Responsabilità e irresponsabilità

Quando una denominazione come quella del Chianti Classico soffre sul mercato è perchè esistono, o per lo meno sono esistiti, atteggiamenti di irresponsabilità tra i produttori.

I produttori e gli imbottigliatori, hanno sempre pensato e agito per conto proprio, senza mai avere una linea comune, senza mai sacrificare qualcosa, magari un po di produzione più scadente, senza avere una forte identità di riconoscibilità del territorio nella denominazione Chianti Classico.

Per questo motivo alla lunga molti Brend aziendali hanno finito di valere più che i vini supercontrollati Docg, mescolandosi e confondendosi tra loro.

Quindi la responsabilità di questa situazione è riconducibile anche agli stessi produttori che hanno agito irresponsabilmente, attratti da facili guadagni. Per rimediare, l’unico percorso fattibile è la riconoscibilità per il consumatore del vino integralmente prodotto insieme alla menzione comunale e poi, successivamente, arrivare alla zonazione.

Un Chianti? No Grazie, un Chianti Classico!

Il dibattito tra i Soci del Consorzio Chianti Classico sta proseguendo, le considerazioni sui singoli punti sollevati dal CdA e che andremo a votare presto sono diverse, ma l’unanimità del dibattito si converge sul fatto che occorrerà d’ora in avanti cercare di affrontare la questione del vino Chianti, unica denominazione in Italia che richiama il nome di un altro territorio. Infatti nel territorio del Chianti (geograficamente chiamato Monti del Chianti) si produce solo il vino Chianti Classico Docg e non il vino Chianti.

La madre di tutte le battaglie negli anni avvenire è proprio questa esosa questione: si può cercare di innalzare la “piramide qualitativa” del vino Chianti Classico, ma rimane tra la stragrande maggioranza dei consumatori la non facile distinzione tra vino Chianti e vino Chianti Classico. In questa ottica anche il marchio Gallo Nero, ritenuto dalla maggior parte dei Soci l’unica vera distinzione visiva tra i due vini, non sembra bastare. Interessante l’opinione di chi ritiene che il marchio Gallo Nero non serve a nulla, ed anzi trascini verso il basso tutti i vini in quanto è un marchio che non garantisce la qualità mentre oggi quel che conta è l’effettiva qualità del vino e il Marchio Aziendale non la denominazione.

I marchi aziendali, il prestigio di un’azienda produttrice, secondo voi, sono più o meno importanti di una denominazione? Vale la pena investire milioni di euro in un marchio di territorio e quasi nulla per la sua effettiva difesa?

Una partecipazione rivoluzionaria all’Assemblea Chianti Classico

Ci voleva forse la crisi degli ultimi tre anni per una smobilitazione così massiccia. Una partecipazione che ha visto oltre 200 Soci questa mattina all’Assemblea del vino Chianti Classico chiamata ad approvare un disegno di ristrutturazione della Denominazione.

Sembrava un assemblea di quaranta anni fà e se nella prima parte l’atmosfera è stata a tratti anche tesa, alla fine l’umiltà, l’identità e l’orgoglio ha preso il sopravvento. Volti nuovi e finalmente volti giovani si sono affacciati a questo importante evento che riguarda non solo i produttori, ma anche i loro figli, nipoti e il territorio tutto del Chianti Classico.

Le proposte del Consiglio sono state viste da diverse angolazioni e la conclusione pressochè unanime è stata quella di rimandare ogni decisione in modo da avere il tempo di affinare le decisioni e l’operatività.

La questione centrale, che riguarda l’intenzione di rafforzare sotto vari profili la denominazione per spingerla fortemente verso l’alto, trova l’approvazione unanime. Attraverso specifici strumenti, recuperando immagine ma sopratutto umiltà, identità e orgoglio (in un territorio dove ultimamente ognuno è andato per conto suo) sembra la volontà di tutti. Per ottenere questo nel migliore dei modi sono stati decisi ulteriori incontri tra i Soci per una veloce approvazione operativa più accuarata e meglio ponderata.

