che con i suoi grandi numeri condizionano le politiche economiche ed ambientali.

I cambiamenti climatici mi fanno paura

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Noi agricoltori siamo abituati a scrutare il cielo col naso in su. A volte vediamo la luna, a volte assistiamo alla distruzione dei raccolti per grandine o vento o assistiamo impotenti a conseguenze disastrose per le culture.
I cambiamenti climatici stanno ormai condizionando la produzione di cibo. Non voglio parlare delle responsabilità, chi dice che sia opera dell’uomo chi della Natura, ma è innegabile che la temperatura media si è alzata.
Questo comporta numerose conseguenze, per cui ad esempio in vigna la pianta produce più zuccheri nell’uva ma perde finezza il vino, oppure è più facilmente attaccata dalle muffe e dai marciumi, oppure gli insetti che non muoiono d’inverno diventano più numerosi. In Olivicoltura, nel Chianti alto, fino a solo 3 anni fa non esisteva la mosca olearia: si fermava a San Casciano Val di Pesa.
Questa premessa mi serve per dire che la produzione di cibo, quello locale, quello artigianale, quello italiano, come noi l’abbiamo vissuto fino ad oggi, stia radicalmente cambiando con costi sempre più alti.
Ho paura che la conseguenza più immediata sarà che il cibo “buono” costerà sempre di più per le difficoltà e per le minor quantità disponibili, ma anche le differenze sociali aumenteranno conseguentemente e con esse le tensioni sociali.