La frustrazione degli esclusi nelle guide

Non avrei mai pensato alla tanta partecipazione con numerosi interventi a un post su Facebook, in cui si affronta l’argomento degli esclusi nelle guide del vino.

Il nocciolo, in sintesi, è questo: molti produttori sono esclusi dalle recensioni delle guide, nonostante l’invio dei campioni. Legittimo, dipende dalla linea editoriale e degustativa: qualcuno è premiato in una guida mentre in altre non è nemmeno recensito, come me, oppure altri purtroppo non sono mai stati recensiti da nessuno.

Ma il fatto che i curatori delle guide non spieghino perché dell’esclusione nonostante i vini inviati come da loro richiesto, questo è sicuramente frustrante per qualsiasi produttore bravo o non bravo, noto o sconosciuto. In effetti un cenno, una telefonata, due righe gentili darebbe certezza al produttore che il suo vino è stato degustato, ma anche sarebbe un’incentivo a far meglio, a capire dove si sbaglia per migliorare e una piccola soddisfazione dal sapere che si esiste.

Polemiche su Facebook

Recentemente ho letto alcuni post sul vino dove si sono scatenati centinaia di commenti, dove in pratica due visioni o meglio due narrazioni hanno determinato una specie di “guerra” (per fortuna solo verbale). Molti gli interventi solo per denigrare l’avversario (come, ahimè, in politica). L’auspicata discussione diventa una piccola rissa.
Questo accade anche con “firme” autorevoli, che usano FB come canale di visibilità, magari di un blog o di una testata giornalistica, ma che cadono in errori grossolani di comunicazione (secondo me, naturalmente!).
Chi legge i post e i commenti su FB, io compreso, spesso non si sofferma, non pondera, scrive di getto solo dopo aver “scrollato” cercando di carpire un senso per prendere una posizione, sopratutto quando ci sono centinaia di commenti che per leggerli tutti occorrerebbe troppo tempo (siamo tutti un po superficiali in FB).
Quindi io dico: grande attenzione su come e cosa scrivere nei post, perché se da un lato basta scatenare una polemica per tanti like, dall’altro si rischia però una semplificazione, tipica della piattaforma di FB che sta alla base del suo successo, ma che si ritorce sull’autore.

Auguri di Buon Anno

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Il tempo passa, scandisce la vita e oltre in questo universo. Da ragazzo, quando intrapresi la vita del vino, i nomi del mondo del vino come Veronelli, Bonilli, Cernilli, Gentili, Macchi, e poi Sangiorgi, mi davano soggezione. Poi il tempo passa per tutti, qualcuno non c’è più, gli altri invecchiano come me e ti rendi conto come tutto sia una grande giostra, dove chi comanda è sempre il tempo.
Esistono tanti tempi diversi che si susseguono nella vita degli individui: i tempi dell’incoscienza, della rivoluzione, della maturità, il tempo degli sbagli, il tempo delle necessità, il tempo delle virtù e dei figli e per quanto mi riguarda anche il tempo del vino: realizzare i vigneti, curarli, raccogliere, vinificare, e i lavori in cantina, imbottigliare, vendere…
Un altro anno sta per finire, ed oggi ammetto di sentirmi un poco malinconico ma felice: vivere i colori del tramonto di quel mondo che ho conosciuto da ragazzo e contemporaneamente apprezzare ciò che è stato, mi rende felice. E dopo il tramonto arriverà una nuova alba. Alba che per forze di cose sarà popolata da giovani, da nuove persone, nuovi racconti, nuove facce, nuove energie. Nomi del mondo del vino come Carrus, Pracchia, Cini, Conticelli, Pietrobattista, Morichetti, Bonucci, Petrini, Gori, Gariglio e i numerosi wine blogger…
Auguri a tutti. W il vino.

Una serata da Burde

img_1237Quando io e Gianna la sera del 23 Settembre siamo arrivati da Burde, per un evento dal titolo “Caparsa e il terrorio di Radda in Chianti”, in via Pistoiese 152 a Firenze, mi è venuto in mente il film “Miracolo sulla 8a strada” : una costruzione storica con intorno la “modernità” fatta da superstore e grandi magazzini e poi i cinesi e poi gli aerei che sfiorano le nostre teste. Si entra e ci si rende conto che lì i tempi moderni sono rallentati, miracolosamente. Dal 1901, da quando lo zio del nonno dei due fratelli Gori, Andrea e Paolo, fondò la taverna questo posto continua la sua opera di tradizione culinaria fiorentina, unita al vino.

