Vendemmia 2018: le finestre operative molto strette

L’annata 2018 si è caratterizzata da frequenti piogge, umidità relative molto alte e caldo. Ancora una volta il Sangiovese, che solitamente qui a Caparsa a Radda in Chianti si raccoglie ad Ottobre, è stato raccolto nella quarta decade di Settembre, con un anticipo di due settimane.

Le finestre operative molto strette, tra una pioggia e l’altra, hanno messo a dura prova il vignaiolo e i suoi collaboratori. Soprattutto nelle coltivazioni bio i lavori per il controllo delle erbe infestanti con le lavorazioni meccaniche e poi i trattamenti contro le malattie della vite si sono caratterizzate da brevi periodi operativi che, se mancati o disattesi per qualsiasi motivo, hanno causato problemi.

Inoltre questa estremizzazione climatica, che forse chi vive in città non ha ben focalizzato, oltre a colpire le colture con più frequenza con la grandine,  favorisce la diffusione di insetti finora sconosciuti in molte zone. Parlo della Drosphila Suzuki, una mosca cinese, ed altri insetti che “bucano” gli acini e che favoriscono il marciume acido e la Botrytis Cynerea.

E’ occorso dunque intervenire con tempistiche giuste nelle finestre del tempo, che significa operare  con caparbietà e molto lavoro, al limite della sopportabilità. Siamo così riusciti a portare in cantina uve sane e ben mature anche grazie al bel tempo della seconda metà di Settembre proprio nel periodo vendemmiale.

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La Quercetina nel Sangiovese: pregio o difetto?

Da alcuni anni, una preoccupazione si aggiunge a tutte le altre tra i produttori sopratutto artigianali di sangiovese. A causa dei cambiamenti climatici, si manifesta nel vino un precipitato in sospensione o sotto il tappo filamentoso e vaporoso che è appunto una sostanza chiamata quercetina. E’ un flavonoide prodotto dalla frutta. Viene venduta anche su Amazon ad un costo che supera anche i 70 euro per 200 capsule. E’ usata come antiossidante e come anticancro.

Mentre generalmente i precipitati tartarici nel vino sono accettati tra i consumatori evoluti, nel caso della quercetina non esiste una sufficiente informazione per cui il rischio è di vedersi tornare indietro il vino per questo difetto, che non altera né il sapore né il gusto. Al momento solo il PVPP, molecola di sintesi vietata nel biologico, ne assicura l’eliminazione o il contenimento ma ad un costo organolettico pazzesco.

In particolare i vini del 2014 possono manifestare la quercetina in bottiglia ma il fenomeno lo si registra anche in alcune annate precedenti e successive. Pare che la formazione fuori misura di questa sostanza, partendo dall’uva fino ai processi di fermentazione, si origini dalla luce, dalla radiazione solare, ma naturalmente tanti altri fattori entrano in gioco come la conduzione agronomica, i cloni, la composizione del suolo, e tanti altri motivi. Anche i chimici enologici per ora brancolano nel buio e la soluzione migliore sembra al momento quella di ritardare l’imbottigliamento.

A me piace invece sottolineare come questo fenomeno debba essere semplicemente comunicato per aumentare la conoscenza e la cultura del consumatore, oltretutto quando si parla di una sostanza…. benefica.

Dunque, nella scheda del vino Caparsino 2014 ho scritto: “Questo vino può manifestare dei precipitati in bottiglia di quercetina (un flavonoide molto salutare per le sue proprietà antiossidanti e anticancro), in sospensione o sotto il tappo, senza compromettere la qualità del vino.” e in inglese: “This wine can show precipitate in bottle of quercetin (a very healthy flavonoid for its antioxidant and anticancer properties), in suspinsion or under the cap, without compromising the quality of the wine.”

Oltremodo tannico?

Ottima espressione, colta qua e là, per descrivere alcuni miei vini Chianti Classico. L’eccesso, che ha contraddistinto alcune annate dei miei vini ha origine da diverse ragioni che non giudico, ma che cercherò di spiegare.

