Il galestro nel Chianti Classico: suolo top nel 2014

Il galestro è un suolo che ha un inconveniente: l’erosione. Ma il galestro in annate piovose e umide è il TOP. Non trattiene la pioggia, l’acqua percola, l’aridità del suolo conferisce poca energia alle viti e non ci cresce erba. E’ dunque particolarmente adatto nelle annate fresche e piovose come quest’anno. In questi terreni ci sono uve spettacolari.

Sui Monti del Chianti il galestro si trova nella dorsale che da Mercatale va verso Panzano. A Greve in Chianti nelle zone sopra Querciabella e Melazzano. A Radda in Chianti nella zona Nord, come qui a Caparsa, Docciole e Val Delle Corti. A Gaiole in Chianti, nelle zone alte come Monti, Cacchiano e S. Martino ma anche a S. Donato in Perano.

Dunque, riflettendo su quest’annata particolarmente piovosa e fresca, esistono luoghi dove sarà possibile fare eccellenze, nonostante tutto. I territori vocati si riconoscono anche in questo: se da millenni il vino viene lì fatto ci sarà una ragione…

Mi dispiace per quei viticoltori che in particolare al Nord stanno vivendo una situazione particolarmente difficile, per la sfortuna di avere avuto la grandine o per troppa piovosità, ma dire che l’annata 2014 non sarà una bella annata per tutti è sbagliato. Le macchie di leopardo esistono e sempre esisteranno, sia in annate caldissime e siccitose, sia in annate fresche e piovose. Occorre coraggio e perseveranza: in agricoltura si devono fare le media di 10 anni almeno per capire le tendenze. Io, ad esempio, nel 2010 ero disperato: oltre il 75% di produzione portata via dalla peronospora larvata, ma in quelle 4700 bottiglie che ho potuto imbottigliare c’è un qualcosa che non sarebbe stato possibile avere senza quella perdita.

Lezioni di vita.

…e se Caparsa sparisse?

Sarebbe una sconfitta. Ma sicuramente qualcuno gioirebbe, vedrebbe aumentare i propri spazi, meno concorrenza, un piccolo produttore rompicoglioni in meno.

Trentatre anni fa io e la mia compagna Gianna facemmo una scelta verso la Terra, che a parere di molti era sbagliata, poiché l’agricoltura e il vino non permettevano redditì soddisfacenti. Ma eravamo felici poiché i bisogni erano minori, il territorio del Chianti era più sobrio, i contatti umani erano semplici e sempre pieni di nuove esperienze, sopratutto con gli stranieri che cominciavano a venire nel Chianti. L’agriturismo nasceva in quegli anni e ci assicurava un reddito complementare alla produzione di vino, per continuare quella scelta di vita e di passione. Il vino si vendeva, non si vendeva, ma non era fonte di grande stress se non si vendeva. Oggi occorre comunicare sempre più e meglio, occorre passare un tempo infinito in ufficio, si passano ore davanti al computer e poi di corsa in vigna per fare il più velocemente possibile i lavori, e poi si rincorre la qualità e il mercato, e poi c’è la burocrazia da affrontare sempre più asfissiante, e poi le tasse e le scadenze, e poi gli innumerevoli eventi vinosi che portano via tempo, risorse e salute, e poi le permanenze turistiche ormai ridottissime che fanno forse felici gli albergatori, ma non certo i piccoli agricoltori, e poi le troppe regole sul lavoro… insomma una continua rincorsa per continuare a fare e vivere quel sogno che iniziammo tanto tempo fa. Ecco: il tempo, di tempo, oggi, c’è né sempre meno per la quantità di operazioni che occorre fare nel più breve tempo possibile.

Ma non crediate che ceda, resisterò con Gianna, come resisteranno quelli come me che hanno seminato tanto in questi decenni. Ormai siamo abituati a stringere i denti.

Le differenze sono nei vini, oppure no?

Pare che lo sforzo di argomentazione per convincere i possibili acquirenti del vino siano molto fantasiosi, per tutti.

A parte l’ultima trovata del Consorzio Chianti Classico il quale nella pubblicità mostra solo le gambe di una ragazza (Sic!), molti produttori usano e tentano o hanno tentato strade e argomenti tra i più svariati, alcuni legittimi e seri, alcuni strani o dettate da mode passeggere. Provo ad elencarne qualcuno: densità extra-large nei vigneti, vigneti bassi, vigneti tondi, cloni super-autoctoni, cloni antichi, vini veri, vini bio-dinamici e bio-logici, vini artigianali, naturali, vini non filtrati, vini col brettanomiceto, musica nei vigneti, musica in cantina, maturazioni in barriques, legno in un modo, legno in un altro, in botte grande, o solo in vasche di cemento, in forma ovale, oppure anfore, macerazioni super-extra lunghe, solo con l’uso delle mani, vini col sedimento, uve iper-selezionate, tappi di sughero super-extra lunghi, bottiglie super-extra pesanti, rivestimenti di pergamena delle bottiglie, diamanti sulle bottiglie… insomma una miriade si argomentazioni per cercare di differenziarsi.

