Ci sono tanti modi di fare il vino: chi ricorre ai consigli dell’enologo, chi si affida alle tradizioni, chi ci mette solo l’impegno, chi opera in solitario, chi si affida all’esperienza, chi agli studi, chi lo fa per affari. Ma alla base di tutto è la passione, che va al di là dei responsi delle guide, del business o dei risultati economici.
Alcuni si limitano a comprare uva per fare il vino, altri affittano un filare per fare il vino, altri costruiscono vigne per fare il vino, altri comprano le vigne per fare il vino, molti fanno il vino come secondo lavoro.
Ma perché, qual’è il motivo per cui molti si fanno il mazzo per fare il vino? (In Italia pare che 400.000 siano i produttori)
E’ questo forse un dono della natura che stimola la ricerca della felicità ?
In effetti penso che sia più gratificante fare il vino che giudicarlo. Il giudizio è spesso infatti condizionato dalla ricerca di un profitto, mentre produrlo tra mille difficoltà e magari consumarlo solo tra amici offre gioia autentica.
Spero tanto che in Italia il numero dei produttori aumenti e non accada il contrario.
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L’effetto psicotropo del vino
Affrontai l’argomento nel 2008 nel post dal titolo “Coca e Droga”. Affermavo che c’è una grande differrenza tra il vino e le droghe: la cultura. Inoltre il vino è l’unica “droga” che coniuga energia con sostanze essenziali per la vita (aminoacidi, vitamine, polifenoli, sostanze anti-ossidanti, ecc.) e… felicità. Se la droga “vino” è ben prodotta poi, può favorire la comunicazione e la socialità tant’è vero che fiolosofi greci e romani ne facevano largamente uso. Mentre le altre droghe hanno fondamentalmente una funzione annebbiante, il vino può avere effetti sbrinanti benefici.
Vorrei qui di nuovo riportare quello che Cristiano Castagno scrisse in risposta al mio post (con qualche piccola correzione per migliorare la leggibilità):
Una questione fondamentale
La discussione che riguarda il mondo del vino, si potrebbe trasferire nel mondo quotidiano.
Il recupero di un'identità, di una cultura, ma sopratutto di un modello di vita più soddisfacente, più lento, più rispettoso dell'ambiente e dell'uomo, dovrebbe essere una questione fondamentale. Esso
passa attraverso un cambiamento del modello di società e quindi dei comportamenti individuali.
La felicità non si raggiunge con il miraggio e l'acquisto dell'ultimo modello del telefonino, o dell'ostentazione dell'auto più grossa, ma attraverso una propria serenità che si può conquistare con forti basi culturali e se vogliamo spirituali, ma sopratutto occorre abbandonare l'idea che i beni materiali rappresentano “il massimo”.
Quando un produttore di vino "naturale" riesce con il suo comportamento, con la sua opera e il buon vino, con la sua identità, con la sua eticità a comunicare la speranza di cambiamento, questo è positivo.
Se un produttore di vino cerca il successo, vuole l'ultimo Suv, pretende di lavorare basandosi sul mero marketing e come un camaleonte cambia secondo le tendenze del mercato, questo è negativo.