Il colore del vino è fuorviante?

Il colore del vino fa parte di un insieme di sensazioni che questo liquido fortunatamente offre. Nelle schede di valutazione dei conocorsi il colore è una parte essenziale della valutazione. Troppo.

Quando il vino è troppo colorito è ultimamente oggetto di discredito. In rete si legge che i vini troppo “rossi” sono simbolo di tecnicismi spinti, oppure sono sinonimo di grassezze, morbidezze, elevata alcolicità e via dicendo. Ma non sempre è così.

Vorrei spezzare una lancia a favore del colore. Per mia esperienza, il suolo calcareo, basico, favorisce il colore, come l’elevata acidità fissa il colore.

Ma sopratutto pochi grappoli di razze autoctone come il Colorino o l’Ancelotta, possono dare dei colori molto forti e intensi anche a vitigni naturalmente poco pigmentati.

Vorrei riportare un recente giudizio del mio caro amico Andrea Pagliantini a proposito: “Una percentuale di Colorino nel Sangiovese  può influenzare il vino, ma essendo un vitigno neutro lo può fare solo nel colore, non nella beva e nella struttura”.

Dunque in sostanza: se un’amante è bianco/a o nero/a o mulatto/a, ed è bello/a che cosa me ne importa del colore della pelle? Così il vino.

Bisognerebbe iniziare a valutare i vini anche con bicchieri neri…

Nella foto: foglia di Sangiovese

 

La crisi è una benedizione: Auguri a tutti!

Ho ricevuto un augurio molto particolare per queste feste da Waltraud Redl, che rappresenta “Veneta Botti” in Toscana. E’ un punto di vista interessante: una citazione di Einstein del 1931:

"Non possiamo pretendere che le cose cambino, se
continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi è la più grande benedizione per le persone e le
nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce
dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E'
nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi
strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza
essere 'superato'.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà,
violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi
che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi
dell'incompetenza. L' inconveniente delle persone e delle
nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita.
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una
routine, una lenta agonia. Senza crisi non c'è merito. E'
nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza
crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi
significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare
il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una
volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la
tragedia di non voler lottare per superarla.(tratto da “Il
mondo come io lo vedo”1931)."

Grazie Redl degli Auguri, che contraccambio, e che rilancio a tutti i miei amici.

Quando una Banca comincia a fare il vino

Il Monte dei Paschi di Siena, ha lanciato nel suo portale una linea di vini, Chianti, Chianti Classico, Igt, a firma di Carlo Ferrini, prodotti dalle aziende “Mps Tenimenti”. Vedi il negozio del MPS qui.

La notizia, un po in sordina, è occasione per riflettere di come sta andando il mondo del vino in Italia.

A parte la grande differenza tra il costo di un IGT (23 euro) e un vino a Docg Chianti Classico (14 euro) quasi a sottolineare che i Supertuscan in Toscana sono i vini top e non certo i Docg, la bottiglia pesante e il design accattivante quel che più mi fa pensare, è perchè una Banca, invece di incentivare il lavoro delle aziende del territorio, si metta a fare il vino. Forse perchè già si pensa di annettere, oltre le attuali due aziende Chigi Saracini e Poggio Bonelli le numerose aziende in sofferenza e che ormai in pratica sono di loro proprietà, oppure le mie sono solo fantasie? Nel sito Mps tenimenti si recita: “MPS Tenimenti è una società del Gruppo Montepaschi, avente come obiettivo la gestione di proprietà agricole, con la finalità di creare valore aggiunto”; attualmente sono solo due…

Mi piacerebbe sapere il vostro parere.

 

Zone svantaggiate: tasse raddoppiate

Caparsa ricade in zona svantaggiata. Riporto la definizione di zona svantaggiata:

“In base al Reg. CE 1257/99, sono definite “zone svantaggiate” le zone di montagna, caratterizzate da una notevole limitazione delle possibilità di utilizzazione delle terre e da un notevole aumento del costo del lavoro (Art. 18), le zone minacciate di spopolamento e nelle quali è necessario conservare l’ambiente naturale (Art. 19) e le zone nelle quali ricorrono svantaggi specifici e nelle quali è opportuno che l’attività agricola sia continuata (Art. 20).”

Molti luoghi sono così difficili da abitare e da coltivare che basta un niente che la situazione agraria precipiti.

Ebbene, da Agosto 2010 i contributi (LAS) pagati per gli operai (e che prevedevano una riduzione del 50% per le zone svantaggiate), raddoppiano.

Bene, avanti così: tassiamo la manodopera e tassiamo chi sta peggio! Poi si vedrà.

 

Alla faccia del territorio

E’ già arrivata: la macchina che dealcolizza il vino di 1,5 – 2 Gradi. Finalmente è possibile trasformare il vino molto aloolico, in un vino meno alcolico, oggi di “moda”, addirittura lasciando inalterarte le altre proprietà.

La mia è naturalmente ironia. Dopo la macchina ad osmosi inversa, che irrobustisce il vino, ecco un’altra diavoleria. Si parla di territorio, di espressione della vigna e dell’uomo, ma sempre più la tecnica incide su questo mondo.

