36 blogger in visita a Caparsa

Erano tutti insieme, i 36 blogger provenienti da tutto il mondo in visita ieri a Caparsa. Devo confessare una certa tensione prima dell’arrivo, ma sopratutto quando sono scesi dal pullman: armati di cavalletti, macchine fotografiche, i-Pad, computers, sembrava d’essere in un mondo proprio virtuale. Virtuale o no, ho fatto la mia visita guidata, e ho cercato di comunicare la realtà dei piccoli coltivatori di vino nel Chianti Classico. Ho cercato di spiegare le differenze di stile, di vita, ma anche sociali e politiche tra “Wine Industries” e Vignaioli…

L’impressione è che la categoria “giornalisti” sia un pochino in declino, in quanto internet sta spiazzando questa categoria, e i wine blogger, che si radunano ogni anno in Paesi diversi, quest’anno si sono radunati in una  conferenza a Franciacorta (EWBC 2011, 14/16 Ottobre) per organizzarsi e scambiarsi idee. Una passione, in comunità, davvero grande…

15 pensieri riguardo “36 blogger in visita a Caparsa”

  1. Non c’è dubbio su questo Paolo. Però io non confonderei lo strumento con chi lo usa. Il blog lo usi anche tu eppure resti un vignaiolo, lo usa Ziliani eppure resta un giornalista. La differenza poi la vedi nella professionalità e nella qualità dei contenuti di chi scrive e vive di questo, rispetto a chi lo fa per curiosità e passione. Di fatto chi inizia usando il blog, poi si evolve e prima o poi diventa anche giornalista o comunque un professionista della comunicazione. Io ad esempio ritengo, ma ho anche scelto, di appartenere a questa seconda categoria, perché "giornalista" in Italia è ancora troppo legato ad una struttura organizzata, alle caste, ai privilegi per i più furbi (come sempre avviene in Italia) ecc.
    Tutto può tornare utile, anche ai produttori ovviamente, che spesso per invitare giornalisti sono costretti come minimo a pagargli tutte le spese. Ma è questione di tempo, già la maggior parte dei blogger, a prescindere dalla qualità del proprio operato, entra con facilità gratuitamente in molti eventi e manifestazioni, riesce ad entrare in circuiti una volta esclusivi per le categorie professionali, il tutto sempre "in nero".
    Il vero problema è che sul web non c’è distinzione fra professionista e dilettante, sono tutti equiparati, e questo non credo che sia un bene, poiché i professionisti sono lavoratori come gli altri e cominciano ad avere serie difficoltà ad andare avanti (e questo facilita l’incremento dei cosiddetti "marchettari", che almeno non muoiono di fame).
    Su queste cose si dovrebbe riflettere un po’ più seriamente, tutti.

  2. Roberto, mi pare che con grande lucidità hai centrato la questione. In effetti si sta creando una certa confusione. Vorrei aggiungere qui un’altra osservazione, che i Social Network, collegati strettamente con i blogger, stanno diventando sempre più importanti per obbiettivi di marketing. Nel mio caso, non nascondo il fatto che la visita è stata organizzata e spesata dal Consorzio Chianti Classico, insieme ad altre visite di aziende molto grandi qui in Chianti, avendo avuto un "ticket" dalla conferenza dei Blogger. Dunque, l’attenzione del marketing, nel nostro caso il wine-marketing, comincia a percorrere anche questa strada, pagando qualcosa per percorrerla: Il tutto non è certo privo di contraddizioni… sarebbe interessante conoscere le opinioni di tanti altri…

  3. non c’è dubbio, Facebook, Twitter, in misura minore Linkedin ecc. sono diventati un "luogo di business", non a caso quasi tutti i nuovi siti aziendali sono di fatto dei blog e sono iscritti a questi Social Network. Ma questo è comprensibile, il problema è sfruttare la situazione indiscriminatamente, senza dare più importanza alla qualità di chi poi riporta (se ne ha voglia) ciò a cui ha partecipato.
    Sapessi quante volta le agenzie mi mandano inviti come "blogger", e questo non va bene, perch blogger non vuol dire nulla, non è una figura professionale, ma semplicemente un soggetto che usa uno strumento per raccontare quello di cui ha voglia. Però questo, per chi organizza eventi, visite, serate, ha dei costi sicuramente inferiori, quindi si è spronati ad approfittarne, contando più sui "passa parola" nei social network che su articoli di approfondimento firmati da professionisti.
    In sintesi, non è altro che lo stesso fenomeno che si sta svolgendo in tutto il mondo del lavoro: si prende ci costa meno e gli si fa fare cose che chiunque potrebbe fare, la professionalità non serve più. Ne riparleremo fra qualche anno…

