Cambiamenti Climatici: cosa sta cambiando in viticoltura e vinificazione

Le opinioni sui provvedimenti per la lotta contro i cambiamenti climatici in viti-vino-coltura sono numerosi.

I miei consigli in proposito:
– ritorno a impianti con un numero di ceppi per ettaro inferiore rispetto a quanto recentemente suggerito da molti agronomi. Questo permette alle viti di avere un portamento più alto con conseguente ombreggiamento dei suoli, una maggior disposizione idrica e meno concorrenza idrica tra viti.
– Ritorno a cloni tardivi. Questo permetterà di vendemmiare nei tempi più equilibrati recuperando maturità che si perde anticipando le vendemmie.
– Ritorno a sistemi di potature che assicurino produzioni un poco più alte per ceppo, in modo da limitare la concentrazione
– Interventi agronomici che migliorino il trattenimento nei suoli dell’umidità e degli eventuali temporali, come basso inerbimento e piccole lavorazioni sulla fila.

Altre considerazioni:
Non credo che l’irrigazione possa risolvere adeguatamente il problema, in quanto se mal effettuata può addirittura, in viticoltura, produrre effetti negativi sulla qualità dell’uva. La pianta infatti “sente” una disarmonia tra condizioni atmosferiche e disponibilità idrica indotta artificialmente. Naturalmente questa considerazione si riferisce non tanto a produzioni intensive, ma ai territori di qualità dove il territorio, appunto, fa la differenza.

Il ricorso in cantina di correzioni come la reidratazione o l’aggiunta massiccia di acidi per ovviare a uve disidratate, ricche di zuccheri, povere di acidità e alti PH può essere valida nelle produzioni intensive ma non, di nuovo, ai territori di qualità.

Infine nel caso specifico del territorio del Chianti Classico, auspico la possibilità di reintrodurre una piccola percentuale di uve bianche come il Trebbiano e la Malvasia, come del resto prevedeva Betino Ricasoli l’inventore di questo vino, per recuperare in modo naturale freschezza e bevibilità.

Asimov sul NY Times: il problema del vino é l’anzianità

Sul New York Times è apparso questo articolo: https://www.nytimes.com/2023/01/26/dining/drinks/american-wine-industry.html sul problema dell’anzianità dei consumatori di vino.

Articolo ripreso recentemente da Intravino: https://www.intravino.com/primo-piano/intrawine-16-vino-per-vecchi-la-cina-e-vicina-nigeria-spagna-bottiglie-di-carta-e-pay-for-play/

Come anziano produttore di vino mi sento di dire che il problema non riguarda solo i consumatori. Guardandosi intorno i problemi di anzianità sono tra i produttori, tra i comunicatori, tra gli operatori. Il problema di anzianità riguarda solo l’Occidente e tutti i settori economici ed esistenziali, riguarda un modello sociale e riguarda una piccola percentuale degli abitanti del Pianeta Terra.

Il ricambio c’è, esiste nel 95% del Mondo, ma gli anziani (come me) tendono a preservarsi, a non lasciare per sentirsi vivi e utili, a volte sacrificando spazi ai giovani.

Ma il problema vero è che i giovani credono che i figli siano una spesa, una fonte di infelicità e di stress, invece di essere un piacere.

I prezzi dei vini: un consiglio

In Italia e in tutto il mondo i prezzi dell’energia e delle materie prime oltre ai numerosi aumenti causati dall’inflazione, stanno arrivando al consumatore finale.

Siamo dunque in un momento di instabilità dei prezzi che mi auguro finisca al più presto, ma che oggi potrebbe rivelarsi un’opportunità.


