Se le abitudini diminuiscono le attenzioni

A volte quando i pensieri ti annebbiano la testa, per un motivo o per un altro, si fanno leggerezze o disattenzioni, che possono portare gravi conseguenze. Quanto mi è successo l’altro giorno lo racconto solo perché altri non faccino cazzate come è capitato a me col trattore, e sono ancora qui a raccontarlo.
Quella mattina pensavo e pensavo, come in uno stato di angoscia, (capita a tutti , no?) e non stavo tanto a pensare proprio quello che stavo facendo: azioni automatiche in stato sospensivo mentre lavoravo col trattore a colmare il filare in una vigna, il Doccio a Matteo, con una pendenza di quasi il 30%. Orbene quando vedo che il bi-disco si intoppa lì dietro, mi fermo, tiro il freno a mano e scendo per riattivare l’attrezzo, e mentre faccio l’operazione il trattore comincia a scendere giù per la collina. Lo rincorro, metto un piede sul cingolo, che mi trasla la gamba, la caviglia cozza con il paracingolo, ma con un guizzo riesco a saltare su e interrompere la corsa del mezzo. Ho evitato la distruzione della vigna e del trattore, io non mi sono fatto troppo male e sono rimasto vivo… ma tutto questo NON DEVE MAI SUCCEDERE. Occorre ricordarsi SEMPRE le regole di prevenzione, in questo caso spengere il trattore, mettere la retromarcia e frenare. Avere piu di quarant’anni di esperienza non basta, occorre essere sempre vigili.
Non so se sia stata fortuna o tutto è scritto in qualche libro lassù… ma cercare di stare sempre sul chi va là, anche quando le abitudini diminuiscono l’attenzione, aiuta a vivere.

Ottenere il massimo spremendo il massimo (anche la Natura)

Mi è arrivata all’orecchio che a volte alcuni addetti ai lavori (io parlo qui di agricoltura) si fanno dare percentuali sulle vendite delle macchine, sugli acquisti dei diserbanti, dei prodotti, dei lavori, e che sia un sistema normale. Non so se sia vero. Non posso verificare, io non conosco queste cose, mi sembrano bestemmie, perché io lavoro autonomamente: se voglio, se ho bisogno di comprare un trattore lo faccio direttamente, come quando compro il rame o lo zolfo, oppure se devo far riparare una macchina, una manutenzione, cerco di farlo in economia. Ma sembra che sopratutto nel sistema delle grandi imprese dove è la finanza che conta e non l’economia vera, insomma dove girano molti soldi, vi sia una sorta di “percentuale” sugli acquisti o sui lavori. Ottenere il massimo spremendo il massimo.
Forse tutto il Mondo è Paese, nessun Paese è immune dalla corruzione e forse in Italia lo siamo molto meno di quanto si possa pensare solo perché siamo popolo pettegolo, voglio essere positivo. Ma il problema è che la Natura ne soffre in quanto questo sistema, se esiste e penso esista, oltre a favorire realtà poco competitive o qualitative, favorisce sistemi e prodotti non necessari, a volte nocivi all’ambiente. E il pensiero và ai diserbanti, impiegati perché magari garantiscono profitti illeciti.
E tutto questo mi fa schifo.

Solfiti nel vino: capro espiatorio?

pittogramma

Mi sono divertito a riassumere le sostanze consentite nei trattamenti di vinificazione (dall’uva al vino) consultando questo documento. La domanda, serenamente, che mi sono fatto è questa : ma siamo sicuri che sia solo l’anidride solforosa che fa venire il mal di testa (a parte l’alcool)? Per carità di Dio, credo che la salute non si pregiudichi dall’uso corretto di queste sostanze, ma qualche dubbio mi sovviene soprattutto se le sostanze e i trattamenti si accumulano.

