Nel mondo del vino, esistono due tipi di impresa: individuale come la mia, con una contabilità semplificata, in economia, e Imprese societarie, con contabilità ordinaria e bilanci. E’ opinione diffusa che le imprese piccole e a conduzione “contadina”, non potranno reggere individualmente l’impatto della situazione di crisi economica. L’unica strada possibile è l’unione di molteplici microeconomie in imprese di grandi dimensioni, capaci di confrontarsi competitivamente con la finanza e il credito erogato dalle banche.
Io sarò romantico, indietro con i tempi, ma credo che le economie delle imprese familiari sono più realiste e affidabili delle grandi imprese. Io non sono un economista, lo era mio padre, ma nel mio piccolo mi sembra anche che l’aggregazione in caso di fallimento, può distruggere in un sol colpo molte persone. Questa non è l’opinione della maggioranza in quanto si dice ad esempio che i crediti sono erogati con tassi più agevolati per chi fa girare il sistema con numeri grandi, oppure che la produzione, separata dalle vendite e dal marketing, rende di più in confronto a chi deve occuparsi di tutto.
Mi piacerebbe se qualcuno commentasse questo post per avere più opinioni in proposito.
Ho visto come è nato questo ragionamento, eravamo insieme a parlarne… forse per me è più facile capire cosa intendi davvero dire… Ok, siamo d’accordo, il momento è difficile. Ma è giusto anche il tuo punto di partenza, ognuno si muova secondo il suo passo e le sue gambe. Mercato e poesia, apparentemente inconciliabili. Sarà che mi sono trovato a confrontarmi molto spesso con il mercato, ma personalmente adoro il tuo approccio, diciamo così, eroico e romantico: da solo contro tutti. Puoi uscire sconfitto, ma mai senza aver lottato. Il mercato è forte, implacabile, ingovernabile. Quindi va affrontato con furbizia, duttilità, con senso di equilibrio e di realtà. Dopo questo cappello, ti dirò che io credo nell’unicità dei territori e nel valore "artistico" di produttori dall’approccio artigiano. Tutto questo andrebbe un po’ perso in nome di un’omologazione, di un’aggregazione che, come accenni, non garantirebbe da sola la sopravvivenza. Ma che anzi, potrebbe essere una scusa per fare un passo più lungo della gamba. La difficoltà di uno potrebbe diventare la difficoltà di tutti. La ricchezza dei piccoli produttori è quella di proporre un’immagine non corrotta, unirsi, come detto, sarebbe un po’ omologarsi. Capisco, è un equilibrio difficile… in questo momento si gioca in difesa, è fuori di dubbio. Il mio punto di vista l’hai capito, in questo caso più romantico che da economista. Ma visti gli sfraceli provocati da economia e finanza (e so molto bene di cosa sto parlando) direi che un po’ di sano scetticismo sul nuovo (che poi tanto nuovo non è) che avanza è quantomeno necessario. Credo nel valore di quello che fai e di come l’hai fatto: dobbiamo valorizzarlo, semplicemente, senza snaturarlo o stravolgerlo. Unirsi… come, con chi, perchè, per quanto… c’è molto da pensare prima di fare passi decisivi e forse irrevocabili… Un abbraccio. Davide
Queste considerazioni mi sembrano di un’importanza fondamentale per avere le idee chiare sul vino. Tante parole su questo liquido odoroso vengono usate, ma sempre occorrerebbe tener presente, a monte, le differenti economie in cui nasce.