Uniti si vince

E’ comunemente noto che i padroni in epoca mezzadrile tenevano accuratamente le famiglie in stato di debito permanente, con vari mezzi. Si cercava cioè di non dare alcuna dipendenza economica onde evitare la fine dei privilegi dei padroni. Il debito delle famiglie permetteva di ricattarli in ogni modo e permetteva di tenere a bada con semplicità tutta una classe sociale. L’incarico di tenere a debito le famiglie era quasi sempre dato al fattore, riuscendo così quasi a nascondere il vero “mandante” di questa metodologia.

Mi sembra che a distanza di moltissimi anni, questo metodo si stia ripetendo sopratutto con la fascia media degli italiani, che sono stati “abbagliati” dal facile credito ma che ora devono fare i conti con la realtà. Chiunque andava in banca qualche anno fa per un piccolo prestito veniva convinto a prendere un grande prestito, se si chideva 10 si veniva convinti a prendere 100. Oggi questi debiti più o meno contratti dalle famiglie, ma anche da imprese più o meno piccole, assolvono la funzione di stabilizzazione sociale. Chi si azzarda a protestare? Il rischio è di perdere tutto.

Anche le piccole realtà vitivinicole risentono di questo fatto. Nonostante tutto, si continua a procedere in ordine sparso, poco uniti, rimanendo legati a logiche di controllo molto più grandi.

Si ha paura di perdere quel poco rimasto. Forse l’unico modo per una reazione unitaria è quello di perder tutto così da unirsi nelle rivendicazioni come è successo prima della Riforma Agraria del 1950?

 

Report Assemblea Chianti Classico 3 Dicembre 2010

Torno ora dall’assemblea del Consorzio Chianti Classico. Devo ammettere che un Consorzio che rappresenta imbottigliatori, commercianti, produttori-imbottigliatori non è facile da gestire. E riconosco nel Presidente Marco Pallanti una capacità di sintesi non comune. Infatti ci sono state tante idee e proposte che provo qui di seguito a sintetizzare:

Il primo punto da sottolineare è il rifiuto generale di creare un albero di produzione che prevede un Chianti Classico “giovane” oltre al Chianti Classico e al Chianti Classico Riserva. Questo è già un punto fermo.

Altro punto fermo è la volontà unanime di valorizzare la dizione Riserva, riportandola a tre anni di affinamento e/o inserire regole certe su legni, qualità organolettiche, commissione di assaggio, ecc., mentre ci sono state opiniooni diverse per quanto riguarda la proposta dell’introduzione delle dizioni comunali (=prodtto integralmernte nel comune di….) sopratutto perchè ci sono 4 Comuni che ricadono interamente nel territorio dle Chianti Classico, mentre quattro parzialmente. E’ logico pensare che un produttore di di San Casciano non vede di buon occhio la dizione di “Chianti Classico di San Casciano” in quanto si ipotizza una simultanea  dizione di “Chianti di San Casciano” da parte della denominazione Chianti, ma anche e sopratutto per l’emarginazione nei confronti di un Chianti Classico di Panzano in Chianti o un Chianti Classico di Radda in Chianti. Comunque tutti questi aspetti saranno esaminati dal CDA per cercare di trovare una sintesi. Io ritengo che la dizione comunale aiuti verso un  percorso di zonazione della produzione, verso aspetti “alti”, di nicchia si, ma trainanati per tutta la denominazione.

Quasi unanimità ha anche riscontrato la volontà di un innalzamento sia dell’immagine che della qualità media dei vini Chianti Classico con varie proposte di marketing, pubblicità, ricerca di nuovi mercati, ecc. anche se un intervento di Gianpiero Coli ha scatenato l’assemblea. In sostanza ha affermato che l’unico modo di vendere è il prezzo basso. Quando un vino Chianti Classico si vende a Euro 1,85 si vende meglio e si guadagna di più. L’assemblea è quasi insorta, naturalmente Coli ha dimenticato che il vino va prodotto e non solo acquistato. Comunque l’intervento ha evidenziato quanto gli interessi e le visioni cambiano secondo le realtà.

Un altro punto, che riguarda un’eventuale introduzione di una Denominazione di ricaduta al Chianti Classico. In propsito ci sono state opinioni molto diverse. Premesso che nel Chianti Classico ci sono circa 10.000 ettari di vigna di cui circa il 25% a Igt e che questi ultimi non hanno un sistema di controllo, mentre tutti i vigneti a Chianti Classico sono stati e continuano ad essere controllati e monitorati, questa realtà racchiude un contenitore dove a volte i vini vengono “trasferiti” alla Docg (pratica non lecita), oppure sono vigneti a Merlot o altri vitigni internazionali, eccedenti la misura del 20% prevista nella composizione del vino Chianti Classico. Questi vini rappresentano una incognita, come una variabile impazzita, dove si possono trovare vini “Supertuscan”, magari composti con il 100% di Sangiovese, e vini con il 100% di merlot, o vini venduti a 20 centesimi il litro. Questi vigneti, magari proprio adiacenti a vigneti di Chianti Classico, rappresentano attualmente un problema per la denominazione Chianti Classico. per questo motivo qualcuno richiede una denominazione alternativa al Chianti Classico (un IGT, un Doc…) che abbia un valore riconosciuto superiore a un normale IGT Toscano in quanto prodotto nella zona del Chianti Classico. Pallanti ama raccontare che un merlot prodotto in Chianti “chianteggia”…. Paolo De Marchi ha proposto una “Doc Toscana”.

Questo è un rapido report a caldo. Vedremo che succede prossimamente.