Vecchia ricetta del Chianti Classico

C’è un interessante piccolo trafiletto nella guida “Slow Wine 2012”, a pagina 764, che (sperando non vada incontro ai diritti d’autore), riporto in parte:

“Il disciplinare di produzione del Chianti Classico è stato modificato nel giro di pochi anni. Nel corso degli anni il celebre metodo del Barone Bettino Ricasoli di associare il Sangiovese col canaiolo, ciliegiolo, colorino, trebbiano e malvasia toscana, si è afflievolito a favore di un taglio moderno, con l’utilizzo di vitigni internazionali, indotto da un mercato che richiedeva vini più consistenti. Attualmente il disciplinare non prevede l’utilizzo di uve a bacca bianca nel vino. Crediamo che la territorialità di un vino si possa affermare ed esprimere al di là del corredio varietale. E’ nelle mani del viticoltore che si esalta il luogo di origine attraverso un’agricoltura rispettosa e sensibile verso la tradizione di un territorio”. E si citano alcuni vini di Castellinuzza e Piuca, Podere Erbolo, Reggine e Caparsa, “vini che trovano spazio nell’ambito delle IGT o dei vini da tavola, snaturati quindi sul fronte appellativo.”

Che dire di meglio? Chi ha orecchi per intendere, intenda.

Le Wine Industries

Secondo Assoenologi, quest’anno la produzione media prodotta è circa il 15% in meno della media. A seguito di ciò la valutazione dei vini all’ingrosso è aumentata dal 10% al 35%. Per dire la verità non mi risulta, ancora. Loro, loro, le Wines Industries, sono preoccupate perchè se aumenta il valore del vino diminuiscono i ricavi e i bilanci, sostengono, ne risentono negativamente; e se ne lamentano.

Secondo me loro, loro, non riescono a vedere al di la del proprio naso. L’agricoltura, la produzione agricola, non è assimilabile a un semplice prodotto di fabbrica, dove a tavolino si possono calcolare investimenti, ammortamenti, costi, ricavi, ecc., l’agricoltura non è un settore dove 1+1 fa 2.

Per questo motivo credo che se il prezzo del vino aumenta, finalmente, è un bene per tutti. Per prima cosa, perchè i tempi sono maturi per aumentare diffusamente la qualità; per secondo, perchè non si può continuare a impiccare i piccoli produttori costretti a vendere negli ultimi tre anni sottocosto rischiando di far cadere il ramo su cui le stesse Wines Industries sono sedute; per terzo la reciproca convenienza. La convenienza a pagare almeno i costi di produzione vuol dire aiutare chi lavora sul territorio, specchio di un vino, una denominazione, molto vantaggioso per chi non ha grosse relazioni col territorio. Contemporaneamente, per un piccolo produttore/imbottigliatore riuscire a vendere dignitosamente quelle partite meno pregiate (non scadenti, intendiamoci!), significa riuscire a mettere sul mercato vini di alta qualità che virtuosamente promuovono quel tipo di vino o denominazione che usa la stessa “Wine Industrie” (e d’altra parte i prezzi al dettaglio sono la discriminante fra le due categorie nel mercato). Aggiungo che sono convinto che occorrerà distinguere i due casi, visivamente, con semplici colpi d’occhio nella capsula o in altro modo evidente, come per esempio nella denominazione Chianti Classico, dove si trovano sullo scaffale bottiglie da 5 euro fino a 40 euro. Questo per far comprendere intuitivamente le utili differenze…

Per cui dico: l’aumento dei prezzi del vino “atto a divenire”, se esiste, è solo una benedizione, per tutti.

36 blogger in visita a Caparsa

Erano tutti insieme, i 36 blogger provenienti da tutto il mondo in visita ieri a Caparsa. Devo confessare una certa tensione prima dell’arrivo, ma sopratutto quando sono scesi dal pullman: armati di cavalletti, macchine fotografiche, i-Pad, computers, sembrava d’essere in un mondo proprio virtuale. Virtuale o no, ho fatto la mia visita guidata, e ho cercato di comunicare la realtà dei piccoli coltivatori di vino nel Chianti Classico. Ho cercato di spiegare le differenze di stile, di vita, ma anche sociali e politiche tra “Wine Industries” e Vignaioli…

L’impressione è che la categoria “giornalisti” sia un pochino in declino, in quanto internet sta spiazzando questa categoria, e i wine blogger, che si radunano ogni anno in Paesi diversi, quest’anno si sono radunati in una  conferenza a Franciacorta (EWBC 2011, 14/16 Ottobre) per organizzarsi e scambiarsi idee. Una passione, in comunità, davvero grande…

E’ finito il periodo turistico, ma domenica una bella degustazione al Poggio la Croce