Ritengo che la partecipazione sia la base per una maggiore democraticità, ma sopratutto sia la base per migliorare. Speriamo che questa straordinaria partecipazione continui poichè è sicuramente la molla che darà fiducia ai produttori/imprenditori stessi ma anche al mercato per il bene di tutti. Solo così potremo assistere alla rinascita del vino Chianti Classico.

Devo riportare la dolente notizia di una dichiarazione del Presidente del Consorzio Chianti che ha sostenuto, in una intervista, che il territorio del Chianti Classico è una “sottozona” del Chianti, senza chiarire se intendeva il territorio o i vini. Una grave dichiarazione, poichè i Monti del Chianti, dove c’è Castellina in Chianti, Radda in Chianti, Gaiole in Chianti e Greve in Chianti, ecc. appaiono così denigrati. E’ come sostenere che il Chianti, quello vero, sia in Provincia di Prato…

Ci potrebbero essere guai giudiziari, o per lo meno l’inizio di una bella guerra santa, come a dire: CHIANTI VS CHIANTI CLASSICO: facciamo chiarezza!

Ma la pioggia?

Tutti qui in Chianti ormai guardano il cielo, nella speranza di trovare qualche avvisaglia di pioggia. Qualcuno comincia a pensare che bisognerà organizzare qualche danza propiziatoria. A parte gli scherzi, tutto l’inverno e in particolare Gennaio e Febbraio hanno visto mancare le precipitazioni tra il 30% e il 40% sopratutto nelle zone centro-settentrionali, con punte di oltre il 60%. A Febbraio le nevicate non sono state utili al trecupero del deficit idrico accumulato fino ad oggi. Anche Marzo si stà rivelando avaro di piogge. Probabilmente Aprile tornerà nella media delle precipitazioni del periodo, ma non sufficienti a colmare l’attuale deficit idrico.

Scenari: 1) Non cambierà nulla, tanto il tempo si rifarà prima o poi e il problema si potrebbe capovolgere per la troppa pioggia in autunno 2) La siccità sarà così devastante da compromettere qualità e produzione delle uve in Toscana 3) Si fa finta di nulla e si va avanti il meglio possibile, cercando di apprezzare quotidianamente quelle piccole gioie che fanno la differenza tra felicità e depressione 4) Una bottiglia di acqua da 0,5 litri costerà quanto una bottiglia piena di vino…

Alla Pre-Assemblea del Chianti Classico

Poco fa si è svolto il primo dei due incontri tra Base Sociale e CdA del Consorzio Chianti Classico a Radda in Chianti, in preparazione dell’assemblea indetta il 30 Marzo.

E’ stato presentato un “pacchetto”, che sarà sottoposto a votazione in Assemblea. Tre sono i punti importanti secondo me che riguardano la denominazione, mentre per quanto riguarda la gestione del Marchio Gallo Nero qui non mi soffermo.

Il primo punto, forse il più importante, riguarda l’obbligo di poter vendere il vino sfuso, oggi solitamente venduto come “atto a divenire”, solo dopo certificazione “Chianti Classico”. Questo comporta la speranza che ci sia un’innalzamento della qualità, senza possibilità di usare “l’atto a divenire” come paravento per vendere mediocrità, e questo lo ritengo un bene. Ma il rovescio della medaglia è che in prospettiva questa innovazione incentiverebbe la vendita delle uve e non la trasformazione, favorendo così la vinificazione e la gestione di tutti i processi tra pochi operatori (chi ha orecchi intenda).

Il secondo punto riguarda i driver, cioè l’individuazione di una cinquantina di vini che, sotto il profilo del numero, del prestigio, dell’etichetta, delle recensioni sulle guide, ecc. faccino da testa di sfondamento anche per tutti gli altri. Quindi negli eventi, nelle promozioni istituzionali, ecc. questi vini sarebbero quelli che farebbero da traino. Si vorrebbe matematicamente individuarli, ma è comprensibile come l’indirizzo (politico…) che si darebbe alla formula matematica influenzi questa scelta. Questo passo sarà sicuramente molto delicato, poichè nessuno, piccolo o grade produttore, vorrà rinunciare ad avere almeno un vino in questo particolare contenitore. La riflessione su questo tema sarà certamente interessante.