Spiegare i vini e il proprio operato in trasparenza è sempre utile. Ognuno potrà dare giudizi, ma l’importante non è nascondersi o aver paura o non saper accettare le critiche quali che siano. Mai peccare di presunzione,  a mio avviso.

Provo quindi a spiegare qualcosa:

– L’origine. La natura del Sangiovese piantato nelle vigne negli anni 60 era molto rustico. Ho continuato a coltivare quelle vigne fino al 1999, anno in cui ho cominciato gradualmente le estirpazioni reimpiantando cloni selezionati (Chianti Classico 2000) e che ormai hanno sostituito tutti i vecchi impianti. All’epoca quei cloni così rustici avevano un senso in quanto il Sangiovese nel Chianti si poteva vinificare insieme a due vitigni a bacca bianca: il Trebbiano e la Malvasia che “diluivano” quei tannini così spesso oltremodo presenti nell’uva di Sangiovese.

– La macerazione, che avveniva con pompe troppo veloci, estraendo a volte in eccesso.

– le condizioni orografiche e climatiche di Caparsa, situata in zona Nord-Est di Radda in Chianti che impedivano maturazioni perfette in annate particolari, aiutate dai cinghiali che di notte “sceglievano” le uve migliori (oggi le vigne sono protette da recinzioni e recinzioni elettriche). Negli ultimi anni la zona, condizionata dai cambiamenti climatici e in particolare dall’aumento della temperatura media, si è ormai allineata su standard di maturazione fonologica radicalmente più elevata che nel passato.

– I quattrini, che hanno condizionato alcune scelte. Ho sempre usato risorse provenienti dalla mia attività di contadino e non ho mai avuto entrate o appoggi esterni. Dunque, senza mai fare il passo più lungo della gamba (tipico della cultura contadina… l’opposto della cultura della finanza).

– I Periodi Storici. I fusti piccoli hanno condizionato per almeno un decennio i vini del Chianti ed anche me. “Seccavano” oltremodo i vini. Per fortuna le barriques sono in fortissima decadenza nel Chianti ed anche io, oggi, ormai uso solo botti di grande capacità (a Caparsa da 10 o 18 Hl per la maturazione del Sangiovese).

– La mia indole, che solo negli ultimi anni si stà parzialmente ammorbidendo.

– Il percorso dell’esperienza, cioè il cammino che una persona vive nell’intreccio delle relazioni affettive e delle esperienze, che si riflettono particolarmente nelle capacità lavorative sopratutto dei vignaioli e più in generale di tutti gli uomini.

In conclusione… io ci metto tutto il mio cuore e se qualcuno mi critica… è il benvenuto!

I vini di territorio sono rivoluzionari


Pochi anni fa i territori vitivinicoli erano di esclusivo appannaggio di poche persone.
La maggior parte dei vini conosciuti erano espressione degli enologi. Pochi giornalisti veicolavano le informazioni e avevano il potere di esaltare a loro discrezione le realtà vinicole.
 Con l’avvento di internet e le tecnologie, i piccoli produttori, che sono gli alfieri di questa tipologia di vino, ma anche numerosi appassionati di ogni genere, stanno vivendo una vera rivoluzione.
I vignaioli stessi che vivono e lavorano nelle zone vitivinicole, SONO il territorio, l’indole e il carattere delle zone geografiche. E’ anche attraverso Facebook, Twitter, Blog, che oggi si riconosce l’identità di un territorio: la comunicazione diretta rende un valore aggiunto sconosciuto fino a qualche tempo fa.
Naturalmente nel vino delle diverse zone geografiche ci sono le influenze dei Suoli, del Clima, dei Cloni della vite, della Storia, della Cultura e della Tradizione, ma oggi possiamo dire anche che la comunicazione tecnologica può esaltare di più o di meno, secondo la qualità dell’insieme dei vignaioli di un determinato luogo, il valore di una tipologia di vino.
Questo è un concetto rivoluzionario, poiché costringe a far unione. E l’unione è forza.

