Non rinneghiamo le origini

Pare che sottomettersi alla cultura estetica dominante, sia di gran moda. Tacchi alti, labbra rifatte, vini artefatti, gran design, finzione, conterebbe più della sostanza.

L’anno scorso siamo stati invitati a Casole D’Elsa in uno dei più lussuosi hotel del mondo, da americani, il mio amico Richard, ed ho visto cose strane: americani alla ricerca di autenticità, nel lusso ok, ma sempre predisposti alla goduria, costi quel che costi, senza troppi fronzoli, anche facendo debiti. Gli Italiani li ho visti troppo ossequiosi, attratti dai miraggi, troppo attenti alle formalità e raffinatezze che (si pensa) siano vincenti con lo straniero.

Una metafora.

Penso che essere orgogliosi delle proprie origini, rimanere quel che si è, senza sforzarsi di essere diversamente pseudo-eleganti, sia molto più gratificante e vero e normale e vincente, piuttosto che fingere qualcosa che non siamo. Siamo tutti esseri umani, ed oggi nel nostro mondo manca autenticità. Come far nascere un vitello.

Il mondo del vino è al centro di questo pensiero.

Il figlio vino

Il vino per me e molti vignaioli è come un figlio. La produzione in vigna è come un parto, la nascita è un’evento unico, la crescita è un’avventura.

Come per tutti i figli, qualche nascita è piena di problemi, altre più facili. La “gestazione” di quest’anno, a Caparsa, non è delle migliori a causa di diverse condizioni ambientali avverse, non certo per il poco amore o attenzioni. Se nascerà un figlio diversamente abile, oppure con qualsiasi altro problema, sarà sempre un mio figlio, un figlio da amare, fino in fondo.

Dopo questa metafora, vorrei invitare tutti coloro che mi domandano: “qual’è il vino o l’annata migliore?” a non farmi MAI questa domanda. Ogni vino, ogni annata è un’atto d’amore per questo prodotto: non ci sono nè ci potrebbero essere differenze.