Il terzo punto riguarda la piramide delle denominazione, attualmente bloccata verso il basso. Infatti le Riserve erano state ridotte ad essere sacrificate come opzional aziendale, e nessun tentativo di zonazione è mai stato tentato. Da qui la proposta di innalzare la piramide qualitativa creando la categoria “Selezione” che si posizionerebbe ai vertici della piramide: vini integralmente prodotti e parametri organolettici e chimici basati sulla “struttura, speziatura, persistenza, con estratto secco più elevato, gradazione minima 13%”, insomma roba da vini “ciccioni”. Mi trovo in accordo per la realizzazione della “Selezione Chianti Classico” integralmente prodotto (ricordo che integralmente prodotto significa che le uve e il vino sono espressione di vigna senza alcun assemblaggio di zone diverse), ma non mi trova in accordo per quanto riguarda i parametri chimico fisici proposti: coma si fa a dire che il vino migliore debba essere speziato, o con estratto alto, o qualsiasi altra regola chimica?. Inoltre se le Riserve potranno essere messe in commercio dopo 2 anni e 3 mesi di affinamento, perchè non allungare fino a 3 anni e 3 mesi l’affinamento per differenziare ancor più la Selezione? Ricordo solo che diversi anni fa le Riserve potevano essere imbottigliate appunto dopo tre anni…

Comunque una cosa è certa: che per metter daccordo tutti non è facile, che non ci saranno cambiamenti epocali, che il periodo per digerire queste proposte dal corpo sociale è un pò breve.

la ripetitività

Tornato dalla Stazione Leopolda per l’evento Chianti Classico Collection, dove ho trovato ottimi risultati per i miei vini presentati, mi sono chiesto quanto la ripetitività delle azioni umane siano opprimenti. Ho visto infatti molti volti conosciuti che dopo molti anni che ripetono le solite azioni esprimevano sofferenza. L’entusismo che si esprime nell’affrontare le novità sono sempre positive e trascinanti, mentre l’abitudine e la ripetitività esprimono un senso negativo. Questo accade sopratutto dopo una certa età. Partecipare per molti anni a eventi come la Chianti Classico Collection, ma sopratutto il Vinitaly, può provocare una sorta di insofferenza. Addiritura plateale tra alcuni giornalisti “costretti” a una maratona di degustazioni di oltre 230 campioni di vino alla Collection.

Come risolvere la questione? Innanzitutto credo che dare spazio ai giovani è la prima condizione, ma credo anche che il rinnovamento e la sperimentazione di nuovi modi di svolgimento degli eventi, possa restituire un po di entusiasmo in un comparto che, diciamo la verità, comincia a saper di vecchio (… oh! Mi ci metto anch’io è… ). L’esperienza della cena da Burde del lunedì, con una sorta di competizione tra alcuni vini di Montalcino e del Chianti Classico (Guelfi contro Ghibellini) può essere una delle tante idee che si potrebbe applicare per dinamizzare la presentazione dei vini nelle anteprime.

Affollamenti di eventi vinosi

Sarà che con le nuove tecnologie tutte l’informazioni le riceviamo con la forza di una cascata, sarà che in tempo di crisi ognuno inventa un evento esclusivo, imperdibile, necessario, sarà stanchezza ma il flusso di eventi legati al vino è davvero enorme. Alla faccia dello “Slow”, tutto mi sembra accellerato: occorre confermare, occorre prenotare, occorre viaggiare, occorre pagare, occorre partecipare, occorre scegliere, occorre organizzare la logistica e i figli ma sopratutto occorre affrontare la moglie che deve rimanere a casa con i figli…

Io mi sto perdendo, davvero. Comunque, a quanto ho capito e se non sbaglio, questo è il calendario che mi riguarda nei prossimi giorni:

Partecipazione Lunedì prossimo alla Stazione Leopolda per Anteprima Chianti Classico, in serata cena al Ristorante da Burde per l’evento “Guelfi contro Ghibellini” organizzata da Enoclub Siena, il giorno dopo altra cena organizzata dal Consorzio al Ristorante Cammillo con i giornalisti, il giorno dopo altra giornata piena alla Stazione Leopolda; poi ci sarà l’evento Terre di Toscana a Lido di Camaiore l’11 e il 12 Marzo…

Insomma per me un tour de force, abituato a stare a casa a potare, a piegare, a travasare, a risolvere burocrazia, ma anche a far degustazioni qui a Caparsa… chissà se resisterò quest’anno. Una cosa è certa però: al Vinitaly non ci vado!

