La dematerializzazione dei registri nel settore vitivinicolo: uno strumento per far chiudere i piccoli produttori

La scadenza per l’obbligatorietà del sistema è fissata per il 30 giugno. Molti piccoli produttori, io compreso, se non riusciranno a conformarsi per tutti i motivi possibili e immaginabili, rischiano di chiudere. Fa spavento questo cambiamento: se prima riuscivo a compilare i registri cartacei, ormai metodo consolidato, non potrò più farlo telematicamente perché io faccio l’agricoltore e non l’informatico/impiegato, a meno di smettere di lavorare in vigna e in cantina.
Sto prendendo in seria considerazione di smettere di imbottigliare e di vendere l’uva per evitare un infarto da carico di lavoro.

Le grandi aziende hanno vinto? probabile.
Il mio CAA, scrive tra l’altro: “Innanzitutto sarà richiesta un maggiore livello di dettaglio sulle registrazioni delle operazioni compiute in cantina che dovranno essere annotate tenendo conto delle tempistiche previste e della completezza dei dati richiesti dal sistema. Il mancato rispetto di queste caratteristiche comporterà infatti l’esposizione a sanzioni o blocchi delle lavorazioni (ad esempio la dimenticanza della annotazione dell’inizio del periodo di invecchiamento obbligatorio potrebbe portare all’impossibilità di imbottigliamento di un vino). Viene inoltre resa indispensabile l’aggiunta di una serie di informazioni molto dettagliate circa la caratterizzazione dei prodotti, tale da generare una proliferazione delle anagrafiche dei prodotti detenuti in cantina (per fare un parallelo con i registri cartacei aumenteranno le colonne dei registri).”
Maggiori dettagli qui (ed in particolare i files denominati “Guida rapida alla tenuta del registro” e “Modalità operativa per l’attivazione del registro di carico e scarico”)

Assicurazione grandine: solo un giro di soldi?

grandine

Sono il solito brontolone, ma sentite questa:

Ricevo numerosi inviti dal Co.Di.Pra. per rinnovare l’assicurazione sulla grandine per l’uva per il 2016 (scadenza 30 Aprile). Ma quest’anno ho deciso di non farla: rischio!. Si, perché per stipulare la polizza occorre aderire al Co.Di.Pra, poi fare domanda ad ARTEA, ma prima occorre fare il PAI che deve essere redatto dal mio CAA. Il tutto alla luce dell’esempio della campagna 2015: Pagare la polizza in acconto, pagare il saldo, ricevere la liquidazione parziale dei danni subiti (perché il danno si calcola solo dopo il 10%: la franchigia), e poi.. sto aspettando ancora la quota spettante da ARTEA che dovrebbe restituire il 60% del premio pagato.
Insomma, per chi non è addetto ai lavori non vi spaventate per le sigle, per chi è addetto ai lavori, una gran perdita di tempo per far funzionare l’ ennesima ruota burocratica.

We do not deny the origins

It seems that to submit to the dominant aesthetic culture, is all the rage. High Heels, lips redone, artifacts wines, great design, fiction, most of the substance would count.

Last year we were invited to Casole d’Elsa in one of the most luxurious hotels in the world, by Americans, my friend Richard, and I saw strange things: Americans are looking for authenticity, luxury ok, but always predisposed to pleasure , whatever the cost, no frills, also doing debts. The Italians have seen too obsequious them, attracted by the illusion, too attentive to formalities and niceties that (you think) are winning with the stranger.

A metaphor.
I think we can be proud of their origins, to remain what it is, without trying to be otherwise pseudo-elegant, it is much more rewarding and truly normal and winning, rather than pretending something we’re not. We are all human beings, and in our world today lacks authenticity. How to give birth to a calf.
The world of wine is the focus of this thought.

 

Il grande successo dei corsi sul vino

Non si era mai visto un fermento così grande per i corsi del vino. I partecipanti sono disposti a pagare 5/600 euro per fare un corso di qualsiasi genere, ufficiali o no, sul vino. Corsi della FIS dell’ONAV, dell’AIS, dei giornalisti o di comunicatori o di sommelier, persone che cercano di spiegare, di insegnare, di divulgare la cultura del vino in Italia. Un grande business, tanti sono le persone desiderose di partecipare ai corsi. I corsi di vari livelli moltiplicano poi il giro.
Dopo l’abbandono della cultura del vino in Italia, dalla seconda guerra, oggi le cose stanno cambiando e con esso il consumo consapevole di qualità del vino in Italia. Le nicchie di produzioni di vino di territorio cominciano ad essere seriamente rivalutate. E’ un interesse che fino a poco tempo fa ci si poteva solo sognare.
L’unico dubbio che ho sui corsi è che molti partecipanti lo facciano nella speranza di avere un ruolo, un lavoro in questo campo. Spero solo che sia la passione che li spinge, che questo sia lo spirito giusto da affrontare e che i corsi non siano considerati uno strumento per arrivare a ruoli lavorativi nel vino che, oggi, sono già affollatissimi.
Ma staremo a vedere. I giovani crescono e porteranno sempre nuove idee e iniziative.