Ma alla fine è il vino che deve fare la differenza… oppure no?

 

Chianti Classico: che succede a Giugno?

Fino a Giugno sarà possibile vendere il vino “Atto a divenire Chianti Classico” agli imbottigliatori o alle Aziende a cui non è sufficiente la propria produzione di vino Chianti Classico.

Dopo Giugno, si potrà vendere solo “Vino Chianti Classico”, vale a dire certificato.

E’ un passaggio ricco di incognite. Ma epocale.

Il mercato in questi giorni è molto attivo, in quanto molte aziende vendono e comprano all’ultimo momento, prima che scatti questa variazione: comprare e vendere ancora il “Vino Atto a divenire Chianti Classico” ha i suoi vantaggi.

Questo significa infatti che il vino può essere modificato, tagliato, sistemato nei mille modi che ogni buona cantina sa fare.

Chi produce senza tanti cazzi, chi fa tutt’erba un fascio, dopo Giugno potrebbe avere qualche problema in quanto per vendere il vino dovrà certificarne l’idoneità.

Occorre riconoscere che chi ha sempre prodotto con ottime qualità, il vecchio sistema “atto a divenire” era un sistema penalizzante in quanto il prezzo del vino sfuso Chianti Classico non si è mai basato sulla qualità del vino, ma si è sempre basato sulla “carta”, cioè dai “carichi” dei vigneti, indipendentemente dalle qualità.

Da Giugno i giochi cambiano. Per lo meno si spera.

Sicuramente dall’annata 2014, questa in corso, assisteremo a un’impennata di vendite di Uve a Chianti Classico e ad una marcata diminuzione di vinificazioni a vino Chianti Classico dei piccoli produttori: azzardarsi a vinificare e vedersi rifiutare l’idoneità costringendo la vendita del vino a IGT, non vale la pena, meglio vendere l’uva.

Chi possiede l’arte di vinificare buoni vini, potrebbe trarne beneficio con un consistente aumento del prezzo.

Non sò se sarà in effetti così, perchè la burocrazia aumenterà a dismisura per chi vinifica, perchè molti piccoli produttori saranno costretti a chiudere se non saranno in grado di fare buoni vini, perchè se faranno gli accordi tra i “grandi” a scapito dei “piccoli” sarà l’ennesimo modo di inchiappettare i soliti deboli… comunque… staremo a vedere.

(La foto mostra un muro di sassi di Alberese in una casa di Radda in Chianti, tipico suolo dove si produce vino Chianti Classico tra i più pregiati e fini).

Tappo a vite: un tabu?

Una notizia forse passata sottotono riguarda la tappatura delle bottiglie di vino. Infatti il decreto UE del 16 Settembre 2013 modifica le norme cancellando la regola generale che prevedeva per i vini Docg solo il tappo di sughero (regolamenti 1234/2007 e 607/2009).

Sono sempre stato diffidente rispetto alle chiusure alternative al sughero, ma mi sto rendendo conto che anche il tappo a vite offre innegabili vantaggi. Meglio del tappo in silicone è certo, perchè dopo qualche anno il tappo si indurisce e non tiene “trafilando” ossigeno se in verticale o perdendo vino se in orizzontale; meglio di molti tappi di sughero che cedono il tipico sapore di “tappo” è evidente, ma anche meglio di quei tappi di sughero che alterano le qualità organolettiche dei vini senza dar sapore di “tappo” (e questi sono proprio tappi “canaglia”); meglio anche di quei tappi che, seppur buoni, si rompano a metà, sciupando la bella magia sella “stappatura”.

Proprio oggi Francesco gestore del Ristorante Albergaccio di Castellina in Chianti (a proposito: è un posto dove si mangia e si beve divinamente!), mi ha confessato che non vede l’ora che tutti i produttori si convertino al tappo a vite, anche per i vini di alto pregio. Anche il disciplinare del Chianti Clasico attualmente lo vieta. Lui è stanco di assaggiare ogni volta al tavolo per scoprire il tappo “canaglia” e si deprime quando apre la bottiglia con l’evidente sapor di tappo. Lui auspica, anche grazie alla recente normativa dell’UE, che in pochi anni anche i vini di pregio useranno questo tipo di chiusura. Servire al tavolo, senza la preoccupazione del sapor di tappo sarebbe meraviglioso!. A Francesco queste opinioni si sono oltremodo rafforzate parlando con Paolo De Marchi, il quale gli ha fatto assaggiare un vecchio vino, il Cepparello, imbottigliato per il mercato UK che pretende solo questo tipo di chiusura: è risultato fantastico, fresco e integro più dello stesso vino tappato con il sughero. Insomma un risultato sperimentale straordinario. E se poi lo dice Poalo De Marchi, è una garanzia.

