La burocrazia che mette ansia

 

Di questi tempi i soloni dell’informazione commentano, prevedono e giudicano, dall’alto
della loro supponenza, sicuri di avere un reddito per qualsiasi sentenza, previsione e
commento. O.k. Il mondo è bello perchè vario.
Chi però è abituato a vivere basandosi sul concreto e sulla praticità, sulla quotidianità della
vita, i figli, la compagna o il compagno, la scuola, i conti e quant’altro si vuole, quando si
imbatte nella burocrazia, nelle assurde migliaia di scadenze, obblighi, sanzioni, regole e
contro regole, balzelli di ogni genere, in una parola la BUROCRAZIA, la depressione
aumenta fino a desiderare la morte.
Si perché la crisi è anche figlia della Burocrazia. La burocrazia uccide chi produce:
sia imprese che agricoltura. Quindi la burocrazia uccide tutti.
Sarà perfettamente inutile rinegoziare il debito italiano in UE se non si dimezzano almeno
le incombenze per produrre. Le sapienze e le conoscenze di meravigliosi artigiani sono
bruciati da burocrazia e burocrati: la mancanza di credito, questione centrale degli opinionisti, è solo un aspetto molto parziale del problema.
Ma allora cosa si aspetta ancora?
Mettere insieme tutte le forze per uccidere la burocrazia, ora, subito, altrimenti son cazzi
amari per tutti.
Capito cari partiti?

Il contrasto del Vinitaly con i vini naturali

Si parla di cambiare il mondo, si parla del bio e del bio dinamico come sistema pulito e come stimolo a cambiamenti virtuosi per l’ambiente e l’economia verde. 
E allora mi domando come il potente Vinitaly possa essere tramite di questi concetti, con Il suo Vivit (vigne vignaioli terroir), ma sopratutto chi con la partecipazione avvalla un sistema che si basa solo sul profitto, lecito per carità, ma sopratutto un sistema contrario  a tutte le logiche del naturale: il traffico, i parcheggi, la grandezza abnorme della fiera dove migliaia di aziende si affollano per cercare di emergere dal magma, dove regna il valore dell’apparire, la poca sostanza, dove si ostenta giacca e cravatta e ragazze più o meno provocanti esibite a volte come statuine, insomma un’immagine che rappresenta in pieno gli ultimi venti anni dell’Italia. Vivit, un mondo a parte qualcuno potrebbe dire, ma per me un recinto che fa guadagnare chi vive di discorsi. Chi predica km 0, chi predica la naturalità o qualsiasi altro termine simile, siamo sicuri che  la fiera di Verona sia il luogo adatto per questi argomenti? Non sarebbe meglio per diffondere i concetti di naturalità scegliere i luoghi dove si lavora, in vigna e in cantina, o eventi locali, di Paese, o manifestazioni più piccole, rassicuranti, meno inquietanti? 
Non vorrei che qualcuno si offendesse per questo post, spero solo che si apra un dibattito pacifico.