 Ossigeno gassoso, centrifugazione, filtrazione con o senza coadiuvante inerte,anidride carbonica, argon, azoto, lieviti, cellulosa microcristallina, fosfato di ammonio, bisolfito di ammoni, dicloridrato di tiamina, bisolfito di potassio, carbone, gelatina alimentare, proteine vegetali, colla di pesce, caseina, caisenati di potassio, ovoalbumina, bentonite, diossido di silicio, caolino, tannini, enzimi pectolitici, preparati enzimatici di betaglucanasi, acido sorbico, acido tartarico, acido mailico, acido lattico, tartrato neutro di potassio, bicarbonato di potassio, carbonato di calcio, tartrato di calcio, resina di pino di Aleppo, scorze di lieviti, polivinilpolipirrolidone, batteri lattici, lisozima, acido L-ascorbico, resine scambiatrici di ioni, acido citrico, ferrocianuro di potassio, fitato di calcio, acido metatartarico, gomma arabica, acido racemico, solfato di rame, citrato di rame, caramello, dischi paraffina, isotiocianato di allile, dimetildicarbonato, mannoproteine, elettrodialisi, ureasi, pezzi di legno, alginato di calcio, alginato di potassio, capolimeri polivinilimidazolo, polivinilpirrolidone, carbossimetilcellulosa, …oltre a tutti i trattamenti fisici e termici.

Degustazioni troppo popolari, quali soluzioni?

raddanelbicchiere2016

Ultimamente ho ascoltate diverse lamentele sulle modalità di svolgimento di alcuni eventi di vino: troppa gente, troppo popolare, troppi ubriachi, vogliamo solo operatori, troppo caro. Da una parte produttori e giornalisti e operatori, dall’altra appassionati o semplicemente curiosi.

In effetti, per esempio, Terre di Toscana o Radda nel Bicchiere sono visitate da migliaia di persone che “intoppano” la normale funzione di promozione del vino ma che garantiscono l’incasso, il successo e la sopravvivenza degli organizzatori. Per cui molti produttori si lamentano dell’ elevato numero di bottiglie aperte o quanto i veri operatori siano disturbati dal pubblico, o l’inutilità di versare il proprio vino a chi intende solo bere o l’impossibilità di offrire calma sufficiente; dall’altra parte il pubblico si lamenta che alcuni vini, tra i più prestigiosi, “finiscono” come per magia, altri si lamentano del prezzo elevato del biglietto di ingresso. I giornalisti e gli operatori si lamentano che non possono svolgere il proprio lavoro per l’ammucchiata ai banchini.
Sono questioni molto delicate in quanto le soluzioni non sono facili. L’aumento del prezzo di ingresso, (quest’anno mi dicano che il biglietto al Vinitaly costerà 80 euro!) potrebbe essere una soluzione per limitare pubblico “indesiderato” ma per me non molto democratica; altra soluzione sarebbe quella di separare la tempistica dell’affluenza: un giorno dedicato agli operatori, l’altro al pubblico, ma questa opzione è impossibile per esempio a Radda nel Bicchiere che si svolge all’aperto. La soluzione estrema che sta serpeggiando tra alcuni produttori è quella di rinunciare alla partecipazione alle manifestazioni più popolari, come ad esempio quest’anno Monteraponi e Montevertine a Radda nel Bicchiere, riservandosi solo per manifestazioni dove la selezione è rigida, attirandosi, però, l’ironia della “puzza sotto il naso”. Che fare?

Il grande equivoco sulle Menzioni Comunali nel Chianti Classico

Mi è arrivata all’orecchio che probabilmente il risultato finale della discussione all’interno del Consorzio di tutela Chianti Classico, porterà sì al primo tentativo di zonazione, ma riservata alla “Gran Selezione”.

Sono stati previsti incontri con i soci per approfondire, ma sembra che questa soluzione piaccia alla maggioranza (dei voti).

Naturalmente mi sembra una gran boiata poichè, semplicemente, si confonderebbero le differenti caratteristiche delle zone all’interno della denominazione con le categorie del vino (nel Chianti Classico  c’è la Gran Selezione, la Riserva e il Base). Questo non deve assolutamente accadere: l’origine del vino non deve confondersi con presunte diverse qualità.

Qualcuno sostiene che sarebbe solo l’inizio per poi proseguire il progetto in seguito ma per me sarebbe l’ennesimo tentativo di manipolazione a favore di pochi.

