Sostenibilità è una parola di gran moda e usata spesso: ma che vuol dire sostenibilità? Sicuramente l’impegno per basse emissioni di Co2, di inquinanti e rifiuti, l’uso rispettoso del suolo e delle acque, la tutela della biodiversità: questi sono gli aspetti più citati per le produzioni sostenibili. L’aspetto più interessante che dovrebbe racchiudere la parola sostenibilità è però a mio avviso il miglioramento della felicità e del benessere delle persone, in particolare dei lavoranti e quindi per una Società più giusta e… sostenibile.
Nella realtà di tutti i giorni i metodi produttivi dei singoli risentano fortemente delle politiche degli Stati nel mondo globalizzato, e tra guerre, armamenti e visioni lobbistiche qualsiasi intervento individuale risulta vanificato nel mare delle ipocrisie. Anche le azioni che mirano alla felicità delle persone, dei lavoranti, semplicemente sono poco prese in considerazione, in quanto la competizione e le differenze sociali sono sempre più insopportabili spinte da un liberismo spietato e dalla paura che è alla base del controllo sociale.
La narrazione di sostenibilità nel campo vitivinicolo (e non solo) raramente cita l’argomento del benessere dei lavoranti. Nella realtà, per esempio, i produttori negli ultimi anni preferiscono affidarsi alle squadre di operai, sollevandosi dal problema di sicurezza sul lavoro, dal giusto compenso, la soddisfazione e la felicità. Le antiche figure professionali con lunga durata del rapporto di lavoro, la loro fedeltà e dunque il riconoscimento di ogni angolo di vigna e azienda, con la soddisfazione e la condivisione anche dei successi lavorativi sembrano diminuire in generale a favore di figure più mercenarie, più mercantili, più saltuarie e dunque meno soddisfacenti.
La sostenibilità dovrebbe comprendere un salto di qualità anche dal punto di vista del benessere dei lavoratori se si vuol raggiungere l’obiettivo di proteggere la nostra casa, il Pianeta Terra.