Come procede la maturazione del Sangiovese a Caparsa

Come si evidenzia nel grafico della temperatura media degli ultimi 30 gg., si nota come l’escursione termica a Caparsa è molto elevata. Questo fa pensare al momento a una maturazione con forti caratteristiche aromatiche e fini del Sangiovese che sicuramente verrà raccolto in Ottobre.
Anche le precipitazioni come nel grafico allegato sembrano estremamente in armonia per proseguire la maturazione lenta ma inesorabile, qui a 450 metri nel cuore dei Montri del Chianti.

 

 

Radda nel Bicchiere 2013

Si stà avvicinando l’appuntamento di Radda nel Bicchiere del 1 e 2 Giugno 2013. Non sto qui ad annoiare scrivendo del programma, lo trovate ovunque qui in internet.

Certo è che con questa stagione così particolare i vini di Sangiovese di Radda potranno esprimersi al meglio. Il Sangiovese, con la sua aridità, fatica un poco quando le temperature meteo sono calde, quando in realtà si preferisce bevande fresche come un buon vino Bianco o Rosato. Quest’anno sarà quindi una edizione particolarmente adatta alla degustazione dei nostri vini di pregio.

Comunque a Radda nel Bicchiere ci sarà anche una esperienza degustativa organizzata dai produttori dei Rosati di Radda: una bella novità e sopratutto gratuita!

Questa è una delle novità, ma la notizia in anteprima è questa: i produttori di Radda si stanno organizzando in un gruppo che dovrebbe inserirsi nell’organizzazione dell’evento dalla prossima edizione 2014, sollevando almeno in parte l’organizzazione fin qui condotta dalla ProLoco di Radda. Insomma ne vedremo delle belle!

 

Radda nel Bicchiere e zonazione

Come ogni anno, arriva l’evento nel Paese del Chianti Classico tra i più affascinanti. Radda in Chianti infatti con il suo territorio riconoscibile, unico, selvaggio, ma sopratutto grazie ai tanti piccoli produttori che si contraddistinguono per l’impegno e l’originalità del proprio vino è diventata icona del Chianti Classico e del Sangiovese.

A testimonianza del fatto che Radda in Chianti ha nel territorio il punto di forza, (ricordo l’utile cartina di Enogea di Masnaghetti dove già si intravede una zonazione delle vigne di questo territorio), quest’anno saranno presenti alcune aziende della Borgogna che già questa operazione l’hanno fatta da sempre. La Borgogna, dove i singoli filari sono coltivati maniacalmente, dove il valore fondiario di piccolissimi appezzamenti sono tra i più alti del mondo, dove i vini prodotti sono tra i più prestigiosi del Mondo; devo quindi ammettere di essere particolarmente contento che anche il mio vino Doccio a Matteo Riserva 2004 sia stato scelto per un confronto con i vini della Borgogna in una degustazione da Raoul Salama (La Revue du Vin de France). Probabilmente il territorio di Radda sarà l’apripista per una zonazione che il Consorzio Chianti Classico dovrà prima o poi cominciare.

Il programma è qui, dal 2 e 3 Giugno 2012. W Il Sangiovese, W Radda!

 

In piena vendemmia

Ho veramente poco tempo, oggi ho raccolto sicuramente la miglior uva sangiovese dell’annata, come mostra la foto.

E’ molto bella l’uva, è una soddisfazione, ma io sono stanco. Il mio pensiero va a tutti gli amici produttori, nella mia stessa situazione. Meno male che qualche guida di vino ci dà un pacca sulle spalle, ogni tanto. Ecco, forse ai produttori l’unico motivo per partecipare alle guide è questo benedetto colpetto che aiuta ad andare avanti. Il resto è niente. Comunque, per chi non ha avuto premi o riconoscimenti dalle guide, va il mio pensiero e il mio affetto per quel che vale…

La mia Vigna di 46 anni

Oggi è iniziato il lavoro di selezione massale del Sangiovese (e dellla Malvasia Bianca e del Trebbiano) nella mia vigna di 46 anni. Questa vigna era già impiantata quando mio padre acquistò Caparsa (1965) e fu innestata da innestini professionisti di quell’epoca, uno dei quali mi ricordo il nonno di Riccardo Porciatti, attuale conduttore di Casa Porciatti, alimentari di prodotti tipici a Radda in Chianti. In quell’epoca era uso piantare il piede resistente alla fillossera, da portainnesti americani per lo più provenienti dal Sud Italia (come la Sicilia), e poi innestare con cloni selezionati  quà e là tra le viti delle colline limitrofe di Radda in Chianti, tra i vari contadini che coltivavano la vite.

