Report Assemblea Chianti Classico 3 Dicembre 2010

Torno ora dall’assemblea del Consorzio Chianti Classico. Devo ammettere che un Consorzio che rappresenta imbottigliatori, commercianti, produttori-imbottigliatori non è facile da gestire. E riconosco nel Presidente Marco Pallanti una capacità di sintesi non comune. Infatti ci sono state tante idee e proposte che provo qui di seguito a sintetizzare:

Il primo punto da sottolineare è il rifiuto generale di creare un albero di produzione che prevede un Chianti Classico “giovane” oltre al Chianti Classico e al Chianti Classico Riserva. Questo è già un punto fermo.

Altro punto fermo è la volontà unanime di valorizzare la dizione Riserva, riportandola a tre anni di affinamento e/o inserire regole certe su legni, qualità organolettiche, commissione di assaggio, ecc., mentre ci sono state opiniooni diverse per quanto riguarda la proposta dell’introduzione delle dizioni comunali (=prodtto integralmernte nel comune di….) sopratutto perchè ci sono 4 Comuni che ricadono interamente nel territorio dle Chianti Classico, mentre quattro parzialmente. E’ logico pensare che un produttore di di San Casciano non vede di buon occhio la dizione di “Chianti Classico di San Casciano” in quanto si ipotizza una simultanea  dizione di “Chianti di San Casciano” da parte della denominazione Chianti, ma anche e sopratutto per l’emarginazione nei confronti di un Chianti Classico di Panzano in Chianti o un Chianti Classico di Radda in Chianti. Comunque tutti questi aspetti saranno esaminati dal CDA per cercare di trovare una sintesi. Io ritengo che la dizione comunale aiuti verso un  percorso di zonazione della produzione, verso aspetti “alti”, di nicchia si, ma trainanati per tutta la denominazione.

Quasi unanimità ha anche riscontrato la volontà di un innalzamento sia dell’immagine che della qualità media dei vini Chianti Classico con varie proposte di marketing, pubblicità, ricerca di nuovi mercati, ecc. anche se un intervento di Gianpiero Coli ha scatenato l’assemblea. In sostanza ha affermato che l’unico modo di vendere è il prezzo basso. Quando un vino Chianti Classico si vende a Euro 1,85 si vende meglio e si guadagna di più. L’assemblea è quasi insorta, naturalmente Coli ha dimenticato che il vino va prodotto e non solo acquistato. Comunque l’intervento ha evidenziato quanto gli interessi e le visioni cambiano secondo le realtà.

Un altro punto, che riguarda un’eventuale introduzione di una Denominazione di ricaduta al Chianti Classico. In propsito ci sono state opinioni molto diverse. Premesso che nel Chianti Classico ci sono circa 10.000 ettari di vigna di cui circa il 25% a Igt e che questi ultimi non hanno un sistema di controllo, mentre tutti i vigneti a Chianti Classico sono stati e continuano ad essere controllati e monitorati, questa realtà racchiude un contenitore dove a volte i vini vengono “trasferiti” alla Docg (pratica non lecita), oppure sono vigneti a Merlot o altri vitigni internazionali, eccedenti la misura del 20% prevista nella composizione del vino Chianti Classico. Questi vini rappresentano una incognita, come una variabile impazzita, dove si possono trovare vini “Supertuscan”, magari composti con il 100% di Sangiovese, e vini con il 100% di merlot, o vini venduti a 20 centesimi il litro. Questi vigneti, magari proprio adiacenti a vigneti di Chianti Classico, rappresentano attualmente un problema per la denominazione Chianti Classico. per questo motivo qualcuno richiede una denominazione alternativa al Chianti Classico (un IGT, un Doc…) che abbia un valore riconosciuto superiore a un normale IGT Toscano in quanto prodotto nella zona del Chianti Classico. Pallanti ama raccontare che un merlot prodotto in Chianti “chianteggia”…. Paolo De Marchi ha proposto una “Doc Toscana”.

Questo è un rapido report a caldo. Vedremo che succede prossimamente.

 

16 pensieri riguardo “Report Assemblea Chianti Classico 3 Dicembre 2010”

  1. Grazie per questo prezioso riassunto della riunione.
    Ci tenevo molto a conoscere lo svolgimento della giornata.
    Personalmente sono per riportare in etichetta il Comune con eventualmente la sottozona.
    Non credo che S.Casciano perderebbe appassionati, anzi sono convinto dell’opposto.
    Mi viene in mente l’esempio delle Langhe. I veri appassionati di Barolo sono in cerca non solo dei cru più prestigiosi ma anche delle singole vigne meno conosciute.
    Saluti

  2. Grazie Fabio.
    Certamente una prima suddivisione per Comune sarebbe un bel valore aggiunto alla Denominazione; se poi non si vuol usare la dizione comunale, garantisce sempre il nome Chianti Classico, no? C’è stato un produttore di Greve che orgogliosamente ha raccontato che Greve è il "suo" comune, dove produce, e se Panzano (che ricordo è una frazione del Comune di Greve) volesse essere indipendente (come potrebbe essere Lamole) non ci sarebbe nulla in contrario.
    Uniti si vince.