Con un certo anticipo, il periodo del turismo 2011 si è praticamente concluso. Conducendo la vendita diretta presso il Paese di Radda in Chianti, ho un significativo termometro del’andamento del mercato e del turismo. Stiamo assistendo negli ultimi dieci giorni a un tracollo, a un rapido esaurimento del turismo, preziosa risorsa qui in Chianti. Ormai l’annata si conclude, con una seconda parte dell’anno in decisa diminuzione. Sarà colpa del governo, sarà colpa dei mass media che continuamente influenzano negativamente le speranze, le gioie, l’ottimismo e le aspettative con tutte le notizie negative possibili (ma perchè le notizie positive non fanno audience?), ma un certo malumore nell’aria si respira, una rassegnazione, una scoglionatura che, anche a livello turistico, si fa sentire, decisamente.

Comunque, segnalo qui un simpatico evento: “Festa dei vini del Poggio”, presso il Parco Archeologico del Poggio alla Croce, dagli Etruschi di 2300 anni fa, alla mezzadria, al paesaggio moderno, “storie” della tradizione vinicole del Chianti Senese. Domenica 16 Ottobre ore 11- 18, una giornata per scoprire la più antica produzione di vino nel Chianti attraverso la visita dei resti del villaggio etrusco di altura di 2300 anni fa. Ma anche un occasione speciale per conoscere il vino del Chianti di oggi, attraverso le proposte delle aziende limitrofe al Poggio alla Croce. Vai al sito www.poggiolacroce.it e clicca su eventi 16 ottobre 2011.

Aziende partecipanti: CAPARSA, VAL DELLE CORTI, MONTERINALDI, COLLE BERETO, MANDORLO, PETRAIA, BONATTE, MURICCIAGLIA, MONTERAPONI, CASTELLO D’ALBOLA, PRUNETO.

Il vino Chianti Classico in panne: é vecchio?

Il mercato del vino Chianti Classico ancora arranca: i prezzi del vino atto a divenire e dell’uva sono ai minimi storici. Politiche commerciali dei pochi grandi imbottigliatori, diminuzione dei consumi, una politica generale che non favorisce certo i vino Toscani, speculazioni, giacenze alte, stanno mettendo in ginocchio molti produttori di uva e di vino.

Mi domando se la percezione dell’immagine di questo vino sia quella giusta. Senza mettere in discussione la qualità che secondo me è mediamente molto alta, mi pare che un aspetto da esaminare per capire questo fenomeno è la percezione che un consumatore medio ha sul vino Chianti Classico. Associare l’immagine di questo vino sempre a Castelli, magnifici Borghi, Ville, Nobiltà, grandi occasioni, può far perdere quel guizzo di vitalità, gioventù, gioia, che un buon bicchiere di vino Chianti Classico con un panino al salame o al lampredotto può dare? I giovani, che sono il futuro del consumo di questo vino, sono stati mai valorizzati in pieno nella comunicazione?

L’indagine che vorrei fare con questo post è: pensate che l’immagine del vino Chianti Classico sia troppo “vecchia”?

 

 

I Vini del Cuore di Slow Food

Slow Wine sono i vini del cuore di Slow Food, vale a dire vini che provengono da piccole realtà, piccoli vignaioli, dove il cuore e le storie sono la cornice, la luce, i colori della bottiglia di vino, vino differente, vino vero, vino in cui si incarnano stili di vita e pensiero.

Tutto questo sembra un miraggio, ma in effetti anche in rete, dopo la pubblicazione dei premiati del Gambero Rosso dell’Espresso e dello stesso Slow Food, i vini vinoni, i vini top, un po da tutti presi sottotono, si respira un barlume di speranza per questa nuova indicazione.

E’ vero, anche il mio “Doccio a Matteo” Riserva 2007 ha avuto questa segnalazione e quindi non dovrei dire queste cose in quanto direttamente interessato, ma chi mi conosce  sa bene come da moltissimi anni ripeto che il vino non è solo una bevanda fine a se stessa, ma cibo, materia che si esprime attraverso le persone che ci lavorano per produrlo, facilmente visibili con un giro in moto, a piedi, nei territori (e qui ricordo le cartine di Enogea del Masnaghetti, per farlo….); si, ci sono anche le grandi realtà, industrializzate, globalizzate, specializzate, ma per favore cominciamo a fare le differenze.

L’Italia possiede delle realtà di eccellenza, purtroppo spesso vanificate dalla dominanza industrializzata, specializzata e globalizzata, supportata politicamente, mediaticamente, sistematicamente. Ma il futuro dell’Italia dipenderà molto dagli insegnamenti alle nuove generazioni di chi, come formiche, lavorano, sudano e lottano quotidianamente.