Una partecipazione rivoluzionaria all’Assemblea Chianti Classico

Ci voleva forse la crisi degli ultimi tre anni per una smobilitazione così massiccia. Una partecipazione che ha visto oltre 200 Soci questa mattina all’Assemblea del vino Chianti Classico chiamata ad approvare un disegno di ristrutturazione della Denominazione.

Sembrava un assemblea di quaranta anni fà e se nella prima parte l’atmosfera è stata a tratti anche tesa, alla fine l’umiltà, l’identità e l’orgoglio ha preso il sopravvento. Volti nuovi e finalmente volti giovani si sono affacciati a questo importante evento che riguarda non solo i produttori, ma anche i loro figli, nipoti e il territorio tutto del Chianti Classico.

Le proposte del Consiglio sono state viste da diverse angolazioni e la conclusione pressochè unanime è stata quella di rimandare ogni decisione in modo da avere il tempo di affinare le decisioni e l’operatività.

La questione centrale, che riguarda l’intenzione di rafforzare sotto vari profili la denominazione per spingerla fortemente verso l’alto, trova l’approvazione unanime. Attraverso specifici strumenti, recuperando immagine ma sopratutto umiltà, identità e orgoglio (in un territorio dove ultimamente ognuno è andato per conto suo) sembra la volontà di tutti. Per ottenere questo nel migliore dei modi sono stati decisi ulteriori incontri tra i Soci per una veloce approvazione operativa più accuarata e meglio ponderata.

Ritengo che la partecipazione sia la base per una maggiore democraticità, ma sopratutto sia la base per migliorare. Speriamo che questa straordinaria partecipazione continui poichè è sicuramente la molla che darà fiducia ai produttori/imprenditori stessi ma anche al mercato per il bene di tutti. Solo così potremo assistere alla rinascita del vino Chianti Classico.

Devo riportare la dolente notizia di una dichiarazione del Presidente del Consorzio Chianti che ha sostenuto, in una intervista, che il territorio del Chianti Classico è una “sottozona” del Chianti, senza chiarire se intendeva il territorio o i vini. Una grave dichiarazione, poichè i Monti del Chianti, dove c’è Castellina in Chianti, Radda in Chianti, Gaiole in Chianti e Greve in Chianti, ecc. appaiono così denigrati. E’ come sostenere che il Chianti, quello vero, sia in Provincia di Prato…

Ci potrebbero essere guai giudiziari, o per lo meno l’inizio di una bella guerra santa, come a dire: CHIANTI VS CHIANTI CLASSICO: facciamo chiarezza!

Alla Pre-Assemblea del Chianti Classico

Poco fa si è svolto il primo dei due incontri tra Base Sociale e CdA del Consorzio Chianti Classico a Radda in Chianti, in preparazione dell’assemblea indetta il 30 Marzo.

E’ stato presentato un “pacchetto”, che sarà sottoposto a votazione in Assemblea. Tre sono i punti importanti secondo me che riguardano la denominazione, mentre per quanto riguarda la gestione del Marchio Gallo Nero qui non mi soffermo.

Il primo punto, forse il più importante, riguarda l’obbligo di poter vendere il vino sfuso, oggi solitamente venduto come “atto a divenire”, solo dopo certificazione “Chianti Classico”. Questo comporta la speranza che ci sia un’innalzamento della qualità, senza possibilità di usare “l’atto a divenire” come paravento per vendere mediocrità, e questo lo ritengo un bene. Ma il rovescio della medaglia è che in prospettiva questa innovazione incentiverebbe la vendita delle uve e non la trasformazione, favorendo così la vinificazione e la gestione di tutti i processi tra pochi operatori (chi ha orecchi intenda).

Il secondo punto riguarda i driver, cioè l’individuazione di una cinquantina di vini che, sotto il profilo del numero, del prestigio, dell’etichetta, delle recensioni sulle guide, ecc. faccino da testa di sfondamento anche per tutti gli altri. Quindi negli eventi, nelle promozioni istituzionali, ecc. questi vini sarebbero quelli che farebbero da traino. Si vorrebbe matematicamente individuarli, ma è comprensibile come l’indirizzo (politico…) che si darebbe alla formula matematica influenzi questa scelta. Questo passo sarà sicuramente molto delicato, poichè nessuno, piccolo o grade produttore, vorrà rinunciare ad avere almeno un vino in questo particolare contenitore. La riflessione su questo tema sarà certamente interessante.