Tanti Auguri a tutti i corsisti!

Lo stress da competizione

Il Vinitaly si appresta ad aprire i battenti, io non ci sarò, come non ci sarò in altri eventi vinosi più o meno collaterali. Alla mia età mi piace andar per vigna ed anche per famiglia, pur tra mille difficoltà. Il lavoro che faccio è sempre pieno, il tempo per dedicare a eventi così distanti e grandi, mi riesce difficile. Guardare le viti che germogliano mi da più soddisfazione.

Forse i miei figlioli un giorno torneranno, chissà. Però, in definitiva, considerando che il costo della partecipazione si aggira da un minimo di 5000 euro a 10000 euro per una piccola azienda come Caparsa, preferisco investire quei soldi in altri modi. Ma in confidenza la grandezza di quella fiera, dove si aspetta Godot, i soliti discorsi, la speranza di un business, ma sopratutto la competizione esasperante per garantire la continuità o la crescita della propria attività, il traffico, la gente, mi lascierebbe perplesso, oggi.

Sicuramente se partecipassi sarei gagliardo e contento ma alla lunga la competizione che si respira al Vinitaly mi stancherebbe, al ritorno per recuperare mi ci vorrebbero le cannonate. Meglio godere, a volte, della quotidianità.

Dimenticavo…: ho inviato 4 bottiglie, sole solette, di Caparsino Riserva 2011 a Vinibuoni d’Italia lì al Vinitaly, Pad. 12 Stand C2..

Degustazioni troppo popolari, quali soluzioni?

raddanelbicchiere2016

Ultimamente ho ascoltate diverse lamentele sulle modalità di svolgimento di alcuni eventi di vino: troppa gente, troppo popolare, troppi ubriachi, vogliamo solo operatori, troppo caro. Da una parte produttori e giornalisti e operatori, dall’altra appassionati o semplicemente curiosi.

In effetti, per esempio, Terre di Toscana o Radda nel Bicchiere sono visitate da migliaia di persone che “intoppano” la normale funzione di promozione del vino ma che garantiscono l’incasso, il successo e la sopravvivenza degli organizzatori. Per cui molti produttori si lamentano dell’ elevato numero di bottiglie aperte o quanto i veri operatori siano disturbati dal pubblico, o l’inutilità di versare il proprio vino a chi intende solo bere o l’impossibilità di offrire calma sufficiente; dall’altra parte il pubblico si lamenta che alcuni vini, tra i più prestigiosi, “finiscono” come per magia, altri si lamentano del prezzo elevato del biglietto di ingresso. I giornalisti e gli operatori si lamentano che non possono svolgere il proprio lavoro per l’ammucchiata ai banchini.
Sono questioni molto delicate in quanto le soluzioni non sono facili. L’aumento del prezzo di ingresso, (quest’anno mi dicano che il biglietto al Vinitaly costerà 80 euro!) potrebbe essere una soluzione per limitare pubblico “indesiderato” ma per me non molto democratica; altra soluzione sarebbe quella di separare la tempistica dell’affluenza: un giorno dedicato agli operatori, l’altro al pubblico, ma questa opzione è impossibile per esempio a Radda nel Bicchiere che si svolge all’aperto. La soluzione estrema che sta serpeggiando tra alcuni produttori è quella di rinunciare alla partecipazione alle manifestazioni più popolari, come ad esempio quest’anno Monteraponi e Montevertine a Radda nel Bicchiere, riservandosi solo per manifestazioni dove la selezione è rigida, attirandosi, però, l’ironia della “puzza sotto il naso”. Che fare?

Il grande equivoco sulle Menzioni Comunali nel Chianti Classico

Mi è arrivata all’orecchio che probabilmente il risultato finale della discussione all’interno del Consorzio di tutela Chianti Classico, porterà sì al primo tentativo di zonazione, ma riservata alla “Gran Selezione”.

Sono stati previsti incontri con i soci per approfondire, ma sembra che questa soluzione piaccia alla maggioranza (dei voti).

Naturalmente mi sembra una gran boiata poichè, semplicemente, si confonderebbero le differenti caratteristiche delle zone all’interno della denominazione con le categorie del vino (nel Chianti Classico  c’è la Gran Selezione, la Riserva e il Base). Questo non deve assolutamente accadere: l’origine del vino non deve confondersi con presunte diverse qualità.

Qualcuno sostiene che sarebbe solo l’inizio per poi proseguire il progetto in seguito ma per me sarebbe l’ennesimo tentativo di manipolazione a favore di pochi.