  4. Paolo, I am sorry to write in english, I was in Caparsa with the wine Bloggers Conference. This is a very valid discussion in your blog about the bloggers and professionals.
    I have a wine school in Brasile and I have been working in wine since 1996. I dont feel like a blogger, but the blog is a good way to comunicate with people about what we see when we go to places like yours. But, its true, I dont see many professionalism sometimes. There is a lot of people with nothing to add who write about wine. But a blogger can be a professional (in this case, in wine) and that is good way to comunicate, the same way you do. What I suggest is to get to know some blogs. I am sure you and the people who commented here can have good surprises. My blog is in portuguese but is translated also to english. the link is on my website

  5. Professionismo, lavori di qualità, e io aggiungo gavetta, tempo, molto tempo, per arrivare ad un livello minimo di qualità è contrario ad una filosofia e a un comportamento dove il tutto "subito" e il tutto mascherato da un vestito, e dentro nulla, il miraggio di un successo veloce, magari vendendosi e vendendo le idee di altri, è il comportamento dominante degli ultimi anni.
    Ma un seme c’è, ci deve essere, per un cambiamento. Molti giovani, diciamolo: anche grazie a una crisi inventata da speculatori finanziari, da chi ha rendite, da chi non ha mai lavorato in vita sua, stanno reagendo. Si comincia a capire il valore di un cambiamento, che è nell’aria.

  6. Per me manca una definizione di partenza in questa discussione, perchè uno dei "vantaggi" dei blog è anche che chi non conosce "niente" di un soggetto, ma magari rimane interessato, possa dire la sua, esprimersi, confrontarsi.
    Certo poi dipende dall’intelligenza di ognuno di voler imparare o rimanere sulle proprie posizioni, e di far evolvere il confronto in una crescita personale o meno.
    Ma la validità del mezzo è proprio la libertà, il fatto di non dover essere professionista.

    La "deriva" commerciale attuale dei social network, poi non so quanto "attuale" è visto che in realtà sono quotati in borsa appena acquisicono numeri, rischia di togliere la spontaneità di "chi non capisce" per metterla in mano ai professionisti. Nemeno questo lo vedo in modo positivo.

    Se penso a soluzioni che mi piacciono, democraticamente…. li vedo solo nelle scelte personali, e non di certo in normative.

  7. Antoine,
    in realtà c’era, infatti la discussione non verteva sullo strumento "blog" ma sul fatto che "Blogger" oggi non è "chi non capisce", ma chiunque lo usi. E’ un’entità di una ambiguità incredibile, perché al suo interno c’è di tutto di più. Mentre su un giornale scrivono i giornalisti, su un blog posso scrivere tutti ed utilizzarlo nei modi più disparati: come vero e proprio diario personale, come strumento di lavoro, come modo per farsi conoscere, ecc.
    Tant’è vero che ora il blog lo utilizzano moltissimi produttori, alcuni in modo serio e utile, come questo, dove Paolo Cianferoni parla in prima persona e quindi comunica il suo quotidiano, le sue preoccupazioni, le sue soddisfazioni, in qualità di "uomo del vino". Ma molte aziende, invece, mettono il blog in mano ad agenzie o a persone esterne, che dovranno occuparsi di utilizzarlo in funzione promotrice dell’azienda, quindi uno strumento come un altro per farer business (diretto o indiretto che sia).
    Il fatto che ognuno possa esprimersi come vuole non fa parte del contesto dell’argomento, è ovvio che è una cosa positiva e deve essere difesa assolutamente.
    Qui si discuteva di quanto il blogger non professionista venga sempre più utilizzato "in sostituzione", non per le sue straordinarie capacità, ma perché "fa più comodo" e oggi "tira". Il blogger, forte proprio dei social e dei canali di comunicazione web, sui quali è quasi sempre ben preparato, è un ottimo strumento per veicolare informazioni, buone o cattive che siano, e, restando nell’ambito enogastronomico, le aziende ne approfittano perché porta vantaggi con la minor spesa.
    Oggi i blogger, anche se hanno aperto l’ennesimo blog l’altro ieri, fanno richiesta agli eventi per poter entrare gratis, come se fossero dei professionisti, in molti casi ci riescono. Questo non è positivo, perché chi svolge la professione vive della sua attività, anche quando va ad un evento enogastronomico. Il blogger (non professionista) invece lo fa per proprio divertimento, per allargare le sue conoscenze, ma senza neanche l’impegno di dover scrivere e rendicontare ciò a cui ha partecipato.
    Ecco, manca una regolamentazione in questo senso, andando avanti così succederà come nelle altre realtà lavorative: gli stagisti e i precari che sostituiscono i dipendenti. E niente più strumenti di difesa per chi lavora.
    Ma è un discorso lungo e complesso…