Se dovessi votare in assemblea l’opzione di riservare le Menzioni Comunali solo alla Gran Selezione, io voto NO, nonostante sia colui che insieme ad altri piccoli produttori ha proposto questo progetto e nonostante i miei voti non pesino nulla.

 

Ricambi generazionali nel vino e nella comunicazione del vino

E’ un dato di fatto. Da moltissimi anni, alcune decine di anni, i protagonisti del mondo del vino sono più o meno i soliti. Che ormai hanno monopolizzato e in qualche modo ingessato questo mondo.

Il cambio di mano nelle aziende è oltremodo lento e difficile, sopratutto per la carenza di figli o perchè iniziare da zero in vitivinicoltura è praticamente impossibile; il cambio di mano nel mondo della comunicazione è altrettanto lento e difficile: gli stessi giornalisti o “comunicatori” son sempre gli stessi, a parte qualche eccezione nella sfera di internet.

Andar per fiere è sempre la solita zolfa: solite facce di bevitori, soliti giornalisti, soliti produttori. Manca dinamismo, è come se questo mondo si sia fermato nel tempo, si vive di rendita.

La questione è di fondamentale importanza in prospettiva, poichè gli attuali adolescenti saranno il pubblico e gli attori che dovranno gestire tutto. Ma loro sono dimenticati, messi da parte, esclusi. Sconosciute le loro emozioni, sconosciuto è il loro pensiero, ci si rivolge solo a un pubblico sempre più anziano. Una volta a tavola col nonno si beveva il vino, si apprendevano profumi, gusti e riti che oggi sono scomparsi del tutto: gli adolescenti oggi non hanno nessun rapporto culturale col vino per carenza di offerte o per semplice disinteresse perchè… non hanno soldi.

Qui a Caparsa, ci stiamo provando, con cinque figli speranze ci sono.

 

Altra mazzata sui produttori di vino

 

A breve, piccoli e grandi produttori di vino dovranno spostare dal cartaceo al telematico i registri di cantina. (I birrifici no…)

Orbene, questa manovra si sta rivelando un grande business per società, organizzazioni sindacali, studi di agronomia che, sule spalle di chi produce, succhieranno quanto possono per mantenere uno stato di dematerializzazione complesso, poichè se fosse semplice tutti potrebbero sostenerlo.

Si mormora di un giro di miliardi di euro.

Anche grandi realtà produttive dovranno incrementare il numero degli addetti, ma la mazzata sarà soprattutto per i piccoli produttori che dovranno sobbarcarsi questa ulteriore incombenza praticamente OGNI GIORNO.

Se il modello telematico fosse come è stato realizzato per l’olio, e le premesse ci sono poiché la piattaforma del SIAN è la medesima, complesso e quasi incomprensibile, il caos avrà il sopravvento e i costi di produzione aumenteranno sensibilmente solo per l’ennesima burocrazia calata dall’alto senza che nessuno abbia avuto da ridire.

Ripeto, soprattutto i piccoli produttori subiranno danni incalcolabili…. Ah già, dimenticavo, ma loro devono sparire…

In Francia non hanno neanche i registri di cantina, loro fanno solo la denuncia di produzione e una denuncia di vendita periodica, perché in Italia si sta sempre zitti? Tra l’altro questa volta non è stata una direttiva Europea ma un’iniziativa tutta italiana.

Il problema è che ogni poco si aggiungono mazzate su mazzate: le ultime è la grafica su ARTEA sui piani colturali per redigere il PAP, oppure il patentino per i fitofarmaci, oppure la revisione dei trattori, oppure la conformità per le macchine irroratrici, oppure il modello 21… sta minchia.

In Francia i produttori riescono a fare fronte comune, scaricano merda per protesta, noi vediamo dove si arriva.

Nel frattempo per questa ragione mi toccherà aumentare il vino, e se non lo vendo perché insostenibile me lo berrò tutto io.

 


Da regime sanzionatorio a regime collaborativo

Forse la mia è una riflessione visionaria che non proviene da problemi contingenti ma è il risultato delle mie osservazioni. Provo ad esporla, perché davvero mi piacerebbe sentire più opinioni.

