Il grande equivoco sulle Menzioni Comunali nel Chianti Classico

Mi è arrivata all’orecchio che probabilmente il risultato finale della discussione all’interno del Consorzio di tutela Chianti Classico, porterà sì al primo tentativo di zonazione, ma riservata alla “Gran Selezione”.

Sono stati previsti incontri con i soci per approfondire, ma sembra che questa soluzione piaccia alla maggioranza (dei voti).

Naturalmente mi sembra una gran boiata poichè, semplicemente, si confonderebbero le differenti caratteristiche delle zone all’interno della denominazione con le categorie del vino (nel Chianti Classico  c’è la Gran Selezione, la Riserva e il Base). Questo non deve assolutamente accadere: l’origine del vino non deve confondersi con presunte diverse qualità.

Qualcuno sostiene che sarebbe solo l’inizio per poi proseguire il progetto in seguito ma per me sarebbe l’ennesimo tentativo di manipolazione a favore di pochi.

Se dovessi votare in assemblea l’opzione di riservare le Menzioni Comunali solo alla Gran Selezione, io voto NO, nonostante sia colui che insieme ad altri piccoli produttori ha proposto questo progetto e nonostante i miei voti non pesino nulla.

 

Le annate nel Chianti Classico: non confondiamo le zone!

Torno dal primo giorno di Chianticlassico Colletion, presso la fascinosa Stazione Leopolda a Firenze e penso come “gliè tutto sbagliato gliè tutto da rifare” (no, non tutto, dai!).

Il primo giorno è dedicato ai giornalisti che hanno una sala bellissima dove, basandosi sul catalogo del Consorzio, scelgono i vini per annata e categoria per poi dare i giudizi sulle annate in generale e sui singoli vini dell’intera denominazione. A volte non vorrei essere nei loro panni: spesso assaggiano oltre 200 vini!

Ma questi vini hanno talmente così grandi differenze qualitative tra territori che dare giudizi generali su un annata è fuorviante. Nel Chianti Classico le variabilità per produttori e per ambiente sono molto forti nelle singole annate: per esempio i vini di Castelnuovo Berardenga non si possono paragonare con i vini di Radda, i vini di Radda non si possono paragonare ai vini di Gaiole, ecc… In buona sostanza le condizioni climatiche e orografiche, condizionano così tanto i vini all’interno della Denominazione che non è giusto generalizzare.

E’ quindi necessario restringere i giudizi sulle annate e sui produttori per singoli territori, almeno iniziando dai Comuni amministrativi (Radda in Chianti, Gaiole in Chianti, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Poggobonsi, Barberino Val D’Elsa, San Casciano, Greve in Chianti).

Ritengo che una suddivisione delle annate e delle tipologie dei vini per Comune sia importante per descrivere e comunicare al meglio le qualità, ormai diffusamente certe nel Chianti Classico. Il catalogo del Consorzio vino Chianti Classico al momento non offre questa possibilità.

La proposta di zonazione del vino Chianti Classico fin dal 2010!

 

http://www.youtube.com/watch?v=PXbKlGhyf5A&feature=em-upload_owner

Ricevo da Daniele Ciampi, questo video in cui si dimostra come la proposta di zonazione, iniziando dalle Menzioni Comunali, sia stata fatta già quattro anni fà, in sede istituzionale in occasione dell’Assemblea dei Soci del Consorzio Vino Chianti Classico.

Secondo voi quanti anni ancora occorreranno per arrivare a un risultato positivo? Oppure: Sarà possibile che tra 100 anni qualcosa succederà?

 

Vitis Vinifera di 2400 anni a Radda

La targhetta posta accanto alla provetta recita: “Acini carbonizzati di Vitis Vinifera” scoperti sul Poggio alla Croce a Radda in Chianti, ma non dice che quei minuscoli tre acini hanno 2.400 anni. Penso che una testimonianza del genere così antica nessun territorio vitivinicolo, può vantare. Infatti la testimoianza più antica sembra sia una sostanza secca proveniente da uva rinvenuta in una giara datata 7.000 anni in Iran, ma certo lì il vino non è oggi prodotto.

Non è quindi un caso che Radda in Chianti e il suo territorio ancora oggi dopo migliaia di anni sia al centro dell’attenzione dei vini del mondo. La vite quì ha continuato in molti modi a perpetuarsi, fino ai nostri giorni. Pensare che gli Etruschi coltivavano la vite, consumavano e vendevano il vino fino a farlo giungere in luoghi impossibili da pensare, è entusiasmante. Dopo almeno 2.300 anni ancora accade, documentato.

Al Museo di Castellina in Chianti.

Seminario di Cernilli a Castellina in Chianti: il mio parere

Bisogna che dica due parole sul seminario di Cernilli che si è svolto, all’interno della manifestazione “Chianti Classico é” e della festa di Pentecoste a Castellina in Chianti il 12 Giugno. Ho potuto tra l’altro fare un confronto con il seminario svolto dal giornalista Gioacchino Bonsignore in collaborazione con Enoclub di Siena a Radda la settimana precedente. Entrambi si sono basati sulle differenze dei territori nell’esprerssione dei vini, nel primo caso Castellina alta e bassa, nel secondo caso con una comparazione tra i vini di altura di Radda e Lamole.

Nel caso di Radda c’è stata una partecipazione attiva dei produttori-vignaioli di quei territori con i loro interventi, che hanno raccontato storie e aneddoti che hanno vivacizzato notevolmente l’evento, sapientemente condotta in stile televisivo (anche il seminario condotto da Carlo Macchi il giorno precedente si è svolto in questi termini). Nel caso del seminario del “Guru” Cernilli c’è stata solo una descrizione didascalica e descrittiva dei vini selezionati, andando a cercare  differenze strettamente degustative. Cernilli il fattore umano nei vini non è riuscito proprio a coglierlo nella sua interezza, tutto intento a “celebrare” una indubbia capacità degustativa in funzione esaltativa delle differenze del tema. E’ vero che mediamemte nel territorio di Castellina in Chianti le aziende vinicole sono grandi, che ci sono aziende che producono, assemblano e commercializzano centinaia di migliaia se non milioni di bottiglie, ma affermare che il tecnicismo enologico, secondo me presente in alcuni vini (non faccio qui i nomi), che produce vini vellutati, speziati e morbidi fa parte di un tutt’uno con la naturalezza dei fenomeni naturali, mi sembra azzardato.

Alla mia domanda se vedeva di buon occhio la proposta della possibilità dell’introduzione delle menzioni comunali sulle etichette del vino Chianti Classico ha risposto affermativamente, e questo gli va dato atto. Ma la risposta che mi ha dato sul tecnicismo, cercando inoltre di esaltare il fatto che le “tecniche spinte” sono applicate solo da aziende straniere che commercializzano migliaia di milioni di bottiglie e addirittura quotate in borsa, mentre chi produce “solo” qualche centinaia di migliaia di bottiglie è pur sempre espressione del territorio, non mi ha convinto del tutto.