  8. A scanso di equivoci: ho avuto personalmente modo di verificare quanto dico, essendo collaboratore di un evento a cui tengo molto per la sua impostazione multiculturale. Ebbene, l’anno passato hanno fatto richiesta di ingresso gratuito ben 120 blogger! Poi ne sono arrivati meno di metà, e circa il 15% ha riportato qualche notizia sull’evento.
    Certamente gli organizzatori potevano negare l’ingresso gratuito, ma essendo un evento ancora poco noto, il tam tam mediatico che ne sarebbe scaturito avrebbe potuto provocare non pochi danni alla manifestazione.
    Perché, se i blogger, come tu dici, "non sono professionisti", allora hanno la presunzione di voler entrare gratuitamente agli eventi (e quindi bere e mangiare gratis ove possibile)?
    Io non credo che una normativa possa risolvere il problema. La questione è il malcostume tipicamente italiano dell’opportunismo, l’occasione per approfittare di un momento favorevole e "prendersi tutto il possibile", un male antico, oggi ancora più diffuso e incontrollabile.
    In ogni caso, ripeto, "blogger" è chiunque, professionista e non, persona in gamba e approfittatore, quindi una categoria indefinita e proprio per questo ambigua.

  9. Capisco la logica, che posso anche condividere sul piano sindacale, ma allora non è un problema di blog, è un problema di furbi.
    E un problema di compromessi, se organizzo una manifestazione quanto compromesso sono disposto a fare, voglio che ne parlino degustatori autorevoli o no.

    In quanto produttore mi pongo la domanda cos’è l’autorevolezza legata al commercio, quella del consumatore o quella dei giornalisti?

    Quale delle due opzioni mi da un ritorno in rapporto al mio mercato alla mia presenza reale sul territorio?

    Quanti produttori imbottigliatori ci sono in Italia?
    Di quanti produttori i giornalisti parlano veramente?

    Quale è il costo di un investimento sul giornalista?
    e quale il ritorno in rapporto alla mia reale presenza sul mercato?

    Mi sa che se si da una risposta a tutte queste domande, diverse saranno in opposizione.
    Spesso per le piccole dimenzioni il rapporto con la "piccola cerchia di amatori" rende molto di più che di essere "famoso". Certo per soddisfare l’ego c’è chi ha bisogno di più o meno autorevolezza.

    Ma quelli a chi conviene l’investimento "giornalista" in fondo sono pocchi, e non riesco a capire come risoleverlo…

    Prendo un esempio nel artigianato, mia moglie è ceramista, ha fatto 4 anni di scuola, sa calcolare un smalto, e li fa tutti da se. Oggi, insomma da un po anni indietro, c’è una marea di persone che per occuparsi il tempo si sono messo a lavorare la "creta" si trova tutto oggi, terra, smalti già fatti industriali,di tutti i tipi ben fatti, e dunque queste persone fanno anche oggetti belli, vanno poi sul mercato, ma a parte la creatività non sono "professionisti" e sono sicuro che nessun giornalista che va su un mercato andrà a chiedere se il pezzo che vuole comprare è fatto con uno smalto acquisito o prodotto….

    Io non vedo una soluzione che non sia una soluzione di chiusura.
    Che si fa l’albo dei ceramisti che hanno studiato e quello di quelli che comprano lo smalto?
    O l’albo dei blogger che sono iscritti all’albo dei giornalisti e l’albo di quelli che scrivono per divertimento?

    Si potrebbe fare lo stesso con i produttori di vino.
    L’albo di chi lavora con le proprie conoscenze agronomiche e enologiche e l’albo di chi usa quello che il mercato offre come consulenze.

    Siamo in una sociètà di "bricoleurs" non vedo come diffendere la professionalità, e mi interessa capire quali potrebbero essere le proposte.