Le piccole imprese, gli artigiani, il tessuto economico flessibile e virtuoso di cui è ricca l’Italia, miniera di sapienza e inventiva, lo zoccolo duro dell’Italia, ha una spada di Damocle: la difficile conoscenza di tutte le norme legislative. Questa spada che pende pronta a colpire, spesso in modo iniquo, spesso solo per far funzionare apparati repressivi, non fa altro che ostacolare il lavoro di tante piccole attività. A mio avviso il regime sanzionatorio attuale ha costi superiori ai benefici per la collettività, sia per le macchinose o lente procedure, sia per i ricorsi o semplicemente per l’impostazione depressiva e non certo virtuosa.

Non è possibile continuare ad applicare le stesse norme per chi ha un’impresa con pochi dipendenti e chi invece ha centinaia se non migliaia di dipendenti.
Le imprese familiari sopratutto sono penalizzate dalla giungla di norme che obiettivamente è difficile conoscerle tutte, poiché pochi individui non possono coprire tutto.

La mia proposta è quella di passare da un regime sanzionatorio a un regime collaborativo, nel senso che quando si fanno i controlli, per lo meno al primo, non si applichi la sanzione ma una forma di aiuto collaborativo per migliorare l’impresa inadempiente.
Una specie di piano di rientro, dove la piccola impresa si impegna a risolvere l’inadeguatezza in un arco di tempo, seguita e aiutata da quegli stessi enti che conoscono quella norma. Enti che invece di sostenersi in qualche modo dalle sanzioni, si sosterrebbero attraverso il circolo virtuoso economico del miglioramento funzionale della piccola impresa italiana.

Le troppe consulenze

Consulenze, si vendono consulenzeeeee!!!

L’ultima offerta che mi è arrivata sono i servizi doganali, ma spesso arrivano proposte di servizi di marketing, consulenze per la produzione, servizi logistici, servizi per la tenuta dei registri telematici, servizi di assistenza e consulenza di ogni genere. Insomma un esercito di persone che, per carità non ho nulla di personale contro, ma mi sembra un tanticchio in eccesso rispetto a chi è addetto alla produzione, nel mio caso il vino.

Questo sta a significare che se compriamo un bene, il prezzo di quel bene si determina sopratutto dai costi dei servizi…
Servizi, che la burocrazia contribuisce a crescere in modo abnorme.

Una differenza sostanziale tra islam e noi

Ciò che è successo in Francia ha colpito tutti noi europei, e non solo.

Come produttore di vino mi salta agli occhi come, culturalmente, le differenze tra islam (sopartutto integralista) e noi, sia anche il consumo di vino, nel rispetto delle proprie convinzioni.

Io sono ateo e penso che le religioni sono spesso mezzi per controllare chi si domanda da dove veniamo, quali siano le radici, perchè esistiamo: lecito, ma anche pericoloso, poichè chi controlla e risponde a queste domande può influenzare le opinioni e l’agire di tante persone.

Nel mio piccolo noto che il vino, che rappresenta culturalmente il cibo nella nostra cultura, complemento essenziale del cibo, serbatoio di energia, facilitatore di idee e tolleranze, sia vietato nel mondo dell’Islam.

Nella nostra cultura produrre uva significa agricoltura: il vino è un prodotto agricolo. L’agricoltura condiziona i pensieri dell’uomo, l’agricoltura è una molla dell’evoluzione dell’uomo, condiziona le società. Per noi il vino è un alimento che ha stimolato la filosofia degli antichi Greci, dei Romani, di tutto il pensiero filosofico occidentale attuale. Oggi siamo così, pensiamo così, perchè il vino ha contribuito e contribuisce a farlo.

La felicità delle persone si misura anche nella capacità di leggerezza, il vino contribuisce, ma sembra che molte persone siano disposte ad uccidere per affrontare la pesantezza della vita. L’agricoltura è l’ultimo dei pensieri di queste persone, non credo neanche abbiano idee di come il cibo sia prodotto e come deve essere consumato.

Credo che l’educazione al cibo possa essere più efficace che mille guerre.