Vecchia ricetta del Chianti Classico

C’è un interessante piccolo trafiletto nella guida “Slow Wine 2012”, a pagina 764, che (sperando non vada incontro ai diritti d’autore), riporto in parte:

“Il disciplinare di produzione del Chianti Classico è stato modificato nel giro di pochi anni. Nel corso degli anni il celebre metodo del Barone Bettino Ricasoli di associare il Sangiovese col canaiolo, ciliegiolo, colorino, trebbiano e malvasia toscana, si è afflievolito a favore di un taglio moderno, con l’utilizzo di vitigni internazionali, indotto da un mercato che richiedeva vini più consistenti. Attualmente il disciplinare non prevede l’utilizzo di uve a bacca bianca nel vino. Crediamo che la territorialità di un vino si possa affermare ed esprimere al di là del corredio varietale. E’ nelle mani del viticoltore che si esalta il luogo di origine attraverso un’agricoltura rispettosa e sensibile verso la tradizione di un territorio”. E si citano alcuni vini di Castellinuzza e Piuca, Podere Erbolo, Reggine e Caparsa, “vini che trovano spazio nell’ambito delle IGT o dei vini da tavola, snaturati quindi sul fronte appellativo.”

Che dire di meglio? Chi ha orecchi per intendere, intenda.