Il terzo punto riguarda la piramide delle denominazione, attualmente bloccata verso il basso. Infatti le Riserve erano state ridotte ad essere sacrificate come opzional aziendale, e nessun tentativo di zonazione è mai stato tentato. Da qui la proposta di innalzare la piramide qualitativa creando la categoria “Selezione” che si posizionerebbe ai vertici della piramide: vini integralmente prodotti e parametri organolettici e chimici basati sulla “struttura, speziatura, persistenza, con estratto secco più elevato, gradazione minima 13%”, insomma roba da vini “ciccioni”. Mi trovo in accordo per la realizzazione della “Selezione Chianti Classico” integralmente prodotto (ricordo che integralmente prodotto significa che le uve e il vino sono espressione di vigna senza alcun assemblaggio di zone diverse), ma non mi trova in accordo per quanto riguarda i parametri chimico fisici proposti: coma si fa a dire che il vino migliore debba essere speziato, o con estratto alto, o qualsiasi altra regola chimica?. Inoltre se le Riserve potranno essere messe in commercio dopo 2 anni e 3 mesi di affinamento, perchè non allungare fino a 3 anni e 3 mesi l’affinamento per differenziare ancor più la Selezione? Ricordo solo che diversi anni fa le Riserve potevano essere imbottigliate appunto dopo tre anni…

Comunque una cosa è certa: che per metter daccordo tutti non è facile, che non ci saranno cambiamenti epocali, che il periodo per digerire queste proposte dal corpo sociale è un pò breve.

Piccolo elogio dei tini di cemento

Recentemente ho assaggiato il vino di Castellinuzza e Piuca, piccola azienda di Lamole, dove ho ritrovato profumi e schiettezza gustativa rari.

Il vino è maturato nei tini di cemento. Questo materiale, introdotto in Toscana dai F.lli Marziali di Levane (Ar), ha dei pregi come la buona coibentazione, una buona porosità che facilita lo scambio di ossigeno e sopratutto l’estrema naturalezza intrinseca che questo materiale possiede, assimilabile a una pietra. Negli anni ’70 in Chianti questi tini hanno rappresentato un miglioramento qualitativo incredibile, permettendo di vinificare e conservare i vini con proprietà igieniche molto migliori delle obsolete vecchie botti di castagno. Naturalmente i tini di cemento devono essere lavati con grande attenzione, non possono essere spostati, ma sostanzialmente sono migliori che i moderni tini di acciaio, troppo tecnologici più adatti alle industrie che agli artigiani del vino.

Abbiamo tutti passato un periodo dove i legni, le barriques, i tonneau hanno segnato vini più speziati, più rotondi, ma senz’altro meno naturali in quanto i tannini del legno nuovo influenzano i profumi e il gusto prepotentemente. L’abuso poi delle barriques ha poi addirittura snaturato l’approccio del consumatore verso il vino.

Naturalmente l’uso sapiente dei legni è un’arte che si riflette nei vini di alta gamma, ma si sta anche facendo strada il gusto “neutro”, che solo una maturazione in cemento può avere, impensabile da proporre solo pochi anni fa a consumatori evoluti. Insomma a mio parere è possibile fare vini di alta qualità senza uso di botti, botticelle e troncoconici che oltretutto son costi alti che si riverberano sul costo finale del vino.

Per quanto mi riguarda, dopo aver provato quel che si doveva provare, penso che il percorso della mia vecchiaia si indirizzi verso “barrowls” sempre più grandi, esaurendo progressivamente le barriques (tra l’altro veramente troppo piccole per il vino fato col Sangiovese), e con un uso sempre maggiore di vino maturato in cemento per gli assemblaggi.

Un grazie  a Enrico Pacciani, autore della foto.

Tante perplessità

In Toscana le quotazioni dei vini atti a divenire sono circa: Brunello 1000 Euro/Hl; Morellino di Scansano 200/250 Euro/Hl; Chianti 110 Euro /Hl; Nobile di Montepulciano 300 Euro/Hl e via discorrendo… fanalino di coda il vino Chianti Classico con quotazioni per l’annata 2010 che si aggirano su circa 110 Euro/Hl, come il vino Chianti, il 2009 non lo vuole nessuno (ce n’è a fiumi), le annate più vecchie lo stesso, mentre per il solo 2008 circa 150 Euro/Hl. (Ricordo ancora una volta che i costi di produzionme si aggirano mediamente su 300 Euro/Hl).

Alcuni piccoli produttori esaperati, mi fermano anche per strada per sapere il perchè di una situazione così critica per il nostro vino Chianti Classico. Non so ben rispondere, suppongo che ci siano accordi tra i pochi grandi imbottigliatori, o ragioni misteriose di mercato, o cause che dipendono dalle giacenze troppo alte. Il Consorzio Chianti Classico è uno scontato bersaglio di critiche e i malumori si stanno sempre più riversando verso questo organismo. In effetti qualcuno potrebbe anche rischiare violenza, data la situazione.

