L’agricoltura non è centrale, oggi.

 

L’agricoltura non è più considerata una questione strategica. Ormai culturalmente. Si pensa che sarà sempre possibile importare con la forza o con i quattrini il cibo. Si pensa che l’indirizzo industriale sia vincente. Si pensa che l’indirizzo Hi-Tech sia vincente. Perdere i piccoli produttori in Italia e nel mondo, quelli che fanno le noci, quelli che fanno le castagne, quelli che fanno il grano, l’erba medica, l’orzo, il vino, il latte, il grano, non interessa a nessuno. Tanto sta roba basta andare al supermercato a comperarla. Si pensa che l’industria agricola può sostituire le conoscenze individuali, territoriali e culturali tramandate di generazione in generazione.

Non sono d’accordo.

Mi rifiuto di pensare che il progresso non si basi anche su un’agricoltura diffusa piccola, sostenibile, anche microscopica a volte, ma sempre ricca di valori di conoscenza da proteggere gelosamente, valori su cui si fondano e si reggono le collettività.

E’ per questo che l’unità di tutti i piccoli agricoltori è e sarà decisiva per uno sviluppo più armonioso dell’Italia e di tutte le nazioni del mondo, al di là delle influenze politiche e religiose.

I piccoli potranno, se uniti, indirizzare le politiche agricole. Altrimenti, Addio.

 

 

 

Uniti si vince

E’ comunemente noto che i padroni in epoca mezzadrile tenevano accuratamente le famiglie in stato di debito permanente, con vari mezzi. Si cercava cioè di non dare alcuna dipendenza economica onde evitare la fine dei privilegi dei padroni. Il debito delle famiglie permetteva di ricattarli in ogni modo e permetteva di tenere a bada con semplicità tutta una classe sociale. L’incarico di tenere a debito le famiglie era quasi sempre dato al fattore, riuscendo così quasi a nascondere il vero “mandante” di questa metodologia.

Mi sembra che a distanza di moltissimi anni, questo metodo si stia ripetendo sopratutto con la fascia media degli italiani, che sono stati “abbagliati” dal facile credito ma che ora devono fare i conti con la realtà. Chiunque andava in banca qualche anno fa per un piccolo prestito veniva convinto a prendere un grande prestito, se si chideva 10 si veniva convinti a prendere 100. Oggi questi debiti più o meno contratti dalle famiglie, ma anche da imprese più o meno piccole, assolvono la funzione di stabilizzazione sociale. Chi si azzarda a protestare? Il rischio è di perdere tutto.

Anche le piccole realtà vitivinicole risentono di questo fatto. Nonostante tutto, si continua a procedere in ordine sparso, poco uniti, rimanendo legati a logiche di controllo molto più grandi.

Si ha paura di perdere quel poco rimasto. Forse l’unico modo per una reazione unitaria è quello di perder tutto così da unirsi nelle rivendicazioni come è successo prima della Riforma Agraria del 1950?

 

Il Papa: “E’ necessario rilanciare l’agricoltura”

 Il papa oggi nel discorso che ha preceduto l’Angelus ha parlato dell’agricoltura, della crisi di questo settore, lasciato da decenni nelle mani delle logiche bancarie, delle logiche del capitale, delle logiche di rapina ambientale e non più dei tempi dell’uomo e della natura. Il Papa oggi mi ha commosso, anche se non sono un credente.

E’ un emergenza, ma nessuno se ne occupa seriamente; una classe politica tutta intenta a preservarsi e intenta a seguire solo percorsi industriali. Eppure il sapere, la conoscenza e la cultura delle persone di questo settore è primario, ma oggi tutti lo hanno dimenticato. Dimenticato sotto tonnellate di carta burocratica, dimenticato dalla possibilità di acquistare il cibo nel mercato mondiale (per ora).

Ho visto e vissuto in prima linea uomini lavorare nelle vigne soffrendo, al gelo, al freddo, sotto la pioggia, di notte, ho visto uomini come Emilio, Terzo, il Regoli e altri morire dopo una vita trascorsa a lavorare nelle vigne, ho visto uomini morire schiacciati dai trattori. Chi beve una bottiglia di vino non si rende minimamente conto quanto lavoro, quante lacrime, quanta sofferenza per produrre quel santo liquido.

Si parla tanto, a volte troppo, tante chiacchiere spesso gratuite, presuntuose. Ma ogni tanto un ricordo, un attimo di raccoglimento, di silenzio, per chi ha dedicato un intera esistenza per produrre quel vino, ci vuole. E ci vuole una nuova politica agricola, urgente, per dare una speranza e continuità a questo Paese.

 

Agricoltura cenerentola dell’Italia

L’agricoltura in Italia è considerata meno della merda. Nessun progetto, nessuna programmazione, tutto è affidato al caso. La burocrazia soffoca gli agricoltori. Tante chicchiere, quelle si, ma solo chiacchiere per il vento. In Italia non serve produrre, gli alimenti arrivano per gran parte da altre Nazioni, c’è più profitto, è sicuro il prezzo minimo di acquisto e il prezzo massimo vendibile senza sporcarsi le mani. L’agricoltura italiana è un hobby. L’agroindustria è “foraggiata” delle industrie farmaceutiche…