Io ho fatto un vino eccellente, il 1999 Doccio a Matteo Riserva Chianti Classico (ho ancora pochissime bottiglie), che però ha avuto un’incidenza del 20% di sapor di tappo (evidente o canaglia): mi ha rovinato molti anni della mia vita e il dispiacere lo porto ancora dentro di me. Ho sempre dato la garanzia del cambio, ma non è una vita sana…

Quale produttore di vino può riportare esempi di casi simili? Tutti.

Tra l’altro anche il mondo di vinoappassionati sembra ormai non avere più preconcetti… vedi l’arrticolo su Intravino del 16 Nov 2011

Un vino da vecchi: il Chianti Classico

 

Una delle ragioni per cui il Vino Chianti Classico batte la fiacca sul mercato italiano, è quella di apparire e rappresentare un mondo stantio e “vecchio” per vecchi.

Addirittura Intravino, con Antonio Tomacelli in un suo recente post, afferma “Non impallinatemi, non sto dicendo che sia un vino da vecchi ma, insomma, ci siamo quasi.”

Cercando di essere obbiettivi un po’ di verità c’è per due motivi: il primo abbastanza intuibile, il prezzo medio relativamente alto che scoraggia i giovani all’acquisto, il secondo è la tipologia, che impegna il consumatore alla ricerca dell’abbinamento con pietanze appropriate, non sempre facili e realizzabili per motivi di spazio, tempo, ecc..

E’ dunque un vino difficile di questi tempi, per cui si finisce per acquistare vini più facili per tutte le occasioni (e non è detto più economico).

La ricetta per risolvere il problema è il nostro territorio. I Monti del Chianti riservano esclusive bellezze, ricordano sempre il piacere della vita, l’armonia della Natura, dei vigneti, la pace. Visitare il Chianti è un sogno per molti e chiunque è già stato in questo territorio ha mangiato bene, ha dormito bene, ha dimenticato per un attimo il caos delle metropoli.

Allora perché non cercare d’invogliare di rivivere quei momenti con l’acquisto di una buona bottiglia di vino Chianti Classico, comunicando il territorio, di ciò che hanno visto e provato, NEL vino? Le Menzioni Comunali e l’inizio di una zonazione unica in Italia, andrebbe in questa direzione.

E’ possibile una perestrojka e una glasnost in Italia?

Recentemente il Consorzio Chianti Classico ha inviato una circolare per sondare tra i soci i quantitativi prodotti di vino Chianti Classico.

Bella cosa, ma penso che pochi risponderanno. Io ho risposto ed ecco i dati che rendo pubblici:

Su ettari 9,79 ho prodotto vino Chianti Classico nel 2013 Hl 355; nel 2012 Hl 350; nel 2011 Hl 420; nel 2010 Hl 103,60. Qualcuno si chiederà perchè ci sono queste altanelanze di produzioni. E’ normale, sono Bio-logico, a volte le annate perdono quantità per vari motivi che non sto qui ad elencare. In sostanza l’agricoltura non è razionale come una fabbrica, ma è soggetta alle condizioni climatiche (forse molti non se lo immaginano nemmeno…).

Comunque si evince come qui a Caparsa si produce da poco più di 10 Hl/Ha, fino ad un massimo di 42 hl/Ha. Tenete presente che il disciplinare prevede un massimo di 52 Hl/Ha

La mia esternazione, questo post, riguarda questo: non ho mai capito come diavolo molti altri produttori riescano a produrre, o dichiarano, sempre 52 Hl/Ha… naturalmente senza voler essere presuntuoso, e senza dare assolutamente responsabilità agli altri, sicuramente più bravi di me.

Però concedetemi qualche dubbio sulla trasparenza in generale, senza parlare di quella pubblica o partitica.

Io penso che oggi, non domani, o cambia la cultura dell’italiano, che ancora se c’è l’occasione agisce in modo troppo “furbetto”, fregandosi altamente della comunità, oppure siamo in un vicolo cieco dove uscirne non si può.

Molti anni fà un Presidente cambiò, o tentò di cambiare, un sistema politico nazionale con la perestroika, che letteralmente significa “ricostruzione” e identifica il complesso di rifirme economiche, in simbiosi con una maggiore trasparenza nella vita pubblica, definita glasnost (Cit. da Wikipedia)”. Oggi occorrerebbe che gli Italiani tutti cambino con una maggior trasparenza nella vita reale… e non pretendino solo che cambino gli altri. Dovremo farlo tutti insieme… ma come si può fare in Italia senza rischiare di passar da bischeri? .