Io penso che in effetti una parte di responsabilità ce l’hanno tutti. Nel nostro amato Chianti non si riesce a far sistema, ognuno contro tutti, grandi contro piccoli, piccoli contro grandi, aziende contro altre aziende. Insomma questa situazione si riflette anche nel Consorzio, che nel bene e nel male, fotografa questa situazione. Non si capisce infatti come non sia possibile stabilire di comune accordo prezzi minimi (e massimi) in modo da avere una STABILITA’ importante per lavorare, tutti. So che un Consorzio di vino del Nord lo ha fatto. Perchè qui in Chianti si continua a dire che non è possibile?

E’ finito il periodo turistico, ma domenica una bella degustazione al Poggio la Croce

Con un certo anticipo, il periodo del turismo 2011 si è praticamente concluso. Conducendo la vendita diretta presso il Paese di Radda in Chianti, ho un significativo termometro del’andamento del mercato e del turismo. Stiamo assistendo negli ultimi dieci giorni a un tracollo, a un rapido esaurimento del turismo, preziosa risorsa qui in Chianti. Ormai l’annata si conclude, con una seconda parte dell’anno in decisa diminuzione. Sarà colpa del governo, sarà colpa dei mass media che continuamente influenzano negativamente le speranze, le gioie, l’ottimismo e le aspettative con tutte le notizie negative possibili (ma perchè le notizie positive non fanno audience?), ma un certo malumore nell’aria si respira, una rassegnazione, una scoglionatura che, anche a livello turistico, si fa sentire, decisamente.

Comunque, segnalo qui un simpatico evento: “Festa dei vini del Poggio”, presso il Parco Archeologico del Poggio alla Croce, dagli Etruschi di 2300 anni fa, alla mezzadria, al paesaggio moderno, “storie” della tradizione vinicole del Chianti Senese. Domenica 16 Ottobre ore 11- 18, una giornata per scoprire la più antica produzione di vino nel Chianti attraverso la visita dei resti del villaggio etrusco di altura di 2300 anni fa. Ma anche un occasione speciale per conoscere il vino del Chianti di oggi, attraverso le proposte delle aziende limitrofe al Poggio alla Croce. Vai al sito www.poggiolacroce.it e clicca su eventi 16 ottobre 2011.

Aziende partecipanti: CAPARSA, VAL DELLE CORTI, MONTERINALDI, COLLE BERETO, MANDORLO, PETRAIA, BONATTE, MURICCIAGLIA, MONTERAPONI, CASTELLO D’ALBOLA, PRUNETO.

Il Consorzio Chianti Classico ha attivato un Forum per i Soci

 

Siamo contenti. Da molti mesi amici come Michele Braganti, Cristiano Castagno, Paolo Socci, Natascia Rossini, io, ma anche altri Soci del Consorzio Chianti Classico avevano con tutti i mezzi sollecitato l’apertura di una bacheca informatica, in cui dibattere alla base sociale quegli argomenti sensibili per il miglioramento delle attività consortili. Da ieri è possibile avvalersi di questo mezzo, per ora accessibile solo ai Soci. Su Facebook, Michele Braganti scrive “… questo ce lo sentiamo un’po nostro…..,Natascia, Cristiano, Paolo, tu e io….vedi che quattro bischeri scazzabubboli come noi…..qualcosa in piu’ di tutti quegli altri stronzoni, polemici, furbini e cacasotto abbiamo fatto….e questo va a beneficio di TUTTI i soci….!!!!!!!!” Niente di più vero.

Tra l’altro questo è il primo esempio in Italia di “democratizzazione” informatica in un Consorzio di Vino. La partecipazione all’attività sociale è, ripeto, di estrema importanza per migliorare le attività ma anche per raccogliere e valutare tutte quelle idee che potranno essere finalmente scritte, visibili a tutti, discusse, eliminando quel “chiacchiericcio” sterile, da bar, che sempre ha aleggiato intorno al Consorzio.

Seminario di Cernilli a Castellina in Chianti: il mio parere

Bisogna che dica due parole sul seminario di Cernilli che si è svolto, all’interno della manifestazione “Chianti Classico é” e della festa di Pentecoste a Castellina in Chianti il 12 Giugno. Ho potuto tra l’altro fare un confronto con il seminario svolto dal giornalista Gioacchino Bonsignore in collaborazione con Enoclub di Siena a Radda la settimana precedente. Entrambi si sono basati sulle differenze dei territori nell’esprerssione dei vini, nel primo caso Castellina alta e bassa, nel secondo caso con una comparazione tra i vini di altura di Radda e Lamole.