  3. Pur essendo assolutamente favorevole alle menzioni comunali (e sotto comunali) come produttore di S.Casciano credo, in tutta sincerità, che non lo rivendicherei in etichetta. Innanzitutto perché le "mie" vigne, pur essendo in questo comune sono site nella val di Greve e non nella val di Pesa ed in ogni modo preferirei scrivere semplicemente "Chianti Classico."
    Se fossi in una zona più prestigiosa ovviamente ci terrei a sottolinearlo…ma va bene così !
    Paolo, ottimo resoconto dell’assemblea.
    Saluti

  4. ottimo resoconto Paolo,anche se sulla riserva con 3 anni di invecchiamento non ho sentito tutto questo consenso.Sulle denominazioni comunali: hanno senso se aiutano a risolvere uno dei problemi maggiori della denominazione,cioè che i vini di Coli e affini a 2-3 euro hanno la stessa denominazione dei tuoi o dei miei.andrebbe trovato un sistema perchè solo vini di un certo livello possano avere la den. del comune.allora si qualificherebbe in alto il pezzo migliore della denominazione,e questo potrebbe ridare credibilità a tutta la denominazione.

  5. Innanzitutto grazie del tuo intervento, Roberto. Poi vorrei sottolineare come la rete può funzionare come supporto a una discussione veloce e… scritta.
    Le Denominazioni Comunali sarebbero legate strettamente alla dizione "integralmente prodotto nel Comune di…." separando chi produce dalle vigne aziendali, da coloro che non lo fanno. Come sai la legge permette di mescolare uve o vini accquistati fino al 50% e fregiarsi di "prodotto e imbottigliato" o "prodotto all’origine". Una ambiguità.
    Le denominazioni comunali rappresenterebbero dunque una discriminante verso l’alto per valorizzare vini di nicchia e di territorio. Senza incidere minimamente sul complesso della Denominazione.
    Anche la Riserva, rafforzerebbe una valorizzazione verso l’alto. Per come farlo io ho riportato alcune proposte udite in asssemblea; ma sarà campito del CDA trovare la sintesi tra tutte le opinioni.
    Queste sono opportunità e ognuno è libero di accoglierle o no, come ha sottolineato Cristiano Castagno.

  6. Se mi posso concedere un ulteriore commento, vorrei spendere due parole sull’importanza che i blog, come questo stanno assumendo per lo scambio d’opinione, e ieri ne abbiamo avuto un’ulteriore dimostrazione. Sarebbe pertanto auspicabile che sul sito istituzionale del consorzio stesso si aprisse una "bacheca informatica" o in altre parole un forum che non sarebbe altro che un’assemblea dei consorziati permanente e che darebbe la possibilità di concretamente mettere in pratica una sorta di democrazia diretta, (vabbè non esageriamo), nella gestione di una realtà come quella del consorzio del Ch.Cl. Cosa ne pensi ? Ciao

  7. Mentre scrivevo sono passati dei signori di Pordenone a comprare del vino (e che con ogni probabilità passeranno anche da te) e quindi quando ho inviato il commento, tu avevi intanto postato il commento che in parte era già una risposta…

  8. Pare che l’intenzione ci sia, ma credo che sia difficile istituzionalizzare un blog del Consorzio, a rischio che tale comunicazione sia appiattita dall’esigenza di accontentare tutti.
    Però, come sottolineato all’assemblea con un lungo applauso, l’esigenza di una trasparenza delle decisioni del CDA è importante. Già c’è una bacheca riservata ai soci sugli interventi nel CDA, ma la visibilità è talmente ristretta, con l’impossibilità di commentare, che quasi questa iniziativa è sconosciuta.

  9. Vorrei qui sottolineare l’importanza del dibattito in corso. Sul blog di Franco Ziliani sta nascendo una polemica su meriti o non meriti (vedi intervento di Paolo al post: http://vinoalvino.org/blog/2010/12/oh-happy-day-ciumbia-che-bel-giorno-oggi-sono-proprio-felice%e2%80%a6.html#comments ). Ziliani fa il suo lavoro, può piacere o non piacere, e riporta i punti di vista scritti da altri. Tutto questo favorisce dibattito, comunicazione. Eventuali precisazioni possono essere velocemente riportate: questa è la potenza della Rete. Mi sembra positivo, no?

  10. Sicuramente positivo, ma il rischio di dibattere sul blog di Ziliani (che stimo davvero, per il suo esporsi, senza cercare un tornaconto personale e la sua schiettezza spiazzante), è che per esempio, il consorzio faccia "orecchie da mercanti": cosa che questa volta non è successo con l’intervento del Presidente, ma quante volte va cosi ?
    Quindi, predisporre una "bacheca informatica" sul sito del Consorzio, con accesso limitato necessariamente ai soci, dove esporre il proprio contributo, previo "filtro" di un moderatore, sarebbe una cosa proficua se davvero interessa il parere degli associati. Ci sono molti soci, come il sottoscritto, che per una naturale avversione nel volersi esporre parlando in pubblico, preferirebbero scrivere anziché parlare. A vedere bene cosa cambierebbe a patto ovviamente di firmarsi nome, cognome, e azienda ?

  11. Difficilmente io e Paolo la pensiamo in maniera diversa su qualcosa. Su questi argomenti poi è quasi impossibile! 😉
    Va messo in conto che istituzioni più storicizzate e meno agili facciano fatica a comprendere la velocità dei cambiamenti in atto, sia per quanto riguarda il mercato che le modalità istantanee di comunicazione delle opinioni. Pallanti è abbastanza giovane per ben capire tutto, anche se è talcolta costretto ad assecondare le esigenze e le convinzioni dei grandi gruppi. E’ un faticoso compromesso, ma i piccoli possono far valere velocità di comunicazione, condivisione e l’appoggio degli appassionati in rete. In questo modo si può vincere!

  12. Hai toccato un argomento scottante: la vecchiaia del CDA. A occhio l’età media è di 70 anni. Nulla in contrario con gli anziani, hanno esperienza, ma qualche giovane in più ci vorrebbe. Anch’io sono vecchio, ho 52 anni… bisognerebbe quindi che chi decide ascoltasse e valorizzassero i giovani, più dinamici e più pratici della Rete e del mondo nuovo che ci circonda.

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