E’ noto infatti che la maggior parte dei listini dei produttori nel corso del 2023 siano aumentati. Questi aumenti non sono stati rilevati sopratutto nei siti di vendita on-line: chi ha acquistato vino negli anni, diciamo così del Covid, vende oggi a prezzi in linea con quegli anni.
Dunque con un po di abilità potrebbe essere possibile acquistare vini a prezzi davvero convenienti.
😉

Il trattore non è un’automobile

Un mio precedente post parlava della carenza di trattoristi in agricoltura. Sicuramente la carenza di personale per i lavori manuali è sempre più un problema. Ma oggi vorrei rilevare quanto la progettazione di un trattore influenzi l’operatività.

I trattori, sopratutto nelle zone svantaggiate e più difficili, sono quei mezzi che dovrebbero assicurare affidabilità, durata, efficienza e praticità per condurre quegli attrezzi che servono per fare agricoltura.

Però negli ultimi tempi i nuovi trattori assomigliano sempre più a automobili: confort, computerizzazione, automatismi, sistemi elettronici e tanto altre innovazioni tecnologiche MA CHE SI SCONTRANO CON LA REALTA’ DELLE COSE.

I trattori operano in situazioni spesso molto estreme: sassi, declivi, agenti atmosferici difficili, operatività a temperature ambientali elevatissime o bassissime, fango, ricoveri in ambienti esterni, ecc., insomma si rompono. Fino a qualche tempo fa si potevano riparare in campo, con la meccanica. Oggi si devono riparare con i computer. Le tempistiche delle lavorazioni sono essenziali per una buona agricoltura e se le riparazioni devono attendere settimane o mesi perché occorre trovare l’informatico che individui il problema e poi trovare qualcuno che lo possa risolvere, questo è un problema enorme.

C’è chi dice che la tecnologia ci salverà, ma non credo che i trattori ipertecnologici ci salveranno.

Questo è un invito a progettare trattori più pratici, più terra – terra. I trattori non possono essere automobili.

La concorrenza tra i Concorsi di Vino

Il mondo del vino è pieno di concorsi nazionali e internazionali, che con prezzi più o meno alti per la partecipazione, si garantiscono la loro esistenza.

Un semplice calcolo: se un concorso riceve 1000 adesioni a 300 euro per vino, l’organizzazione potrà disporre di 300,000 euro (supponendo la partecipazione di un solo vino ad azienda!).

Medaglie d’Oro, d’Argento o di Bronzo sotto forma di bollini e di diplomi, sono gli ambiti premi che ogni produttore cerca, per convincere i mercati all’acquisto dei propri vini.

A proposito di questo fenomeno, per curiosità, riporto una proposta proprio oggi ricevuta per un Concorso Internazionale (A****** Wines Awards 2023), dove si invoglia alla partecipazione con il pagamento solo dopo il risultato. In buona sostanza non è richiesto pagamento se non ci fossero come minimo medaglie d’Oro o d’Argento.
La concorrenza dei Concorsi si fa agguerrita…

Trattoristi cercasi

Non so se la situazione è simile in ogni dove, certo è che a Radda in Chianti mancano i trattoristi. ma non solo loro. Addirittura c’è chi “ruba” gli operai agli altri, per mancanza di manodopera. Certo che vivere a Radda in Chianti non è facile: bello il posto in vacanza, ma caro arrapanato e senza servizi di alcun genere per chi ci vive.

Occorre un’auto di propietà, perchè per spostarsi i bus non esistono (qualche rara corsa per Firenze o Siena), gli affitti delle case sono alti a causa dell’offerta verso gli stranieri che assicurano prezzi più alti, senza parlare dei negozi di alimentari, anche la Coop, con prezzi molto superiori alla media delle città.


Inoltre i Raddesi non fanno figlioli, l’immigrazione da Paesi extra europei si è da tempo fermata, addirittura molti extracomunitari residenti hanno lasciato Radda per raggiungere luoghi con più servizi, come la Germania. La popolazione locale sta progressivamente diminuendo; a fronte di diverse aperture di ristoranti e accoglienze turistiche, anche loro, hanno difficoltà di reperimento di manodopera sia perchè il lavoro è stagionale, sia per i motivi sopra accennati.


