Recentemente ho assaggiato il vino di Castellinuzza e Piuca, piccola azienda di Lamole, dove ho ritrovato profumi e schiettezza gustativa rari.
Il vino è maturato nei tini di cemento. Questo materiale, introdotto in Toscana dai F.lli Marziali di Levane (Ar), ha dei pregi come la buona coibentazione, una buona porosità che facilita lo scambio di ossigeno e sopratutto l’estrema naturalezza intrinseca che questo materiale possiede, assimilabile a una pietra. Negli anni ’70 in Chianti questi tini hanno rappresentato un miglioramento qualitativo incredibile, permettendo di vinificare e conservare i vini con proprietà igieniche molto migliori delle obsolete vecchie botti di castagno. Naturalmente i tini di cemento devono essere lavati con grande attenzione, non possono essere spostati, ma sostanzialmente sono migliori che i moderni tini di acciaio, troppo tecnologici più adatti alle industrie che agli artigiani del vino.
Abbiamo tutti passato un periodo dove i legni, le barriques, i tonneau hanno segnato vini più speziati, più rotondi, ma senz’altro meno naturali in quanto i tannini del legno nuovo influenzano i profumi e il gusto prepotentemente. L’abuso poi delle barriques ha poi addirittura snaturato l’approccio del consumatore verso il vino.
Naturalmente l’uso sapiente dei legni è un’arte che si riflette nei vini di alta gamma, ma si sta anche facendo strada il gusto “neutro”, che solo una maturazione in cemento può avere, impensabile da proporre solo pochi anni fa a consumatori evoluti. Insomma a mio parere è possibile fare vini di alta qualità senza uso di botti, botticelle e troncoconici che oltretutto son costi alti che si riverberano sul costo finale del vino.
Per quanto mi riguarda, dopo aver provato quel che si doveva provare, penso che il percorso della mia vecchiaia si indirizzi verso “barrowls” sempre più grandi, esaurendo progressivamente le barriques (tra l’altro veramente troppo piccole per il vino fato col Sangiovese), e con un uso sempre maggiore di vino maturato in cemento per gli assemblaggi.
Un grazie a Enrico Pacciani, autore della foto.