E’ possibile far vino con scarsi mezzi?

Questa domanda me la sono posta tante volte. Ho chiesto pareri tra i miei amici produttori. La conclusione è che si, è possibile fare vino anche con scarsi mezzi, ma poi senza risorse ingenti è impossibile venderlo. Come a dire: se il costo del far vino potrebbe essere anche piccolo, il costo del mercato è enorme.

Mi ricordo quando ero giovane e molto interessato alla fotografia, si diceva che era possibile fare belle foto anche con la polaroid: inquadratura, istinto, tempestività nel cogliere l’immagine potevano dare risultati eccellenti, mentre chi possiede la macchina fotografica superdotata e superaccessoriata senza talento era sprecata. In effetti questa tesi si può certamente riportare sulla produzione dei vini. L’originalità e il talento possono far fare grandi vini senza troppi soldi.

Il passo successivo è però in effetti più difficile e delicato: come vendere. E’ certo che chi investe centinaia di migliaia di euro o anche di più in marketing e comunicazione può davvero vendere molto ma con un serio rischio: I costi del marketing sono così elevati che spesso si ha più perdite che vantaggi.

E allora? Allora credo che forse una speranza tra i giovani che vogliono iniziare o che vogliono continuare a portare avanti l’attività del far vino senza dover spendere troppo c’è. Fare un buon prodotto con passione, spiegarlo il meglio possibile in una rete che piano piano si allarga e senza lasciarsi incastrare da facili abbocchi e miraggi e andare avanti per la propria strada, con fiducia. Probabilmente ci vorrà vent’anni per riuscire a vendere l’amato liquido con più serenità, ma questo momento di incertezza e di recessione può rappresentare davvero un’opportunità.

Mi ricordo un grande imprenditore, Gusmano Manetti, che mi disse una volta: finchè il prodotto è buono e fatto bene ha un valore e si venderà sempre. Saggezza.

I piccoli produttori son tutti rompicoglioni

 

L’idea che i Piccoli produttori di vino siano solo una palla al piede di una denominazione, sta dilagando tra burocrati, ideologi o politici che siano.

I Piccoli produttori: vociano, protestano, non hanno mai idee uniformi, hanno solo piccole partite da vendere, non hanno un marketing aggressivo, hanno difficoltà ad accedere ai contributi e ai finanziamenti, hanno costi troppo alti, sono tirchi e cercano di risparmiare, polverizzano e destabilizzano le denominazioni con le loro proposte…

insomma sono da eliminare, schiacciarli come mosche per respirare nuova aria facendo rimanere solo due o tre grandi produttori / imbottigliatori, con notevoli vantaggi:

solo due o tre interlocutori, accesso facile ai finanziamenti e ai contributi grazie ai grandi numeri, controllo totale dei dipendenti con minor costo burocratico unitario, prezzi stracciati, uniformità di prodotti (e senza tutto quel marasma di gusti dei produttori bio- ), ma sopratutto grandi amici che non romponio i coglioni alle dirigenze…

FACCIAMO SPARIRE I PICCOLI PRODUTTORI DI VINO: SONO SOLO MOSCHE NOIOSE! 

 

La Gran Selezione?: Una boiata.

Il Vino Chianti Classico, oltre alla confusione col Vino Chianti, ha la classificazione “Annata”, “Riserva” e “Gran Selezione”: vallo a spiegare al consumatore… spesso occorre delle mezz’ore per spiegare le differenze: i clienti fanno si col capo per non passar da scemi, facendo finta di capire. Se poi si comincia a tentar di spiegare gli Igt con tutte le loro classificazioni si rischia di farli fuggire a gambe levate…

Invece di semplificare, riconoscendo semplicemente i vini prodotti nel Chianti Classico nei singoli distretti comunali (zone ben distinte) si è preferito riconoscere le qualità nel senso di azione umana ed enologica (Gran Selezione), sacrificando così il territorio nella sua varietà (il riconoscimento zonale).

Le menzioni comunali e sottocomunali incrementerebbero la comunicazione e la valorizzazione dei territori e dei comuni anche quelli ritenuti a torto “inferiori”: ritengo una boiata affermare che, ad es., S.Casciano o Barberino non producono vini di grande valore, ci sono fior fiore di aziende ovunque!; inoltre le menzioni comunali incentiverebbero l’aggregazione di produttori, fenomeno estremamente positivo (l’ultima aggregazione è a Lamole, ma anche a Radda si è a un buon punto).
Tra l’altro con la creazione delle menzioni, potrebbero innestarsi circoli virtuosi per la creazione e valorizzazione di distretti bio, modello Panzano: I distretti bio sono e saranno sempre più importanti nel mercato di qualità, tralasciando qui i benefici ambientali, ma sempre che la denominazione Chianti Classico voglia andare davvero verso alte vette!