La formazione dei trattoristi è inoltre difficoltosa, perchè l’incombenza e i rischi sono del datore di lavoro ma sopratutto perchè chi ci prova non ha “orecchio” col motore, non ha nessuna preparazione della fisica (intendo un minimo di conoscenza scolastica di massa, baricentro, pendenze, contropendenze, gravità, valutazione delle tempistiche, ecc) e della meccanica (oltretutto i nuovi trattori 4.0 sono ormai irriparabili senza essere ingegneri informatici…). In pratica non c’è più nessuno che “nasce” sul trattore e gli arrosti e i danni ai trattori e alle macchine relative sono numerosissimi (l’unico meccanico di Radda Dicet), ma anche arrosti e danni nei vigneti…. e con questo chiudo l’esternazione perchè altrimenti sono troppo brontolone.

Assicurazione sulla grandine da rivedere

L’Assicurazione sulla grandine, dal punto di vista del vignaiolo, era un valido strumento per diminuire i rischi economici per questa calamità.

Molti anni fa la perizia era affidata a tecnici che in modo spesso generoso, riconoscevano il danno REALE, cioè la perdita di reddito, ma sopratutto la perdita di quella parte di cuore che ogni coltivatore mette nel suo lavoro.

Il 50% del costo della polizza è poi sostenuto da finanziamenti statali alle compagnie di assicurazione. Facile capire che moltissimi vignaioli e imprese vitivinicole si assicuravano.

Ma non oggi: perchè?

Perchè la maggior parte dei vignaioli non produce solo uve da vendere, ma imbottiglia una parte o tutta la produzione, il che significa che i valori delle uve riconosciuti per rifondare il danno si basano su stime mercuriali dell’uva che è molto bassa, anche se alcuni punti di percentuale sono riconosciuti come perdita di qualità, in confronto ai valori aggiunti di chi imbottiglia.

Morale della favola, non conviene stipulare l’assicurazione, perchè le perizie sono ormai diventate solo tecniche ma anche perchè si tratta di un giro di soldi tra consorzi, assicurazioni e anni di attesa per ricevere l’indennizzo. Inoltre la perdita di quantità dovrà essere, chiaramente, riportata sulle denunce di produzione.

La tentazione di non stipulare assicurazione sulla grandine potrebbe poi essere giustificata da un rimpiazzo fraudolento dell’uva o del vino comperato senza tracciatura, sicuramente molto vantaggioso poichè assicura costi ridotti per la piena produzione.

La mia proposta è semplice: Assicurazioni sulla grandine che prendino in considerazione i valori medi del vino imbottigliato dell’operatore danneggiato e non solo dell’uva.

Ma non credo che alle compagnie assicurative piaccia una simile proposta.

La geografia dei migliori vigneti è cambiata

Potremo risalire al 2003, annata particolarmente calda con temperature di 43 gradi per un paio di mesi e oltre, l’inizio evidente del processo in corso. Da allora sempre più frequenti annate si succedono con ondate di calore, ma soprattutto l’innalzamento della temperatura media ha modificato la geografia delle migliori vigne.
Qui in Chianti fino alla fine del millennio le migliori esposizioni erano nelle zone sud, dove il sangiovese si esprimeva meglio in quanto vitigno tardivo, per cui le maturazioni erano ottimali. Ritengo anche che la zona di Montalcino, a Sud di Siena, zona molto più calda del Chianti sia stata baciata da quel clima che permetteva di esprimere annate memorabili in finezza, eleganza e equilibrio. Non dico che oggi in quella zona non ci siano vini anche oggi altrettanto fini, ma dico che sicuramente gli interventi in cantina sono molto più necessari rispetto al passato a causa dei cambiamenti climatici.
Dunque la geografia delle migliori vigne è cambiata radicalmente, come anche la visione delle conduzioni agronomiche, come la resa per vite che, quando troppo scarsa, produce vini molto alcolici e con concentrazioni che valevano negli anni duemila ma che oggi fanno fatica a imporsi.
Quando si voleva fare vini concentrati e opulenti nelle zone più fresche era un’impresa, oggi che si vuol fare vini eterei, fini e freschi è più semplice in quei vigneti.
Forse qualcuno si arrabbierà per quel che dico, ma chi non si è accorto che le grandi calure penalizzano una parte considerevole del vigneto Italia e che la geografia dei migliori vigneti è cambiata?