Radda in Chianti Superstar

Radda in Chianti per Storia e vocazione del Territorio sta vivendo un momento magico nel mondo dei migliori vini del Mondo. Tutte le guide del vino, tutti gli esperti, ormai ritengono questo piccolo comune del Chianti ai vertici della produzione di qualità paragonabile solo ai vini prodotti a Montalcino.

A Radda in Chianti ci sono Piccoli ma altrettanto bravi Grandi produttori, da Roberto Bianchi (Val delle Corti) a Zonin (Castello di Albola), da Piero Lanza (Poggerino) a Castello di Volpaia, da Riccardo Lanza (Pruneto) a Daniele Ciampi (Monterinaldi), potrei proseguire mettendoci anche me, e mi scuso per tutti gli altri che non ho nominato (come ad esempio Michele Braganti di Monteraponi…), ma meglio che vi affidate ai consigli degli esperti.

A Radda in Chianti anche i Nobili hanno smesso di fare i Nobili per rimboccarsi le maniche! (Piero Lanza e Francesco Bertozzi del Barlettaio).

A Radda in Chianti c’è anche uno dei più grandi, bravi ed esperti costruttori di vigne:  Fabio Fronti 100% Raddese (Agrichianti), che ha ricostruito la maggior parte dei vigneti non solo di Radda ma di mezzo Chianti negli ultimi venticinque anni e più. Con la sua esperienza e conoscenza dei luoghi e della agronomia ha contribuito notevolmente a ricostruire un prestigio meritato.

A Radda in Chianti giovani produttori si stanno facendo meritatamente conoscere con vini di assoluta eccellenza (Diego Finocchi con L’Erta di Radda e Angela Fronti con Istine)

A Radda c’è il monumento al Sangiovese: Montevertine.

Ma ì che c’è a Radda in Chianti?

Tutti qui a Radda si danno da fare e più o meno consapevolmente hanno fatto squadra insieme: artigiani, viticoltori, grandi imprenditori, turismo: sarà il territorio, la cultura che ispira questo meraviglioso luogo, sarà lo spirito di riscatto dopo 25 anni di completo abbandono a fine guerra che oggi siamo orgogliosi di gridare tutti assieme:

W RADDA!

Come procede la maturazione del Sangiovese a Caparsa

Come si evidenzia nel grafico della temperatura media degli ultimi 30 gg., si nota come l’escursione termica a Caparsa è molto elevata. Questo fa pensare al momento a una maturazione con forti caratteristiche aromatiche e fini del Sangiovese che sicuramente verrà raccolto in Ottobre.
Anche le precipitazioni come nel grafico allegato sembrano estremamente in armonia per proseguire la maturazione lenta ma inesorabile, qui a 450 metri nel cuore dei Montri del Chianti.

 

 

La Gran Selezione?: Una boiata.

Il Vino Chianti Classico, oltre alla confusione col Vino Chianti, ha la classificazione “Annata”, “Riserva” e “Gran Selezione”: vallo a spiegare al consumatore… spesso occorre delle mezz’ore per spiegare le differenze: i clienti fanno si col capo per non passar da scemi, facendo finta di capire. Se poi si comincia a tentar di spiegare gli Igt con tutte le loro classificazioni si rischia di farli fuggire a gambe levate…

Invece di semplificare, riconoscendo semplicemente i vini prodotti nel Chianti Classico nei singoli distretti comunali (zone ben distinte) si è preferito riconoscere le qualità nel senso di azione umana ed enologica (Gran Selezione), sacrificando così il territorio nella sua varietà (il riconoscimento zonale).

Le menzioni comunali e sottocomunali incrementerebbero la comunicazione e la valorizzazione dei territori e dei comuni anche quelli ritenuti a torto “inferiori”: ritengo una boiata affermare che, ad es., S.Casciano o Barberino non producono vini di grande valore, ci sono fior fiore di aziende ovunque!; inoltre le menzioni comunali incentiverebbero l’aggregazione di produttori, fenomeno estremamente positivo (l’ultima aggregazione è a Lamole, ma anche a Radda si è a un buon punto).
Tra l’altro con la creazione delle menzioni, potrebbero innestarsi circoli virtuosi per la creazione e valorizzazione di distretti bio, modello Panzano: I distretti bio sono e saranno sempre più importanti nel mercato di qualità, tralasciando qui i benefici ambientali, ma sempre che la denominazione Chianti Classico voglia andare davvero verso alte vette!