Caparsa è una chiocciola

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Orgogliosi di essere una Chiocciola. nella Guida dei vini di Slow Food 2017, abbiamo ricevuto questo riconoscimento dedicato ai produttori che più sono in sintonia con la filosofia di “Buono, Pulito e Giusto” di Slow Food. Caparsa ha la chiocciola su 197 in Italia.

http://www.slowfood.it/slowine/le-193-chiocciole-slow-wine-2017/

Ci vediamo a Montecatini il 15 ottobre per festeggiare

Considerazioni sulle Commissioni di Assaggio vino Chianti Classico

Le commissioni di assaggio della Denominazione Chianti Classico si riuniscono per valutare i vini per il rilascio dell’idoneità. Esistono tre tipologie di vini Chianti Classico che devono essere giudicati da 6 persone e un presidente (Valoritalia), prima di essere messe in commercio o per essere acquistate da commercianti: Base, Riserva, Gran Selezione.

Spesso accade che vini presentati da piccole aziende di territorio, note e molto rappresentative, si vedano respingere i campioni per motivazioni come “scarico di colore”, “esile”, “odore non netto”, “sapore di brettanomiceto”, e altro.

Mi domando se questi commissari, che ricevono senza dubbio il “gettone di presenza”, siano sufficientemente qualificati per riconoscere i vini dal punto di vista territoriale e non solo tecnico. Senza dubbio ci sono professionisti seri e competenti, ma il rischio che alcuni cerchino di trovare un momento di gloria e competenza è forte.

Oppure, come avviene alla luce degli eventi di cronaca attuale, come è possibile essere completamente sereni sul fatto che ci possa essere equità e non un, anche occasionale, pilotamento dei poteri forti in Valoritalia (Qui le 32 sedi sparse in Italia) società di controllo su autorizzazione del MIPAAF  sui vini Do e IG? Guardandoci cosa succede intorno non ci sarebbe da stupirsi, come i romani non si sono stupiti di quanto accade nella loro Città.

I vini complementari

La natura è nostra madre, per cui come tutte le mamme insegna nella buona e nella cattiva sorte. Annate come questa la natura ci dice che occorre abbandonare la fissazione di fare solo ed esclusivamente quei vini che siamo abituati a fare, ma occorre sforzarsi di allargare gli orizzonti. Significa dare valore a quei vini minori, a volte considerati sottoprodotti, che possono però ritmare quelle variazioni così care ai musicisti, rendendo un senso di completezza a questa annata, considerata mediamente di scarsa qualità. E così produrre anche spumanti, bianchi, rosati e addirittura vendemmie tardive, può dare un grande significato al lavoro di chi, lottando ogni giorno, ha messo in condizioni la vite di esprimere complessità nel frutto sacro dell’uva.

Essere fuori norma, in agricoltura.

 Lo spunto di questo post mi è venuto quando qualche giorno fa una mia cara amica che produce vini blasonatissimi di un’azienda vicino a Caparsa mi ha riferito di aver ricevuto la “visita” di due signori, vestiti normalmente, ispettori della sicurezza sul lavoro. Costretta ad assumere due consulenti per cercare di tamponare, è consapevole di andare incontro a una multa per qualsiasi motivo, solo per finanziare la struttura di controllo.

Soprattutto in questo periodo d’intenso lavoro in vigna per un piccolo produttore come me, queste “visite” scatenano sentimenti e riflessioni che possono sconfinare in rabbia. Per quanto mi riguarda io faccio il possibile, ho solo due tre dipendenti avventizi, cerco di fare il meglio possibile, ma sono consapevole di essere fuori norma. Naturalmente parlo di fuori norma secondo le leggi, delle tante che si affollano e s’intrecciano in modo tale di essere sempre fuori norma. Essere fuori norma, dunque, è una regola per chi produce. Sicuramente la maggior parte delle regole s’ispirano a sani principi, ma la problematica che succede è a mio parere questa: come è possibile produrre in modo concorrenziale e globalizzato quando una spada di Damocle, la burocrazia, si aggira sempre sopra la testa di ogni imprenditore, soprattutto piccolo imprenditore?

Esempio: è da 45 anni che vado in vigna e negli ultimi anni penso che posso anche insegnare qualcosa. Allora perché se assumo un operaio dovrebbe frequentare un corso per “saper stralciare” o “legare le viti”, non basto io a farlo? Perché devo pagare qualcuno che forse, senza presunzione ovviamente, ha molta meno esperienza di me? La risposta è semplice: è una questione di soldi, non di sostanza. Questo è solo un piccolo esempio, ma potrei portarne numerosi altri. Parliamo di trattori. Ho tre trattori tutti a norma, tutti con la cintura di sicurezza e rollbar o cabina, io vado sui trattori da 45 anni. Non mi sogno lontanamente d’insegnare o assumere qualcuno per fare, anche in parte, il mio lavoro. Corsi, patentini e 6 ore massime di lavoro al giorno, mi fanno venire il mal di stomaco, tanto vale non assumere nessuno e se mi ammalo io, vada tutto al diavolo.