Se dovessi votare in assemblea l’opzione di riservare le Menzioni Comunali solo alla Gran Selezione, io voto NO, nonostante sia colui che insieme ad altri piccoli produttori ha proposto questo progetto e nonostante i miei voti non pesino nulla.

 

Ricambi generazionali nel vino e nella comunicazione del vino

E’ un dato di fatto. Da moltissimi anni, alcune decine di anni, i protagonisti del mondo del vino sono più o meno i soliti. Che ormai hanno monopolizzato e in qualche modo ingessato questo mondo.

Il cambio di mano nelle aziende è oltremodo lento e difficile, sopratutto per la carenza di figli o perchè iniziare da zero in vitivinicoltura è praticamente impossibile; il cambio di mano nel mondo della comunicazione è altrettanto lento e difficile: gli stessi giornalisti o “comunicatori” son sempre gli stessi, a parte qualche eccezione nella sfera di internet.

Andar per fiere è sempre la solita zolfa: solite facce di bevitori, soliti giornalisti, soliti produttori. Manca dinamismo, è come se questo mondo si sia fermato nel tempo, si vive di rendita.

La questione è di fondamentale importanza in prospettiva, poichè gli attuali adolescenti saranno il pubblico e gli attori che dovranno gestire tutto. Ma loro sono dimenticati, messi da parte, esclusi. Sconosciute le loro emozioni, sconosciuto è il loro pensiero, ci si rivolge solo a un pubblico sempre più anziano. Una volta a tavola col nonno si beveva il vino, si apprendevano profumi, gusti e riti che oggi sono scomparsi del tutto: gli adolescenti oggi non hanno nessun rapporto culturale col vino per carenza di offerte o per semplice disinteresse perchè… non hanno soldi.

Qui a Caparsa, ci stiamo provando, con cinque figli speranze ci sono.

 

Il vino è come un viaggio

La vita è un viaggio e come quando viaggiamo l’istinto è quel sesto senso che ci accompagna nel conoscere persone, luoghi e situazioni.  C’è chi ne ha di più chi meno. Ma le strade, i bivi della vita, sono esclusivi e irripetibili per quella persona poichè ogni individuo è unico.

Ai miei interlocutori, quando si parla di vino, parlo sempre di istinto per riconoscere la qualità. Non importa sapere o pensare di sapere, l’importante è riconoscere istintivamente la qualità di un vino che si mostra non solo nel liquido, ma anche attraverso i luoghi, le persone e il tempo come in un viaggio.

Molti assaggiatori di professione peccano di presunzione quando cercano di insegnare in una stanza un qualcosa che in fondo è personale, la risultante di un percorso che può essere diverso da un individuo a un altro.

Tutto dunque dipende dal contesto, dal momento, da quanta strada è stata percorsa, dall’età, da chi ci circonda, dal carattere e dalle emozioni che un vino può regalare in quel preciso istante.

Come un viaggio.

 

Il vino di stagione

Per mangiare e vivere bene occorre  consumare il cibo di stagione. Ogni stagione, ogni annata, segna con le influenze climatiche e non solo, gli indirizzi che favoriscono più un determinato cibo che un’altro.
Il compito dell’uomo, del contadino, è (o è stato!) proprio quello di riuscire a cercar di prendere il meglio dell’annata per assecondare ciò che l’annata esprime.
Anche il vino non è immune da questa caratteristica: ogni anno la vite reagendo diversamente, porta il vignaiolo ad assecondare le differenze. Dunque il vignaiolo difficilmente riesce a standardizzare la quantità e il numero delle bottiglie prodotte (a meno che non ricorra al mercato), oppure la qualità, oppure è costretto a saltare alcune annate, oppure produce vini che si riesce a fare solo in determinate condizioni e annate. In poche parole le produzioni sono scostanti.
Purtroppo mi rendo conto che tutto questo fa fatica ad essere compreso, sopratutto in Italia. I mercati vogliono il solito numero di bottiglie, la solita qualità e sopratutto lo stesso prezzo. Insomma non si riconoscono i tempi e i modi della Natura. Mi dicono in proposito che in Francia usualmente cambia il prezzo secondo le differenze, mentre in Italia questo non è tollerato. Forse perchè si riconosce lì il valore del vino artigianale rispetto a quello industriale e quì no? Non saprei, ma probabilmente è perchè pochi sanno spiegare tutto questo.
Per quanto mi riguarda, l’annata 2014 l’ho interpretata producendo 500 litri di Sangiovese con metodo Champenoise (uscita prevista 2017/18) e producendo 5000 litri di Rosato, produzioni che non credo riuscirò a ripetere facilmente. Oppure l’annata 2010, quando a causa della peronospora larvata ho perso il 75% di produzione riuscendo però a produrre un Chianti Classico Caparsino Riserva eccellente