  10. Antoine-sono d’accordo con tutto quello che dici, davvero. Giusto per chiosare ancora un po’, dico che anche la categoria dei giornalisti, secondo me non è ben definita negli intenti. Un po’ di tempo fa sul blog di Ziliani c’era un giornalista inglese che si lamentava candidamente che i produttori pugliesi non si erano degnati di inviargli dei campioni di vino per essere recensiti e quindi affermava di non poterli promuovere. La cosa mi ha fatto pensare, ma perchè mai i giornalisti devono promuovere i vini dei produttori ? Secondo la definizione di Wikipedia il giornalista è colui che cerca le notizie e dopo averle verificate procede a farle pubblicare. Se i giornalisti del vino semplicemente si vedono come promotori di vino allora, IMHO, il titolo di giornalista è inappropriato. Diciamo che sia tra i blogger sia tra i giornalisti ci sono semplicemente delle persone con un comportamento border-line che utilizzano la loro posizione sia per intenti marchettari, quando non ancora smaccatamente per furberia ed imbucarsi qua e là, ma è così va li mondo. Saluti

  11. Aggiungerei un’altra considerazione: il mondo dei wine-blogger può riservare delle dispiacevoli situazioni per produttori e organizzazioni varie poco attente. Con facilità si potrebbe incappare in giudizi o post negativi, che poi in rete si amplificano. Per cui le azioni di marketing in questa direzione, deve essere ben consapevole di quel che fa. Il giornalismo professionista difficilmente incappa in situazioni in cui non ci siano ampie soddisfazioni e semplicemente evita di riportare giudizi negativi. Questa è una differenza da sottolineare.
    S’intende, senza giudicare.

  12. Paolo, le azioni di marketing sono sempre, per definizione, ad esito univoca, ovviamente positiva. La volontà di fare vera informazione che invece dovrebbe essere il fil rouge che unisce il bravo blogger ed il giornalista professionista è altra cosa, ma non dovrebbe ovviamente escludere la necessaria sensibilità di rispettare il lavoro del produttore.
    Quella dei blogger non è una categoria più ambigua di quella dei giornalisti però, è solo che i giornalisti hanno l’Albo dietro il quale pararsi ed avere una credibilità diciamo d’Ufficio, qualunque cosa facciano. Se fosse invece l’Informazione ad essere la cosa principe da tutelare, e non un Albo, allora certi bravi blogger in certi casi vincerebbero il confronto diretto, con la forza della verità !
    La professionalità non può essere intesa una casta da difendere,ma è una cosa da conquistare sul campo, giorno dopo giorno con le azioni ed i fatti. Se gli smalti preparati a mano non sono meglio di quelli industriali allora non meritano essere difesi.

  13. Cristiano, sono contento che qualcuno sia d’accordo con me ;o)
    Un bemol sugli smalti preparati a mano o industriali…. se vanno diffesi o no, sono per altri mottivi.
    Perchè si diffende il piccolo produttore di vino?
    -mica per forza fa vino migliore!
    -nemmeno per forza rispetta di più il territorio!
    -mantiene più cultura sul territorio questo si.

    Sui Blogger che parlano male… non so se succede spesso, e non so se è un rischio reale… so però che sul turismo ci sono siti di valutazione/pubblicità per gli appartamenti per esempio; e so anche che qualcuno ha provato a fare in modo che riceva un certo numero di complimenti, il costo arriva quando qualcuno se ne accorge e poi viene pubblicato sul sito che si sospetta che i complimenti siano fasulli…

    Voglio dire che se uno spazio rimane libero, esistono anche anticorpi "naturali".

  14. Mah, dico la mia. I blogger sono nati liberi ed indipendenti e questo lo si appura più che altro quando danno vita a post di informazione politica che troppo spesso è inquinata dal giornalismo leccaculo. E’ vero, il blogger spesso è un "semplice" appassionato che non vive (fortunatamente) di questo perchè se dovesse farlo allora starebbe a libro paga di qualcuno che, come sappiamo, non può essere Intravino, Dissapore, Scatti di Gusto, Pignataro Blog, etc, che sappiamo tutti non pagano per gli articoli.
    Dico poi questo: il fatto che molti giornalisti diventino blogger, e non parlo solo di vino, mi inquita un pò perchè alla fine si rischia di far diventare casta anche questa categoria.
    Cosa differenzia i vari blogger? I contenuti, sono loro che fanno selezione nel tempo e fanno acquistare autorevolezza.

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