Il Comune di Radda in Chianti contro l’ambiente

Il Comune di Radda in Chianti impedisce l’installazione dei pannelli fotovoltaici per la produzione di energia pulita.

In prima persona sto sperimentando questa dura realtà. Dopo molte esitazioni per motivi finanziari, avevo deciso di installare un piccolo impianto di 6 KW (circa 35 metri quadri di pannelli), sul tetto della cantina e della diraspatrice per contribuire alla diminuzione dell’emissione di Co2. Il Comune di Radda me lo impedisce. Motivo: Caparsa non rientra in una “categoria di appartenenza” che consente l’installazione (?). La normativa nazionale prevede una semplice dichiarazione di inizio lavori (sopra 5 KW la PASS, sotto la SCIA), il Comune di Radda non la recepisce. Tra l’altro il vicino Comune di Castellina in Chianti, richiedendo l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Provincia, ha sempre autorizzato l’installazione degli impianti.

Perchè Radda si rifiuta di favorire la produzione di energia pulita? Perchè Radda antepone l’estetica alla protezione ambientale? Non sarà che mi si impedisce di realizzare l’impianto per meri, subdoli motivi burocratici?

Questo è un mistero, che davvero mi rende nervoso.

Azienda famosa vendesi in Chianti

Ieri mi è giunta voce che una famosissima azienda del Chianti Classico è in vendita. Se sia vero o no non posso saperlo, ma quando girano questi “segreti” un fondo di verità c’è. La tentazione di lasciare tutto, cercare di raggranellare qualcosa per poter uscire da una perversione quotidiana dettata dalle banche e dalla finanza è forte. Una situazione depressiva causata non tanto dall’economia reale, ma da una filosofia della vita e della società che non si basa più sui sentimenti e i rapporti umani, piuttosto si basa solo su calcoli economici, spead, bot, cct, denaro contante, assegni, libretti di risparmo, BCE, pensione, sta provocando una depressione tale che gli uomini “normali” non riescono più a tollerare (Vedi la recente notizia dei suicidi dei piccoli imprenditori del Veneto.).

Tante perplessità

In Toscana le quotazioni dei vini atti a divenire sono circa: Brunello 1000 Euro/Hl; Morellino di Scansano 200/250 Euro/Hl; Chianti 110 Euro /Hl; Nobile di Montepulciano 300 Euro/Hl e via discorrendo… fanalino di coda il vino Chianti Classico con quotazioni per l’annata 2010 che si aggirano su circa 110 Euro/Hl, come il vino Chianti, il 2009 non lo vuole nessuno (ce n’è a fiumi), le annate più vecchie lo stesso, mentre per il solo 2008 circa 150 Euro/Hl. (Ricordo ancora una volta che i costi di produzionme si aggirano mediamente su 300 Euro/Hl).

Alcuni piccoli produttori esaperati, mi fermano anche per strada per sapere il perchè di una situazione così critica per il nostro vino Chianti Classico. Non so ben rispondere, suppongo che ci siano accordi tra i pochi grandi imbottigliatori, o ragioni misteriose di mercato, o cause che dipendono dalle giacenze troppo alte. Il Consorzio Chianti Classico è uno scontato bersaglio di critiche e i malumori si stanno sempre più riversando verso questo organismo. In effetti qualcuno potrebbe anche rischiare violenza, data la situazione.

Io penso che in effetti una parte di responsabilità ce l’hanno tutti. Nel nostro amato Chianti non si riesce a far sistema, ognuno contro tutti, grandi contro piccoli, piccoli contro grandi, aziende contro altre aziende. Insomma questa situazione si riflette anche nel Consorzio, che nel bene e nel male, fotografa questa situazione. Non si capisce infatti come non sia possibile stabilire di comune accordo prezzi minimi (e massimi) in modo da avere una STABILITA’ importante per lavorare, tutti. So che un Consorzio di vino del Nord lo ha fatto. Perchè qui in Chianti si continua a dire che non è possibile?