I misteri del vino

Tutti sanno che il vino si fa con l’uva. Ma esistono due modi di fare il vino: uno tecnico, l’altro naturale.

Dopo la seconda Guerra Mondiale si producono prevalentemente vini adottando le applicazioni della scienza. Prima di quel periodo si produceva vini solo naturali e inconsapevolmente biologici.

Negli anni, le tecniche enologiche hanno prodotto vini impeccabili anche quando le annate o i vini risulta(va)no malriusciti. Oggi si può affermare tranquillamente che i vini “tecnici” passano agevolmente le commissioni d’assaggio Docg. D’altra parte questi vini sono la maggior parte dei vini venduti, dove quasi sempre è solo il prezzo che fa la differenza nel mercato globale e così competitivo.

I vini prodotti nei luoghi “vocati”, e per vocati voglio precisare territori dove il vino da sempre è stato un alimento indispensabile, complementare, necessario per la sopravvivenza delle popolazioni che coltiva(va) la vite, capace di prosperare in condizioni difficili e quindi relativamente facile da coltivare, sono quelli che in tanti modi si scontrano con i vini tecnici. I territori vocati sono territori dove da migliaia di anni il vino viene prodotto (a Radda in Chianti la testimonianza più antica trovata è datata 2300 anni). In questi territori la natura ha sviluppato una sorta di simbiosi con la vite, insieme ai boschi, agli animali, ai funghi, ai batteri e ai microorganismi e agli uomini. Questa si chiama salubrità.

Costano un pò di più (personalmenteo nel 2010 ho perso il 75% di produzione) e si scontrano spesso con i vini tecnici nelle chiacchiere tra gli addetti ai lavori e gli appassionati  Però è importante notare come i vini naturali (bio-logici o dinamici), di territorio, se pur qualche volta imperfetti, offorno emozioni e sensazioni non omologate e a volte emozionanti. Addirittura a volte non riescono paradossalmente a superare facilmente le commissionin di assaggiop per ottenere la Docg, così tanto il palato degli esaminatori è omologato. Ma sono salubri, sono alimenti, si bevono con il cibo, non sono vini voluttuari da potersi bere ovunque dove il rischio dell’alcoolismo è dietro l’angolo.

Per questo occorrerà lavorare tanto per far emergere sempre più questi vini (di territorio vocato) e con loro i produttori che li interpretano.

Le annate nel Chianti Classico: non confondiamo le zone!

Torno dal primo giorno di Chianticlassico Colletion, presso la fascinosa Stazione Leopolda a Firenze e penso come “gliè tutto sbagliato gliè tutto da rifare” (no, non tutto, dai!).

Il primo giorno è dedicato ai giornalisti che hanno una sala bellissima dove, basandosi sul catalogo del Consorzio, scelgono i vini per annata e categoria per poi dare i giudizi sulle annate in generale e sui singoli vini dell’intera denominazione. A volte non vorrei essere nei loro panni: spesso assaggiano oltre 200 vini!

Ma questi vini hanno talmente così grandi differenze qualitative tra territori che dare giudizi generali su un annata è fuorviante. Nel Chianti Classico le variabilità per produttori e per ambiente sono molto forti nelle singole annate: per esempio i vini di Castelnuovo Berardenga non si possono paragonare con i vini di Radda, i vini di Radda non si possono paragonare ai vini di Gaiole, ecc… In buona sostanza le condizioni climatiche e orografiche, condizionano così tanto i vini all’interno della Denominazione che non è giusto generalizzare.

E’ quindi necessario restringere i giudizi sulle annate e sui produttori per singoli territori, almeno iniziando dai Comuni amministrativi (Radda in Chianti, Gaiole in Chianti, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Poggobonsi, Barberino Val D’Elsa, San Casciano, Greve in Chianti).

Ritengo che una suddivisione delle annate e delle tipologie dei vini per Comune sia importante per descrivere e comunicare al meglio le qualità, ormai diffusamente certe nel Chianti Classico. Il catalogo del Consorzio vino Chianti Classico al momento non offre questa possibilità.

Il vino senza fronzoli

Il vino è un qualcosa che va al di la della comprensione, è un mistero umano. Sentite questa:

Un vecchio contadino, il Gigli qui a Radda in Chianti, produttore di qualche quintale di vino per consumo, ma anche per la vendita, produceva vino che in alcuni anni gli veniva male. Normale, perchè chi produce vino senza tanti fronzoli, magari bio- o al risparmio, è più suscettibile delle differenze stagionali.

Insomma, per farla breve, anche quando il vino non era all’altezza, lui ci si abituava. Ci si abitua al gusto così tanto che è difficile cambiare. E lui si abituava così tanto, che se doveva andare a cena da qualcuno si portava il Suo vino, per non bere il vino degli altri e perdere l’abitudine di bere quel Suo vino, quel Suo Amore, che anche in annate difficili amava.

Una piccola storia.