Nel caso di Radda c’è stata una partecipazione attiva dei produttori-vignaioli di quei territori con i loro interventi, che hanno raccontato storie e aneddoti che hanno vivacizzato notevolmente l’evento, sapientemente condotta in stile televisivo (anche il seminario condotto da Carlo Macchi il giorno precedente si è svolto in questi termini). Nel caso del seminario del “Guru” Cernilli c’è stata solo una descrizione didascalica e descrittiva dei vini selezionati, andando a cercare  differenze strettamente degustative. Cernilli il fattore umano nei vini non è riuscito proprio a coglierlo nella sua interezza, tutto intento a “celebrare” una indubbia capacità degustativa in funzione esaltativa delle differenze del tema. E’ vero che mediamemte nel territorio di Castellina in Chianti le aziende vinicole sono grandi, che ci sono aziende che producono, assemblano e commercializzano centinaia di migliaia se non milioni di bottiglie, ma affermare che il tecnicismo enologico, secondo me presente in alcuni vini (non faccio qui i nomi), che produce vini vellutati, speziati e morbidi fa parte di un tutt’uno con la naturalezza dei fenomeni naturali, mi sembra azzardato.

Alla mia domanda se vedeva di buon occhio la proposta della possibilità dell’introduzione delle menzioni comunali sulle etichette del vino Chianti Classico ha risposto affermativamente, e questo gli va dato atto. Ma la risposta che mi ha dato sul tecnicismo, cercando inoltre di esaltare il fatto che le “tecniche spinte” sono applicate solo da aziende straniere che commercializzano migliaia di milioni di bottiglie e addirittura quotate in borsa, mentre chi produce “solo” qualche centinaia di migliaia di bottiglie è pur sempre espressione del territorio, non mi ha convinto del tutto.

Lo stato dell’arte

 

In attesa di Radda nel Bicchiere il prossimo 4 e 5 Giugno 2011, gli sforzi si rivolgono al vigneto. Una primavera soleggiata e calda, qui a Radda, sta favorendo l’allegagione precoce dei grappolini: la fiortitura è già cominciata e curiosamente sta avvenendo in contemporanea con gli oliveti. Siamo quindi in costante precocità, e questo è un auspicio per la vendemmia. Devo dire che sicuramente, secondo il mio istinto, l’annata sarà particolarmente calda, forse come la 2003 e il 2007. le previsioni si basano sul fatto che ormai le temperature sono costantemente alte, per cui è difficile che si ribalti la situazione. L’anno scorso di questo periodo l’annata era umida e piovosa, con temperature fresche, e continuò così fino alla fine; quest’anno accadrà il contrario. Cool Parola di Paolo.

 

Come è possibile?

Tornando dall’Assemblea dei soci del Consorzio Chianti Classico, rimuginavo alla conferma del Direttore Dott. Liberatore alla mia domanda: “E’ vero che in Toscana si commercializza due volte e mezzo la quantità di vino Igt dichiarta nelle denunce di produzione?”.

Questa conferma mi rende triste e angosciato. Come è mai possibile? Chi ha interesse affinchè non ci sia alcun controllo di questo tipo di vino? Quali sono i metodi per vendere quasi tre volte un vino igt toscana, evidentemente non prodotto in Toscana? Perchè i furbi la fanno sempre franca? perchè gli onesti la prendono sempre nel c**o?

Si, perchè questo marasma degli igt influenza anche l’economia del vino Chianti Classico, che è controllato. Le quotazioni del vino controllato saranno influenzate da questo fenomeno, o no?

Ma insomma, qualcuno sa dirmi come sia possibile questo scandalo?

 

Concorsi internazionali

I concorsi internazionali sono tanti e non servono quasi a nulla commercialmente. Ci vuole sempre qualche centinaia di euro a vino per partecipare e alla fine, se hai qualche premio, hai un diploma. Per dire la verità i diplomi mi servono per decorare una parete nel negozio di vendita diretta a Radda in Chianti, e per questo mio figlio Federico ha voluto partecipare al Concorso di Bruxelles, senza ottenere niente (Il Caparsino Ris 07 punti 81,79 e il Doccio a Matteo Riserva 2007 punti 84,40), mentre una piccola Medaglia di Bronzo l’ho avuto col vino Doccio a Matteo Riserva 2007 al Decanter World Wine Awards. Insomma, quasi un buco nell’acqua. Mi stupiscono però i dati:

Al Concorso di Bruxelles hanno partecipato 7386 vini, mantre nel DWWA hanno partecipato 12.200 vini. Se si moltiplica per circa 150 euro a vino (più le bottiglie di vino…) le cifre sono dell’ordine di un milione, un milione e mezzo di euro a concorso. Bella cifra. Mi ricorda vagamente lo stesso business delle fiere di vino, che negli ultimi anni si sono moltiplicate. La domanda sorge spontanea: chi è che guadagna di più a organizzare questi eventi?