L’uomo in foto, Andrea Gori, sempre col bicchiere in mano, incarna con la sua professionalità unita alla grande passione per la cucina Toscana, con suo fratello e la mamma, la grande bellezza dell’unione cibo-vino, per me centrale nella funzione di salubrità, storia e cultura del vino italiano.

In una progressione tannica, dal Rosato di Caparsa e poi il Rosso di Caparsa e poi il Chianti Classico Riserva Caparsino 2009, 2011 , 2012 e per finire il Chianti Classico Doccio a Matteo Riserva 2007 e 2003 non dimenticherò il piatto finale con il toro: “Sfilettato di Toro e mosto del
chianti con Verdure croccanti”.

La vera sfida del futuro delle guide

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I litigi tra i curatori di alcune Guide Italiane del vino stanno dominando i social. Ognuno cerca di vendersi per quella fettina di mercato necessaria per sopravvivere, ostentando originalità e innovazione.

Tante davvero sono e saranno le parole spese per descrivere i vini. Ma son solo parole, argomenti parziali e provinciali di un mondo complesso.

E poi ci sono i numerosissimi concorsi di vino che forse servono agli addetti ai lavori ma servono poco ai più.

Il mondo cambia, ma la grande bellezza del vino artigianale complemento del cibo no, quello ancora a mio parere resiste in Italia per fortuna. Ma la comunicazione sul vino non sembra assecondare questa virtù: da Nord al Sud Italia ci sono infiniti gusti che si differenziano per tradizione e cultura e il vino rimane complemento importante di quelle culture: ogni luogo, ogni comunità ha le sue tradizioni di cibo e di vino, con oltre mille vitigni diversi e migliaia di ricette, ma poco sottolineato.

Le qualità dei vini osannate dai professionisti è troppo isolata dal contesto territoriale e dal cibo. Chi giudica il vino deve cominciare a guardare i contesti gastronomici: c’è un gran mondo e tanti spazi da scoprire con l’abbinamento vino-cibo- territori, ma pare che molta comunicazione si riduca a futili argomentazioni per sopravvivere, per spuntare social-audience, oppure protagonismi inutili.
Cultura e vocazione dei territori del vino con la gastronomia locale sarà l’argomento del futuro.

Seminario di Cernilli a Castellina in Chianti: il mio parere

Bisogna che dica due parole sul seminario di Cernilli che si è svolto, all’interno della manifestazione “Chianti Classico é” e della festa di Pentecoste a Castellina in Chianti il 12 Giugno. Ho potuto tra l’altro fare un confronto con il seminario svolto dal giornalista Gioacchino Bonsignore in collaborazione con Enoclub di Siena a Radda la settimana precedente. Entrambi si sono basati sulle differenze dei territori nell’esprerssione dei vini, nel primo caso Castellina alta e bassa, nel secondo caso con una comparazione tra i vini di altura di Radda e Lamole.

Nel caso di Radda c’è stata una partecipazione attiva dei produttori-vignaioli di quei territori con i loro interventi, che hanno raccontato storie e aneddoti che hanno vivacizzato notevolmente l’evento, sapientemente condotta in stile televisivo (anche il seminario condotto da Carlo Macchi il giorno precedente si è svolto in questi termini). Nel caso del seminario del “Guru” Cernilli c’è stata solo una descrizione didascalica e descrittiva dei vini selezionati, andando a cercare  differenze strettamente degustative. Cernilli il fattore umano nei vini non è riuscito proprio a coglierlo nella sua interezza, tutto intento a “celebrare” una indubbia capacità degustativa in funzione esaltativa delle differenze del tema. E’ vero che mediamemte nel territorio di Castellina in Chianti le aziende vinicole sono grandi, che ci sono aziende che producono, assemblano e commercializzano centinaia di migliaia se non milioni di bottiglie, ma affermare che il tecnicismo enologico, secondo me presente in alcuni vini (non faccio qui i nomi), che produce vini vellutati, speziati e morbidi fa parte di un tutt’uno con la naturalezza dei fenomeni naturali, mi sembra azzardato.

Alla mia domanda se vedeva di buon occhio la proposta della possibilità dell’introduzione delle menzioni comunali sulle etichette del vino Chianti Classico ha risposto affermativamente, e questo gli va dato atto. Ma la risposta che mi ha dato sul tecnicismo, cercando inoltre di esaltare il fatto che le “tecniche spinte” sono applicate solo da aziende straniere che commercializzano migliaia di milioni di bottiglie e addirittura quotate in borsa, mentre chi produce “solo” qualche centinaia di migliaia di bottiglie è pur sempre espressione del territorio, non mi ha convinto del tutto.