2022: Preoccupazione per le falde acquifere

Siamo a inizi di Maggio: le pioggie invernali sono state insufficienti, ma anche quelle di inizio primavera. Qualche piccola pioggia è capitata, ma la terra in profondità è pressochè arida.

Al momento nulla di grave per gli alberi, le piante arboree e i prati, ma la domanda è: saremo in grado di affrontare carenze significative di acqua questa estate?

Tutti noi siamo distratti dalla guerra in Ucraiana, situazione dificile ma tangilibile nell’immediato. Nessuno però che rileva una situazione difficile in prospettiva: la Guerra alle nostre porte e non solo quella, sta bruciando ingenti quantità di energia da carbone con aumentate emissioni di Co2 di gas serra, non avvertite nell’immediato dalla popolazione del Mondo.

Secondo molti studiosi era possibile invertire la concentraziomne di C02 del pianeta con buone pratiche agronomiche con l’accumolo del carbonio nel suolo attraverso sistemi agricoli (guardate Kiss the Ground su Netflix, www.kisstheground.com).

Ma alla luce di quanto sta accadendo, non vorrei che la speranza di ridurre i gas serra siano inutili: i Cambiamenti Climatici con le relative immigrazioni da terre sempre più aride, eventi climatici sempre più estremi anche nelle regioni temperate e le guerre per il controllo dell’acqua (e non solo dell’energia) sarà peggio di quanto oggi avvertiamo nell’immediato?

(l’immagine riprodotta è tratta dal seguente articolo: https://www.galileonet.it/terra-arida-cambiamento-climatico/ )

Scelte energetiche

Nessuno ha la sfera di cristallo: il Covid e ora la guerra in Ucraina stanno cambiando o hanno già cambiato il Mondo, come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 50 anni.

Le carte in tavola sono tante e ognuno ha il suo Asso, ma anche il rischio dell’imprevisto.

Per crescere i compromessi sono in definitiva alla base dei sistemi umani: le mediazioni, dove ognuno secondo visione cala la propria carta e giustifica azioni e comportamenti, sono l’unico strumento per scovare le migliori soluzioni per la convivenza tra comunità anche molto diverse.

Nel conflitto odierno tra Ucraina (e Nato) e Russia si moltiplicano gli intrecci politici, economici e culturali: la Cina, l’UE, gli USA, l’Asia e perchè no l’Africa, e poi gli armamenti che una volta fabbricati devono essere utilizzati, insomma un gran calderone dove ognuno rivendica la propria giustizia nei confronti del nemico hanno e avranno effetti sui modelli sociali ed economici del Pianeta Terra.

Sostenazialmente però tutto è riconducibile, semplificando, al controllo dell’energia e dell’acqua.

Nel campo energetico è stato fin qui scelto l’indirizzo di mega centrali di produzione, facilmente controllabili dai poteri centrali e facilmente adoperabili per i condizionamenti delle popolazioni. Lo scotto di queste scelte sono le crescenti tensioni tra le diverse Nazioni con notevoli impatti ambientali, meglio dire impatti ambientali globali, che modificano gli ambienti naturali a scapito della qualità e della felicità della vita umana e non solo, sul Pianeta Terra.

Favorire localmente le produzioni energetiche con tante micro centrali che si adattano ai luoghi e alle culture locali, più flessibili e sostenibili, potrebbe alleviare notevolmente le conflittualità globali che attualmente, ma direi più periodicamente, sfociano nelle guerre.