Tra l’altro aggiungerei che questi cloni sicuramente risentono dell’influenza del periodo etrusco, testimoniato dall’area archeologica di un insediamento etrusco ellenistico del Monte alla Croce, poche centinaia di metri da Caparsa. La produzione di vino nel villaggio è testimoniata in maniera significativa dal rinvenimento di acini d’uva combusti esposti al Museo Archeologico del Chianti Senese, e delle tracce di un torchio vinario.

La procedura della selezione, iniziata oggi, mi porterà tra una decina d’anni alla produzione di vino di Sangiovese antico in circa un ettaro e mezzo di nuovo vigneto. I passaggi saranno i seguenti: oggi prima selezione delle migliori viti, tra una ventina di giorni ulteriore selezione per eliminare quelle viti che potrebbero avere accumulo di virosi o malattie in genere, verificando il viraggio della pigmentazione delle foglie. Successivamente si procederà all’innesto su portainnesti idonei e, tra alcuni anni, all’impianto di un primo filare. Dopo qualche anno verificheremo le migliori qualità di quel singolo filare e finalmente potremo piantare la vigna. Tempi necessari: tra gli otto e i dieci anni. Tanto? no, in agricoltura i tempi sono questi.

Quindi la mia vigna, ancora in produzione, da me rinfittita una quindicina di anni fa, conserva ancora una storicità secolare che proviene dai luoghi circostanti. E’ l’unico esempio rimasto tra le colline di Volpaia, S. Maria Novella, Albola, Radda e Monteraponi in quanto tutte le vigne intorno sono state reimpiantate con vitigni selezionati recentemente da luoghi diversi e lontani. Nella vigna insieme al Sangiovese c’è anche il Trebbiano e la Malvasia Bianca Lunga del Chianti Classico, vitigni una volta usati tradizionalmente per fare il vino Chianti Classico. Oggi le viti a bacca bianca sono indirizzate alla produzione di Vin Santo Doc del Chianti Classico o a Igt Bianco Toscano, in quanto è vietato usare le uve bianche nel vino Chianti Classico, ma quest’anno produrrò il vero e antico Chianti Classico con le uve bianche e il Sangiovese, che non potrò dunque denominare come Chianti Classico, ma come Igt Toscano, alla faccia di chi vuol produrre Chianti Classico con i vitigni bordolesi. Una rivoluzione, se comunicata bene.

Non c’è certezza

Quest’annata viticola ci dimostra ancora una volta come non ci sono certezze. Quando si tuona contro luoghi presumibilmente non vocati alla produzione di qualità, quest’anno è stato contraddetto. Quest’anno le migliori produzioni di vino proverranno certamente da vigne in luoghi bassi, umidi e esposti a Nord. E questo si è verificato non solo una volta nel corso degli ultimi otto anni, ma direi certamente nel 2003, 2007 e 2011.

Quando si tuona contro la possibilità di usare qualche punto di percentuale di uve bianche, come l’antica ricetta di Bettino Ricasoli recita per fare il vino Chianti Classico, quest’anno ha sbagliato. Aver potuto vinificare il Sangiovese con un pochino di Malavasia Bianca, avrebbe potuto dare un tocco di eleganza a un uva di  Sangiovese che alcuni anni fa sarebbe parsa arrivare dalla Puglia o dalla Sicilia non certo dai Monti del Chianti.

Quindi, permettetemi di riportare un passo di Luigi Pirandello dal suo “Uno, Nessuno, Centomila”:

“La facoltà di illuderci che la realtà d’oggi sia la sola vera, se da un canto ci sostiene, dall’altro ci precipita in un vuoto senza fine, perchè la realtà d’oggi è destinata a scoprire l’illusione domani.”