Italia: il mondo contadino in estinzione

Un post del 2017 recentemente rilanciato su FB dove si raccontano episodi del mondo dell’alpeggio dove gli stessi anziani operatori distruggono piccoli edifici rurali, quel che resta ancora in piedi della loro memoria per non riuscire a pagare professionisti, geometri e burocrati mi riempie di lacrime.
E’ solo una storia ma che fa parte della vera storia che stiamo vivendo. Diciamola tutta: il ritorno verso la campagna è un’invenzione dei giornalisti. Numeri alla mano è facile dimostrare come gli abitanti e gli operatori in campagna sono sempre meno e sopratutto sempre più vecchi.
I pochi giovani, con le dovute eccezioni, sono sempre più attratti da altri lavori, più sedentari, in città, tecnologici. La manualità artigiana, spesso rustica ma ricca di radici che hanno costruito la nostra Italia si sta esaurendo. La burocrazia ne è la causa. La manualità “autoctona” è sostituite da persone che provengono da altri Paesi, spesso di buona volontà, ma senza le stesse radici di sapienza, tradizione locale che nei secoli ha saputo costruire opere fantastiche, integrate nella natura agricola dei luoghi.
Anche qui in Chianti stiamo assistendo all’esaurimento di forze una volta manualmente forti: fabbri, meccanici, falegnami, idraulici, muratori che gradualmente stanno cedendo il passo. A Radda ha chiuso il vecchio fabbro capace di costruire e riparare manufatti e macchine agricole, c’è però l’ultimo meccanico capace di riparare un trattore rotto nel campo, un’altro ha chiuso, anche molti falegnami artigiani hanno chiuso battente, gli idraulici artigiani sono pochi come i muratori: solo grandi ditte che lavorano per somme enormi. In agricoltura stiamo assistendo sempre più ad acquisizioni di aziende piccole che non riescono ad affrontare competitivamente tutte le regole imposte (la stesse regole sono incomprensibilmente per chi imbottiglia 1000 bottiglie o dieci milioni di bottiglie!) Insomma quel che volevo dire è che quel mondo contadino, che da ragazzo mi ha insegnato tanto, ormai non esiste più. Ragazzi, perdere le radici vuol dire perdere conoscenze, culture e persone che sanno raccontare storie e emozioni che sono quei valori aggiunti, non anonimi, non asettici, ma veri, che fanno la differenza. Meditate gente, meditate.
Io mi considero contadino, ma capisco da sorrisi qui e là colti, che pochi ci credono. Allora io dico: provateci voi, PERDIO, provateci!

Rimanere artigiani, oggi.

E’ sempre più difficile rimanere artigiani. Fatturazione elettronica, obblighi telematici con scadenze strettissime e tanto altro sembra tutto in funzione di un percorso verso l’eliminazione dei piccoli artigiani. Ascolto e osservo: solo i grandi gruppi con la loro economia finanziaria possono andare avanti e impongono le loro decisioni. Tutto deve implacabilmente crescere, sempre più, sempre più, a scapito degli artigiani che chiudono le attività senza ormai alcun ricambio generazionale e degli operai che guadagnano sempre meno (ci sarà infatti sempre qualcuno nel mondo a lavorare per meno). Un mondo che si basa sulla crescita, ma quale crescita e a quale prezzo?

Dove si ammette che gli artigiani del vino fanno tendenza

 

 

 

In questo video, in un twitter di oggi 23/5/2018 del Consorzio Chianti Classico, https://twitter.com/chianticlassico/status/999320471563882503
un curatore del Gambero Rosso, Antonio Boco, ammette che i piccoli produttori, gli  artigiani del vino che operano nel territorio del Chianti Classico hanno tracciato un percorso d’avanguardia con i loro vini, ormai seguito e imitato anche da aziende che posseggono i “grandi” numeri.

Bisognerebbe allora che le grandi aziende riconoscessero il lavoro dei tanti bravi piccoli vignaioli che operano nei territori, che si mettono in gioco in prima persone, divulgando, comunicando e che si impegnano per esaltare la specificità dei luoghi dove operano, pagando il giusto prezzo per la qualità dei vini sfusi ma anche favorendo la nascita delle Menzioni Geografiche Aggiuntive.

 

Da regime sanzionatorio a regime collaborativo

Forse la mia è una riflessione visionaria che non proviene da problemi contingenti ma è il risultato delle mie osservazioni. Provo ad esporla, perché davvero mi piacerebbe sentire più opinioni.

Le piccole imprese, gli artigiani, il tessuto economico flessibile e virtuoso di cui è ricca l’Italia, miniera di sapienza e inventiva, lo zoccolo duro dell’Italia, ha una spada di Damocle: la difficile conoscenza di tutte le norme legislative. Questa spada che pende pronta a colpire, spesso in modo iniquo, spesso solo per far funzionare apparati repressivi, non fa altro che ostacolare il lavoro di tante piccole attività. A mio avviso il regime sanzionatorio attuale ha costi superiori ai benefici per la collettività, sia per le macchinose o lente procedure, sia per i ricorsi o semplicemente per l’impostazione depressiva e non certo virtuosa.

Non è possibile continuare ad applicare le stesse norme per chi ha un’impresa con pochi dipendenti e chi invece ha centinaia se non migliaia di dipendenti.
Le imprese familiari sopratutto sono penalizzate dalla giungla di norme che obiettivamente è difficile conoscerle tutte, poiché pochi individui non possono coprire tutto.

La mia proposta è quella di passare da un regime sanzionatorio a un regime collaborativo, nel senso che quando si fanno i controlli, per lo meno al primo, non si applichi la sanzione ma una forma di aiuto collaborativo per migliorare l’impresa inadempiente.
Una specie di piano di rientro, dove la piccola impresa si impegna a risolvere l’inadeguatezza in un arco di tempo, seguita e aiutata da quegli stessi enti che conoscono quella norma. Enti che invece di sostenersi in qualche modo dalle sanzioni, si sosterrebbero attraverso il circolo virtuoso economico del miglioramento funzionale della piccola impresa italiana.

Gli Artigiani del vino sono..

Maledetti dai tecnici. Disprezzati dai Menager. Improvvisatori. Istintivi. Passionali. Lavoratori. Farfalloni. Scostanti. Piccoli. Umili. Goduriosi. Non si fanno convincere dalle promesse. Pensano che la Natura sia sopra la comprensione umana. Vivono il vino. Non gli interessa il pollaio degli avvinazzati. Gli piace la concretezza. Gli piacciono i bambini. Amano la vita. Non sono egoisti. Creano. Sbagliano. Piangono. Soffrono. Ridono. Si fanno felici. Siamo noi… gli artigiani del vino.

La mano del vignaiolo

La mano dell’artigiano vignaiolo non è quella che fa tutto. La mano del vignaiolo è quella che con esperienza riesce a comunicare agli altri operai, il valore del lavoro manuale. Negli ultimi 20 anni il lavoro manuale è stato sacrificato in nome di un non meglio precisato prestigio del “colletto bianco”. Ci siamo riempiti di burocrazia pur di far contenti una classe sociale che vedeva nel lavoro di banca o di ufficio un lavoro gratificante. Molti extracomunitari hanno così trovato spazio in lavori manuali, detti minori, come nei vigneti. Oggi la mano del vignaiolo deve guidare questi operai, nella sperasnza che sempre più gli operai italiani riscoprono il valore della mano, nel vigneto italia.