Il nodo centrale per molti coltivatori è dunque questo: chi me lo fa fare. E allora i giovani non si assumono, si cerca di resistere e i più lungimiranti delocalizzano all’estero.

Anch’io, in segreto, ho una mezza idea di andare in Perù e lasciare tutto qui, che ci si adatti con gli istruttori dei corsi, se qualcuno vuol continuare l’attività. Dirò di più: se qualcuno mi fa girare i cabasisi e mi trova stanco dopo 10/12 ore di lavoro magari sul trattore, io potrei anche perdere la testa abbandonandomi in azioni incontrollate e pericolose.

Dunque, il regime sanzionatorio per ogni questione di lavoro è da abolire.

Piuttosto, occorre un’assistenza statale che funzioni come collaborazione ai fini del miglioramento generale delle condizioni del lavoro e dell’impresa. Con collaborazione si possono diminuire i rischi sul lavoro e non solo (come ad esempio l’Haccp), con armonia. Con una metodologia collaborativa, quando arrivano due distinti signori a controllar piccole imprese, non deve venire ansia e malumore, ma deve venire piacere perché significa che non si è soli, che qualcuno ci vuol aiutare, senza vivere la “Spada di Damocle” dei regimi sanzionatori. Allora si assumerebbe, si avrebbe energie sufficienti anche per tentare di espandersi… si creerebbe un circolo virtuoso a tutto vantaggio della collettività: oggi succede tutto il contrario.

C’è chi dice che in fondo si vuol favorire le imprese di manodopera, che assumono operai mal pagati che ruotano continuamente, ma che evitano tutte le responsabilità e la burocrazia. Forse si. Ho un esempio a Panzano, e non solo, dove si sta licenziando manodopera fissa o fissa/avventizia per affidarsi solo a ditte esterne. Se questo è il futuro, presto ne vedremo delle brutte nelle vigne e nei vini. Le vigne e i vini, l’agricoltura, ha bisogno di personale che “conosca”, che lavori non solo per l’ora di lavoro, con i quali si stabilizzi una continuità e passione lavorativa, altrimenti… addio Italia.

La qualità non esiste nel vino

Appena tornato da Terre di Toscana, mi sono domandato cosa vuol dire qualità. Tutti i produttori ne parlano, ma secondo me qualità significa sopratutto salubrità e mancanza di difetti evidenti nel vino. Il resto son tutte storie, e l’importante è che ognuno orgogliosamente rivendichi la propria identità. Oggi occorre fare gruppo, non è possibile pensare di andare in ordine sparso per vendere, e le differenze notevoli tra i vini, le interpretazioni, i territori sono risorse fondamentali. Quando un’azienda produce vini rotondi, speziati, setosi al palato, usa vitigni internazionali, ecc. vale quanto un’altra azienda produce vini ignoranti, provocatori, con acidità elevate, rustici, ecc. . La capacità di comunicare il “gruppo produttori italia”, o Toscana, insomma gruppi di produttori organizzati, vale più che l’impegno a volte abnorme di una comunicazione di una singola azienda.

Un evento tranquillo

Ecco, tra qualche giorno in Versilia, a Lido di Camaiore l’11 e il 12 Marzo ci sarà “Terre di Toscana”, un’occasione di ritrovare la propria tranquillità in una degustazione dei più rappresentativi vini e produttori Toscani. Vorrei sottolineare questo aspetto: la quiete del luogo dove si svolge la manifestazione: senza problemi di parcheggio, senza file, con la professionalità degli organizzatori e la passeggiata in riva al mare, insomma tutto il contrario di quanto di solito le analoghe manifestazionin offrono.

Anche il patron, Fernando Pardini, a vederlo emana subito questo spirito di tranquillità, umiltà e tanta passione tanto è vero che il titolo della sua pagina recita: “L’AcquaBuona, in rete dal 1999 per amor di Terra” . Sottolineo: “Amore di Terra”, poichè spesso si dimentica che la Terra è la madre dei vini e dei suoi vignaioli…

Non mi dilungo, aggiungo che questa è una delle poche manifestazioni a cui partecipo. Porterò la mia nuova annata 2008 Caparsino Riserva e Doccio a Matteo Riserva ma sopratutto il sorprendente “Bianco di Caparsino 2010, Igt Toscana”, realizzato col Trebbiano e la Malvasia Bianca, non filtrato, forse unico nel suo genere, dove si dimostra come non è importante il vitigno, ma il cuore e la terra per fare “pezzi unici”… Laughing