vino -cibo o da -meditazione ?

Foto di Paolo Rinaldi
Foto di Paolo Rinaldi

Qualche giorno fa ho incontrato ad un evento presso l’enoteca Da David in via G. Carducci 37 a Pistoia un distinto anzianotto signore che, vicino a me in situazione conviviale, ci siamo scambiati pareri finanche accesi.
La questione riguardava come intendere l’atto del bere vino.
Io sono sempre stato convinto che il vino, soprattutto in Italia, è un complemento al cibo che regala attimi di gioia in quel contesto. La bellezza dell’Italia è proprio questa: ogni luogo ha la sua cucina, le sue pietanze connesse con il vino del posto, magari orribile in una degustazione alla cieca, ma se vissuto in quel momento con quella particolare pietanza è e sarà unico e fantastico. Dunque un’espressione culturale, ambientale e tradizionale con la salubrità del vino che dipende anche dal consumo contestuale ai pasti.
Lui, anzianotto, convinto che il vino migliore deve essere bevuto in fase di meditazione, magari in conversazione con gli amici, ma senza alcuna connessione col cibo, poiché il cibo farebbe buono qualsiasi vino, soprattutto dopo un paio di bicchieri. Amante dei vini di Borgogna ha citato etichette e vini a me naturalmente sconosciuti, che sono grandi per questo motivo.
E’ scoppiata una piccola discussione, risolta dopo qualche bicchiere di Caparsino, che ancora mi fa pensare.
A chi la ragione?